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In una storia, certi particolari sono più particolari di altri

Da Marcofre
certi particolari sono più è particolari di altri

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Mentre scrivevo le prime righe del racconto “Cinzia” (che puoi conoscere un po’ leggendo questo estratto) ho notato che questa giovane donna, prima di uscire, prendeva il foulard e lo metteva al collo. E quindi?
Di solito lo si usa per mascherare la pelle cadente del collo, ma lo fanno le signore di una certa età (e in questa maniera mi sono giocato la simpatia di una importante fetta di pubblico: le lettrici oltre la cinquantina. Ecco perché non sfonderò mai).
Ma Cinzia era giovane.

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Al principio io non ho affatto badato a questo particolare: non poteva essere un vezzo? Una moda? E di fatto l’ho accantonato. Solo proseguendo nella scrittura, nella riflessione, mi sono reso conto che di tanto in tanto Cinzia se lo sistemava: attenzione. Non che fosse sempre lì con le mani attorno al collo. Se sentiva suonare alla porta di casa, andava a vedere chi fosse, e prima di aprire, se lo metteva.
Un personaggio a suo modo interessante. E continuando a osservarlo, notavo che aveva un atteggiamento duro nei confronti della gentilezza di un vicino di casa; forse troppo. Erano un insieme di segnali che lei mi inviava, che uno più sveglio avrebbe capito sin dal principio; ma solo verso la fine la faccenda si chiarisce.
E con questo che voglio dire? Esatto: che occorre procedere coi piedi di piombo. A mio parere già all’inizio, soprattutto in una storia breve, ci sono degli elementi, o indizi, che possono svelarne il senso. Non è sempre così, in effetti: può darsi che a volte si tratti solo di un particolare semplice, senza nessun significato. E come faccio a capire quando è buono e quando è fasullo?
Non ne ho idea. O meglio: se sei bravo capirai da te quando una certa condotta è foriera di significati o situazioni più complesse. Devi ascoltare, osservare, startene zitto e buono.


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