Magazine Diario personale

“In salotto a mangiare la pasta al sugo di mia nonna”

Creato il 29 maggio 2014 da Povna @povna

Il lungo tunnel spazio-temporale che la ‘povna ha imboccato (sceneggiatore, maledetto) dentro maggio arriva a fare mostra di luce un lunedì qualunque. Sono passati trenta giorni da quel giorno; nel mezzo, le elezioni europee (e parecchie amministrative, anche), e una serie di pensieri impertinenti, nuotati via con grande impegno (se ventidue ingressi in 5 settimane sgranano, perentori, il rosario temporale). La ‘povna ha vissuto un’insonnia dirompente, un micro-clima personale da fare invidia alla Groenlandia e un sacco di altre cose. Per fortuna, la scuola è restata in primo piano, e ha fatto tanto. Ma sono stati comunque giorni strani.
Capita però che la fine debba arrivare, e dunque giunga. In una maniera sottile, e inaspettata, anche; eppure (conforme a una trama che è stata tutto, meno che prevedibile) ferocemente in levare. La ‘povna la prende come viene, ma il tempo per meditarci non è molto, perché un treno la aspetta, puntuale, alle 19.30, per scodellarla bella bella al coro. Il ritorno a casa avviene all’ora della zucca (ma con uno studente di eccezione, come scorta), e all’1.15 un sonno fondo e tosto arriva a garantirla sulla nettezza del finale.
Ed è così che il giorno dopo la ‘povna prende atto; si crea un personale hashtag (#fugadamaggio), riceve dai Merry Men l’ennesima dimostrazione di telepatia, e si ributta nella mischia. E’ tempo di macinare colonne sonore per gli addii imminenti – un compito che alla ‘povna piace sempre un po’ onorare. Sul canale telematico, fioccano prove generali di canzoni, variamente. Finché a un certo punto il demone della nostalgia la prende, e la ‘povna inizia a pubblicare musica che fu dell’Onda, catturata da uno spirito che è difficile spiegare.
Quando si batte, tra spiriti affini, normalmente, si risponde. Ed è così che – attirato da quella melodia che è solo loro, ed è per sempre – qualcuno si affaccia in chat, con piglio schietto.
“Come va, prof.?” – recita sobrio l’esordio.
Corto Maltese è pronto, come qualche anno fa, ad intrecciarsi nella notte a chiacchierare.
“Posso scegliere la domanda di riserva?” – è la prima provocazione della ‘povna. Ma poi risponde, ovviamente. E’ un lampo, e già parlano di tutto: l’anno che è passato, l’egoismo, i cambiamenti, il nuoto (pure lui, e come ti sbagli!), il senso di un ruolo politico che, quest’anno, per entrambi, ha teso a latitare.
Arriva in mezzo a questa riflessione, improvvisa, la frase di cui al titolo. A pronunciarla, icastico, è ovviamente il suo alunno prediletto.
La ‘povna, a leggerla, si illumina.
“Hai riassunto così, dentro un’immagine, il senso del mio anno” – (perché ci sono cose che sono sottili, dense, ed impalpabili – e il legame tra lei e Corto è tra quelli).
Da lì si continua a parlare: di ricordi, dei risultati elettorali, di Calvin: tutto sommato, non importa. Perché quello che conta, è, anche più di sempre, nel loro essere lì, a macinare il mondo, da un lato all’altro dello schermo.
Vanno avanti per tantissimo. E poi, verso la fine, ancora Corto:
“Un giorno che c’è il sole vengo nella piccola città. Almeno mi fai vedere il mare. Che nemmeno me lo ricordo com’è, nella piccola città”.
(“Certo, il mare, e poi, che altro?”). Ma le parole escono da sole, e non possono essere che quelle:
“Dai, ti porto in un posto divertente…”.
“Vai, ci conto”.
La buona notte è dietro l’angolo. La ‘povna (ma lo sapeva), anche questa volta se la dorme. E si concede pure di sognare.


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