Se mai qualcuno avesse ancora nutrito dei dubbi al riguardo, il signor G. ha provveduto a fugarli: nel suo “Movimento”, a onor del vero piuttosto statico per quel che concerne il dibattito interno, il dissenso è bandito, anche quando venga espresso con i toni pacati e le ragionevoli argomentazioni (naturalmente opinabili ma quantomeno plausibili) della senatrice Adele Gambaro. Il pontifex maximus effettua i suoi pronunciamenti ex cathedra e lancia il suo ennesimo anathema sit senza possibilità di contraddittorio, da insindacabile leader carismatico qual è. Dopodiché, essendogli ignote le dinamiche del confronto schietto e argomentato, getta discredito su quanti ha prima accolto tra le proprie fila, dacché a nessuno dev’essere concesso di rompere i ranghi. Non voglio dilungarmi oltre, poiché ritengo che tali (reiterati) atteggiamenti si commentino da sé e che, peraltro, abbiano ricevuto un commento piuttosto esplicito anche dall’esito delle ultime amministrative, che il signor G. non intende in alcun modo interpretare come un campanello d’allarme. Curioso: così avvezzo alla critica e così poco propenso all’autocritica. Chissà: magari in questo apparente mistero gioca un ruolo non irrilevante l’evidente culto della personalità, che si espleta in un patetico sondaggio sul proprio indice di gradimento in seno ad un elettorato trattato alla stregua di un gregge ossequioso e riverente.
L’ho detto e lo ribadisco: il “Movimento” è di gran lunga migliore del suo demiurgo, nelle persone che lo costituiscono come nelle idee che lo sostanziano. È ora di dimostrarlo agli scettici. Ma per farlo (va da sé, intendetemi edipicamente) bisogna uccidere il padre.
Alessandro Esposito – pastore valdese - da 'Micromega on line' del 12 giugno 2013