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Incontro con Sebastiano Riso e il cast di Più buio di mezzanotte

Creato il 16 maggio 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

16 maggio 2014 • Festival di Cannes 2014, Speciale Festival di Cannes, Speciale Festival OAC, Vetrina Cinema

Dopo il successo di Salvo dello scorso anno, un’altra opera prima “siciliana” illumina la Semaine de la Critique del Festival di Cannes. Più buio di mezzanotte di Sebastiano Riso, uscito in contemporanea nelle sale italiane, ci regala un nuovo autore per il nostro cinema e ci conferma la vitalità cinematografica dimostrata quest’anno da una regione come la Sicilia. Crudo, duro, struggente, il film racconta la complicata (e vera) storia di Davide, adolescente emarginato per il suo aspetto, che lo fa assomigliare ad una ragazza.

Ad accompagnare la presentazione della pellicola sulla Croisette, il giovane regista, tutto il cast (Davide Capone, Vincenzo Amato, Pippo Del Bono e Micaela Ramazzotti) e Davide Cordova, in arte Fuxia, alla cui vita il film è ispirato.

Sebastiano Riso, chi ti senti di ringraziare per questo tuo esordio?

Sebastiano Riso: Devo dire grazie a Rai Cinema, alla Sicilia Film Commission, alla regione Lazio, all’Istituto Luce, al Solinas, che ci ha sostenuto sin dall’inizio. E’ un film nato sotto una buona stella, realizzato grazie tanti piccoli miracoli, come ad esempio la fiducia che mi hanno concesso tutti gli attori. Tutti insieme abbiamo lavorato con entusiasmo e abbiamo potuto condividere la nostra passione per il cinema.

Più buio di mezzanotte

Più buio di mezzanotte

Micaela Ramazzotti, com’è stato lavorare con Sebastiano?

Micaela Ramazzotti: Oggi bisogna festeggiare l’arrivo di un grandissimo autore. Credo che Più buio di mezzanotte sia un film ricco di fascino. Avevo letto la sceneggiatura quatro anni fa, e solo un mese fa Sebastiano mi ha detto: “ti porto a Cannes”. E’ stata una grande sorpresa, ma lui se lo merita, perché ha grande determinazione e forza. Sono molto felice di aver fatto parte di questa avventura.

Il film è ispirato a uno dei fondatori di Muccassassina, Davide Cordova. Quanta verità c’è nella storia?

Sebastiano Riso: La storia è assolutamente vera. Ovviamente però abbiamo dovuto selezionare i fatti da riportare nel film, alcuni li abbiamo dovuto togliere e abbiamo privilegiato quelli con una forte connotazione poetica, struggente.

Davide Cordova, il film si focalizza soprattutto sul rapporto padre/figlio. Tuoi genitori hanno visto il film?

Davide Cordova: Ancora non l’hanno visto. Ma credo che dovrebbero tutti i genitori, perché in tanti così capirebbero che i loro figli, a prescindere dalla sessualità, vanno protetti. Noi tutti dobbiamo essere amati per continuare ad avere forza. 

Sebastiano, come è avvenuto il casting?

Sebastiano Riso: Ci sono voluti ben due anni. E’ stato davvero difficile trovare ogni singolo attore, anche perché il film dipendeva molto dagli interpreti.

Il film racconta una Catania diversa da quella che il cinema italiano ha solitamente descritto…

Sebastiano Riso: Il film ha tre protagonisti: Davide, la musica e Catania. Quella che ho mostrato nel film è quella che non si vedeva nel Bell’Antonio, quella che non vuole mai essere mostrata. Catania è una bolla, con dentro un’altra bolla, con degli emarginati. Questo è il quartiere di Via della Finanze.

Che lavoro hai fatto con Marco Spoletini al montaggio?

Sebastiano Riso: Marco ha contribuito notevolmente al film, è un grande professionista e ha dato il suo tocco. Gli ho lasciato ampia libertà di montaggio ed insieme poi abbiamo fatto delle modifiche, tradendo la sceneggiatura. In questo modo siamo riusciti a rendere tutto più forte, più potente.

Pippo Delbono, questo è un film che parla di omosessualità. Secondo te è ancora un tabù in Italia?

Pippo Del Bono: Sono stato in giuria del Festival  del cinema gay di Torino e la cosa interessante è che la regione Piemonte non ha dato il patrocinio. Parlare di omosessualità non è parlare di con chi sei andato a letto ma un atto politico molto importante, perché in Italia è assolutamente ancora un tabù. Il privato diventa politico, si diceva negli anni Sessanta. Io se dico a tutti che sono sieropositivo, non lo faccio perché voglio parlare dei fatti miei: non dire le cosa diventa una forma di fascismo culturale.

di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net

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