In particolare, si legge nel comunicato stampa, «i dirigenti sono accusati di “aver omesso, in presenza di lavorazioni insalubri che comportavano esposizione sia diretta che indiretta all’inalazione di polveri e fibre di amianto, usato in tutte le fasi delle lavorazioni a caldo quale coibente termico e impiegato addirittura quale giaciglio su cui riposavano tra un turno e l’altro”, di non aver informato i lavoratori “circa i rischi esistenti già conosciuti dalla direzione” e di non aver fornito ai lavoratori mezzi di protezione individuali e collettivi.»
Sono state ammesse come parti civili al processo, oltre al Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, l’Inail, Regione Lombardia e Medicina Democratica.
Così conclude il comunicato del "Comitato":
«Da anni noi lottiamo contro chi afferma e sostiene che i morti sul lavoro e da lavoro sono inevitabili cercando di far luce su tutte le morti innaturali. Insieme a tutte le associazioni e i comitati lottiamo nelle fabbriche, nelle piazze e nei territori, fuori e dentro le aule dei tribunali, perché vogliamo e pretendiamo giustizia. Anche se siamo coscienti di andare contro interessi economici giganteschi, e contro una società che vive e prospera mettendo il profitto prima degli esseri umani, noi non ci arrendiamo. Per noi più di mille morti sul lavoro ogni anno e migliaia di malattie professionali ogni anno sono crimini contro l’umanità. Noi ci battiamo perché gli infortuni e i morti sul lavoro e di lavoro non vadano mai in prescrizione. Contro la monetizzazione della salute e della vita umana, per il rispetto delle leggi sulla sicurezza.» Gaetano Toro