in ottica eco-sostenibile
Da Orsomichele
@orsomichele
Mi sono resa conto che di tutto il lavoro di decrescita e sostenibilità che stiamo facendo in casa ho scritto poco-niente, per cui vedo di iniziare a rimediare..La fine del nuovo anno è stata caratterizzata da un acuirsi di riflessioni in tema, portate un po' dal discorso "cruelty-free" a cui cerco di attenermi da diversi anni, un po' dall'avvento del tartarugo che costringe ad ulteriori e più approfondite indagini (portando alla luce ogni magagna e contraddizione), un po' dall'esigenza sempre più forte di vivere più liberamente, seguendo i propri ritmi, lentamente, godendosi la vita, senza finire a vivere per lavorare, lasciandoci liberi di vivere realmente solo nelle 4-5 settimane all'anno che ci sono di ferie.Nello specifico di questo aspetto, la questione è nata con maggiore prepotenza, come detto, da quando il tarta è arrivato: il chiedermi che senso avesse partorire un figlio per poi farlo crescere da altri (educatori o nonni che siano) mi ha fatto riflettere sulla vita delle famiglie qui ed ora, e mi sono trovata a non condividere per niente la maggior parte delle pratiche familiari, soprattutto in presenza di bimbini così piccoli. Trovo innaturale che una donna possa trovarsi costretta a tornare al lavoro al terzo mese di vita "fuori" del bimbo, che non possa scegliere autonomamente quando e se rientrare al lavoro, che i genitori più stiano da mattina a sera al lavoro e vedano i propri figli nei migliori dei casi la sera o nei week-end. Tutto questo si somma al fatto che i nonni secondo me devono fare i nonni e non i baby-sitter, che non conoscendo baby sitter di persona non mi fido a lasciare mio figlio con un/una sconosciuto/a, che trasferendoci non conosco i nidi locali (e di comunali non ce ne sono) per cui parimenti non mi fido. E poi: ma che senso ha che io vada a lavorare per pagare qualcuno che guardi mio figlio? Non faccio prima - e meglio - a guardarmelo da me?Di rimando ovviamente si pone la questione economica: si può vivere oggi con un solo stipendio? O con mezzo stipendio? O senza stipendio? Quanto del denaro che "guadagnamo" (perché se lavoriamo da dipendenti il nostro lavoro serve per arricchire economicamente qualcun altro che non siamo noi, spesso) in realtà è necessario? E quanto ha ancora senso oggi come oggi per noi "gggiovani" lavorare ancora per una pensione che presumibilmente non avremo?E a questo punto parte la riflessione sul bisogno indotto e sulle capacità perdute.. perché se io riesco a discriminare bene quali siano veramente le cose necessarie e parallelamente giungo ad autoprodurre il più possibile arricchisco me stessa culturalmente, mi riapproprio della mia capacità di scelta perché esco dal sistema, vivo una vita più sana e maggiormente sostenibile per il pianeta e ho meno bisogno di denaro.Fino a poco tempo fa non riuscivo però a trovare concretezza in questi pensieri, non trovavo cioè un modo per cambiare modus vivendi concretamente. Poi mi ha aiutata molto leggere il libro di Erbaviola "Scappo dalla città" ed ho capito che facevo l'errore che fanno in molti, ovvero partire dalla fine. Sembra banale ma è così. Uno si immagina: mi licenzio, vado a stare in casolare in Toscana e mi produco tutto, ma così è abbastanza una cosa improponibile per i più, diciamocelo, soprattutto se hai figli e non hai soldi da parte. La verità è che bisogna partire da un'altra parte, dal ridurre: sprechi, bisogni indotti, sofisticazioni. Sembra molto più complicato di come sia in realtà, infatti quando si inizia ad autoprodurre tutto viene un po' da sé: quello che si pensava pesante ed impegnativo si scopre essere divertente, interessante, educativo (verso sé stessi e per i propri figli) e gratificante, inoltre si è più critici verso gli acquisti (sia rispetto alla qualità che alla quantità). E si inizia a scoprire che probabilmente è questo il lavoro che "nobilita l'uomo", non il lavorare in fabbrica o in ufficio 40 ore alla settimana. Ma ciò che è più importante, si è più liberi, ma liberi per davvero, perché si è liberi nella testa.
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