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Dopo l'escursione arty nel deserto americano di 127 ore , film che ho detestato in modo appassionato, Boyle torna a girare in casa, in una Londra che sembra il corrispetivo strafatto e ubriaco della swinging London della fine anni 60. Prospettive sghembe, colori sparati con una predilezione per una tavolozza cromatica dalle tonalità calde, una storia di doppi e tripli giochi che diventano dei veri e propri salti mortali carpiati in avanti e all'indietro, dita "spuntate"( cioè private della loro sommità ) a una a una con precisione quasi chirurgica, teste spappolate che riescono comunque ad articolare un discorso di senso compiuto, dolorosissimi spari nelle pudenda, una deriva psicosessuale che cerca di rimettere tutte le tessere del mosaico al posto giusto.
Insomma un bailamme di suoni, immagini e sequenze volutamente shockanti che nelle mani di Danny Boyle, uno baciato dal dio del cinema in quanto a talento, diventano un lisergico esercizio di stile, frastornante nel suo sfumare continuamente tra di loro i diversi piani narrativi.
In Trance ( a proposito ma perchè modificare il titolo originale solo per il gusto di farlo, lasciarlo intitolato Trance non andava bene?) parte come un heist movie, presto cambia la sua pelle diventano un balletto ladresco in cui Boyle si diverte a sparigliare le carte in tavole e poi da qui in avanti continua a cambiare pelle passando dal thriller all'horror e ritornando al thriller patinato ed erotico nel tentativo di chiudere il cerchio.
Già , la chiusura del cerchio: l'impressione che si ha è che Boyle a furia di rimescolare i vari piani narrativi poi la butti nella caciara psicosessuale cercando di terminare il tutto nel modo più indolore possibile.
Se Boyle voleva costruire un film che desse più dubbi che certezze allo spettatore , beh ci è proprio riuscito: il problema è che il meccanismo del film, complicato dalla perdita della linea di demarcazione tra realtà e incubo, ha un fascino visivo fuori dal comune ( perchè anche i detrattori più accaniti del regista inglese gli devono riconoscere il suo savoir faire con la cinepresa ) sembra specchiarsi in se stesso in maniera un po'narcisa e supponente.
E' la storia quella che manca , a conti fatti : si riduce tutto a un triangolo di sesso e quattrini del più classico dei noir americani d'annata, richiamato nello stile anche dalla voce fuori campo del protagonista.
Non ci sono buoni, insomma, ma immoralità dilagante in un film in cui niente è come appare a prima vista.
James McAvoy e Vincent Cassel funzionano nei rispettivi ruoli in una pellicola che sembra la versione in acido de La migliore offerta di Tornatore.
La Dawson si dimostra invece una gatta di marmo ( la cosiddetta fr....moscia alla romana maniera) di proporzioni epiche....
In Trance è visivamente bellissimo ma , tolto quello, è veramente poca roba per uno col pedigree di Danny Boyle che con questo film conferma la sua ambizione smodata....
( VOTO : 5,5 / 10 )
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