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Inglesi: meno credenti e più infelici

Creato il 22 dicembre 2012 da Uccronline

Uso di psicofarmaci nel regno unitoQualche giorno fa è uscita la notizia circa un calo nel cristianesimo inglese: in base ai dati dei censimenti nazionali, la quota di coloro che si dichiarano cristiani in Inghilterra e Galles è scesa dal 72% nel 2001 al 59% nel 2011. La notizia è riportata da Radio Vaticana.

Certo, è vero che nell’ultima fotografia i cristiani sono ancora la maggioranza assoluta, che sono più del doppio dei “no religion” (25%), e che coloro che si dichiarano cristiani lo fanno con una certa autoconsapevolezza, come precisa (guardando il bicchiere mezzo pieno) Radio Vaticana. E’ vero anche che il cristianesimo inglese (anglicanesimo) è un cristianesimo particolare, che si prepara tra l’altro ad avere come capo della Chiesa e massimo riferimento spirituale il non proprio amatissimo principe Carlo.

Ma è anche vero che il calo in sè può far riflettere. Bisogna però arrivare a gioire, a salutare il risultato “con particolare soddisfazione”, come vogliono gli atei agnostici razionalisti? Dati alla mano, e sulla base di considerazioni veramente scientifiche, razionali e non ideologiche, la risposta è netta: no di certo.

Gli studi scientifici che si occupano del comportamento umano (psicologia, medicina, sociologia…) ci dicono chiaramente che essere credenti, e nello specifico essere cristiani, significa essere più felici e vivere una vita migliore. La dimostrazione evidente la fornisce il recente Manuale di religione e salute (2012), di cui ci siamo già occupati. Tra i vari fattori di benessere esaminati dal Manuale, si può notare in particolare come la depressione sia inversamente correlata alla fede religiosa: più sei religioso, meno sei depresso. Ed è quello che si può riscontrare anche nel Regno Unito: la religiosità è in calo? Sì. E dunque è in aumento l’infelicità e la depressione.

Questo appare – purtroppo – in maniera evidente dai grafici circa il numero di prescrizioni di farmaci antidepressivi (di tipo SSRI, Inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina, e SNRI, Inibitore della ricaptazione della serotonina e della norepinefrina) nel Regno Unito (UK) negli ultimi anni. Secondo il servizio sanitario nazionale, dal 1998 al 2008, si è passati da un totale di 8 milioni di prescrizioni a 24 milioni di prescrizioni di antidepressivi: un aumento del triplo.

 Ora, stanti così le cose, cosa è veramente sensato e razionale: gioire del fatto che le persone tendono a non aderire alla religione, non trovando un senso alla vita? Oppure preoccuparsi del rischio di una dilagante a-religiosità e infelicità, e cercare di favorire la riflessione esistenziale e religiosa, per una vita e una società migliore?

Roberto Reggi


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