“Ai giovani io dico: cercate e troverete. L’indifferenza è il peggiore di tutti gli atteggiamenti, dire “io che ci posso fare, mi arrangio”. Comportandoci in questo modo, perdiamo una delle componenti essenziali dell’umano. Una delle sue qualità indispensabili: la capacità di indignarsi e l’impegno che ne consegue”.
(Stéphane Hessel, Indignez-Vous!)
Stéphane Hessel (nella foto) ha 93 anni, ha combattuto nella Resistenza francese, ha lavorato alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. Si rivolge ai giovani nel suo Indignez-vous!, ma anche a chi ha bisogno di una scossa, di non essere indifferente. Penso a chi guarda davanti a sé nel vuoto, le spalle appoggiate a un comodo divano, e preferisce cullarsi nel tempo che passa piuttosto che muoversi. Penso a chi deve tornare a fare domande, gli studenti che vedono cadere i pezzi dai soffitti delle loro scuole e devono, hanno l’obbligo e il diritto, di chiedere spiegazioni. Penso a chi guarda e passa avanti. A chi vede e non denuncia, a chi si gira persino dall’altra parte. Penso a chi non alza la mano, a chi non ha voglia di farsi avanti, a chi ha paura di perdere tempo e delega. E lascia che siano gli altri a pensare, agire, fare, scrivere, domandare. Bisogna indignarsi per cose grandi e piccole, almeno una volta al giorno, per essere uomini e donne consapevoli, per non morire ogni volta un po’. Quello di Hessel è un appello a non mollare. Certo, lo spiega anche lui, “le ragioni per indignarsi sembrano meno nette, o il mondo troppo complesso”. Ma la reazione non può essere l’indifferenza.