ULTIMO VIAGGIO DAMASCO
tra i tanti civili che son morti
i volti familiari
diventano ricordi
bene e male intersecati dal filo
di quei viaggi controllati
intrecciati in complotti tra stati
che poi basta sfogliare qualche giornale
indietro gli anni
che isolare quella terra
è l’ordine del giorno
basher al assad solo un altro dei tiranni
la primavera s’è spenta lì da quelle parti
l’esercito ha il potere di disfare e massacrare
l’usanza è propaganda
il resto è riciclato poi dalla democrazia
dovremmo già saperlo bene
uno non basta a comandare quelle morti
e magari non c’è l’uno ma c’è un’oligarchia
eppure è sempre il simbolo a pagare
ci accontentiamo di qualche carta e qualche seme
come per saddam mentre cercavano bin laden
quindi mi accontento del ricordo
delle città che avrei abitato
la via per deir ez zor e i pozzi accesi di petrolio
la linea che demarca la mesopotamia
sopra un affluente stretto
e dopo un bosco
aleppo e quel ragazzo
chissà se adesso è vivo o morto
TOPI
essere uno di quei morti
da disoccupazione
morti nell’urto delle corde
troppi errori stretti a nodo
uno sull’altro grovigli
per meritarsi un sussidio
o un lavoro accessorio
senza aver messo al carico
altri infelici
essere morti per fine di scelte
contro ogni razionalizzazione
costruzione psicologistica
ogni via di fuga
morta col conto corrente
sbattere le ali come una falena
la testa ai bordi delle lampade
un criceto sfinito nella ruota
un topo
nuota a vuoto
incassato
nella nave
LO STUPRO DEI FIORI
nella gragnuola di ghiaia
sul riccio malato
il silenzio dei genitori
nel rondone preso all’amo
nel gabbiano ingozzato
di bicarbonato
nelle sue stelle filanti di carne e sangue
nel volo
nel disgusto di un nido di fiori
nello stupro dei fiori
lo stuzzicadenti affonda piano
la mano che lo spinge ha ingoiato
il canapé esatto al centro
del giallo
nel toglierlo lento
gli stami divisi richiudono piano
SAN SEBASTIANO
ti scarico addosso
tutte le pallottole della mia bocca
non c’è rumore
tra tende fitte di lana di vetro
mastica la trama
inchioda la bocca agli aghi sottili
ferma alla lingua la sillaba
al pannello le dita e la schiena
martire agli ingranaggi linguistici
san sebastiano
cerchio rosso nel bersaglio
PULSAZIONI
vivo nel buio dei miei organi interni
nel buio muovo movimenti minimi
meno di un piccolo feto
come un organo pulso di sangue
umido e cieco
a volte ombre di luce
attraversano il corpo
allora la pelle si accende dentro di rosa
come una palpebra
come i valli fra le dita
in controluce
ROSSETTO
ti stendo il rossetto sulle labbra
ti stendo sulla faccia un sorriso adolescente
arancio perlato corallo
a seconda di come ti voglio
ti passo un kleenex sulle labbra
sbavandoti il sorriso come dopo
un bacio violento o uno schiaffo
ti prendo a schiaffi a suon di trucco
seppellendoti sotto terra ambrata
mortifico la tua carnagione
OCCHI
Al posto degli occhi
ho due ani
che spruzzano sul mondo
la loro indignazione
la lacrimazione
fa il suo dovere col mascara
su una faccia troppo distratta
per la prova d’acqua
i miei ani si arricciano
e dilatano
a seconda delle dimensioni
e del tipo di realtà
ingurgitata
i miei ani spruzzano semi
di violenza
e li inghiottono
senza piacere
li spazzano ai lati
PREGHIERA
Benedicimi madre perché
ho peccato
ho portato il tuo corpo nel mio
perché provasse piacere
ho lasciato
che frugassero le tue labbra
invadessero lo spazio stretto del tuo utero
cancellando il dolore del parto
e della verginità sprecata
Benedicimi madre perché
ti ho spogliata sul mio corpo
perché ti dicessero la tua bellezza
sfiorita
facessero dei tuoi capezzoli giocattoli
per adulti delicati
ti ho inarcato la schiena
rinascendo clitoride
ti ho mosso i fianchi
su carne e sangue in erezione
ti ho accelerato il cuore
ti ho ridato potere
ti ho vestita di me
perdona madre la mia
virtù
perdona l’amore che ho ti portato
senza saperlo dire senza saperlo dare
ai corpi scuri posseduti
senza sapermi dare libera
dalle contraddizioni di cultura
perdona questo mio corpo
trattenuto dalla vita
mascherato dagli strati di clausura
la pelle mortificata nel rifiuto
la mia fedeltà
che ci consuma la vita
in una vita sola
e la solitudine dell’uno
la libertà ingabbiata ogni istante
nell’istante prolungato di una ruga