Era esattamente il 23 maggio del 1992. Giovanni Falcone stava ritornando in Sicilia, come faceva di solito il fine settimana. Uscito dall’aeroporto di Punta Raisi, lo attendevano 3 Fiat Croma blindate con la scorta. Il magistrato aveva voglia di guidare, pertanto si mette al volante affiancato dalla moglie.
Le auto erano in direzione per Palermo. Tutto sembrava andare bene. Succede, però, che una macchina si affianca per dare informazioni ai killer che si trovavano sulle alture.
Otto minuti dopo, alle 17:58, Giovanni Falcone si rende conto che le chiavi di casa erano inserite nelle stesso mazzo delle chiavi delle macchina e involontariamente le stacca, provocando un rallentamento. Giovanni Brusca, che si trovava sull’altura, rimane spiazzato dalla mossa del magistrato e preme il pulsante del telecomando in anticipo.
500 kg di tritolo, posizionati sotto un tunnel, che era stato appositamente scavato sotto l’autostrada che collegava Palermo con l’aeroporto di Ciampino, vennero fatti saltare. L’esplosione fu tremenda. Oltre 300 metri di strada furono distrutti. La croma marrone, che capitanava il gruppo, viene investita in pieno e i tre uomini della scorta, Vito Schifani 27 anni (secondo nella foto), Rocco Di Cillo 30 anni (terzo nella foto) e Antonio Montinaro 30 anni (quarto nella foto), muoiono sul colpo. L’auto di Falcone si schianta contro i detriti.
Falcone fu trasportato all’ospedale in elicottero, ma 1 ora e sette minuti dopo l’esplosione, alle 19:05, Falcone moriva a causa delle emorragie interne. Alle 22, scompariva anche la moglie Francesca Morvillo 47 anni (prima nella foto). Rimangono solamente feriti i 3 agenti della croma blu che chiudeva il gruppo.
Ho voluto riportare la storia della strage di Capaci. Vorrei postare anche una citazione di Ilda Bocassini che Roberto Saviano ha condiviso oggi sulla bacheca della sua fan page.
“Non c’è stato uomo in Italia che ha accumulato nella sua vita più sconfitte di Falcone: bocciato come consigliere istruttore, bocciato come procuratore di Palermo, bocciato come candidato al CSM e sarebbe stato bocciato anche come procuratore nazionale antimafia se non fosse stato ucciso. Eppure ogni anno si celebra l’esistenza di Giovanni come fosse stata premiata da pubblici riconoscimenti o apprezzata nella sua eccellenza. Un altro paradosso. Non c’è stato uomo la cui fiducia e amicizia è stata tradita con più determinazione e malignità”.
Perché questo? Semplicemente perché anche se Giovanni Falcone “è passato”, ”le sue idee restano. Restano le sue tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Per dirla con lui, “Hanno chiuso 5 bocche, ne hanno parte 50 milioni”. E’ proprio grazie alla sua morte e a quella di Paolo Borsellino, che si è riuscito ad arrestare il capo di Cosa Nostra. E’ grazie alla sua morte che ci sono sempre più collaboratori di giustizia, che le persone sono più sensibili, che molte più persone combattono la criminalità e cercano di abbattere il muro del silenzio e dell’omertà.
Ma oggi vorrei ricordare Giovanni Falcone in maniera alternativa, in maniera originale, dalle sue parole.
“L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza”.
“La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione”.
“Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere”.
“Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere”.
E per concludere.
“Per Giovanni Falcone”
La mafia sbanda,
la mafia scolora
la mafia scommette,
la mafia giura
che l’esistenza non esiste,
che la cultura non c’è,
che l’uomo non è amico dell’uomo.