“E’ necessario fermare i ladri ma non le opere e risolvere con misure decise il problema della corruzione”. Con questi facili slogan la “cosiddetta” nuova classe politica finge sia di affrontare che di prendere le distanze dagli scandali che la stanno suo malgrado coinvolgendo.
La questione in realtà è ben più complessa: la corruzione è considerata ufficialmente una piaga , ma siamo sicuri che sia vista allo stesso modo ufficiosamente?
Anticipare la parola corruzione con il termine problema non è a ben vedere una petizione di principio così innocente; nel sentire echeggiare questa ridondanza si può ascoltare in sottofondo il sibilo del sospetto.
Pensiamo solo all’enorme indotto che ha prodotto e che produce la corruzione nelle grandi opere pubbliche. Prendiamo ad esempio l’ancora caldo caso del Mo.se: in principio l’opera aveva un costo ragionevole, e altrettanto ragionevoli erano i tempi di realizzazione – addirittura Craxi vaticinò la sua conclusione nel 2000, ma tutti ora sappiamo bene come sta andata a finire per entrambi - ma col tempo il tutto si è amplificato a dismisura.
Questo ritardo ha comportato così un aumento dei costi, dei tempi e delle risorse, anche lavorative.
A dirla facile, se con il progetto iniziale del Mo.se qualcuno ci campava solo 6 anni ora ci ha campato il doppio e se bastavano una o due ditte per realizzarlo ora ne è coinvolta una cordata. E così pian pianino una semplice opera ingegneristica, -inondata di soldi pubblici – col tempo è diventata prima una sacra fabbrica, poi un’opera babelica ed infine quasi un atto creazionistico. Come per magia un semplice lavoro di ingegneria si è tramutato un enorme sistema di clientele e di opportunità a tutti i livelli: politiche, imprenditoriali e, perché no, anche lavorative.
In fondo ad un operaio non può che andar bene se i lavori in cui è coinvolto si protraggono per più tempo, e poco gli interessa se qualche politico ci fa un po’ di cresta qui e là per ristrutturarsi casa o per finanziarie una campagna elettorale.
Quindi l’opera del Mo.se non è poi così terribile; anzi, nella sua mastodontica lentezza riesce a soddisfare tutti, in fondo è persino simpatica e acquiescente; ha un nescio quid di pigra e utile condiscendenza che appaga e “paga”.
La corruzione è sì un male ma è anche un costume rodato, e soprattutto un sistema efficace; e qui casca l’asino! Efficienza è la parola giusta. Se pensiamo alla corruzione come ad una macchina inutile ed immobilizzante, come ad un mostro dormiente ed ozioso faremmo un enorme errore e guarderemmo il problema dalla prospettiva sbagliata.
La corruzione, contrariamente a quanto si crede, è straordinariamente efficiente: essa è attiva, prodiga e potente almeno nella stessa misura in cui finge di apparire inutile e sorniona.
Attraverso questo sistema “alternativo” e dai tempi volutamente eonici si garantiscono finanziamenti a pioggia, appalti, consulenze di qualsiasi natura – alcune anche fantasiosamente inventate ad hoc – e lavoro. Per non parlare dei costi postumi: un’opera progettata male realizzata peggio richiederà certamente una lunga manutenzione straordinaria, una serie mai ben precisata di continui aggiustamenti e ritocchi che non faranno che bene a chi l’ha “carlonamente imbastita”.
Siamo sinceri, fare le cose a regola d’arte non conviene più a nessuno e poi è così noioso. Non è un caso, infatti, che la Mantovani non solo è coinvolta nello scandalo Mo.se, ma anche in quello Expo’ (il peggio fa indotto nel nostro mondo al contrario). In fondo aveva ragione Longanesi: “Gli italiani preferiscono la manutenzione all’inaugurazione”.
Ma oggi la corruzione è diventato davvero un problema; e non perché il sistema è sfacciatamente palese – lo è sempre stato -, ma perché sono finiti i soldi.
Diciamola tutta, lo stato non può più permettersi questo efficacissimo sistema: ha le pezze al culo e non sa più come tenerlo in piedi.
Quindi ora abbiamo ben chiaro cosa si intende per “problema della corruzione”; il non sapere più come fare per mandarla avanti. Siamo sereni, se in Italia la corruzione finirà non avremo bisogno di cercare una causa o di attribuire meriti, morirà semplicemente per cause naturali.
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fonte immagine: Vauro
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