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Inside Llewyn Davis: mini-review

Creato il 04 febbraio 2014 da Nadia Strawberrie @river_inthesky

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Come dite? A meno di un mese dagli Oscar volete parlare dei candidati alla statuetta di Best Picture??? NAHHHH. Oggi parliamo di altro… spendiamo due parole su Inside Llewyn Davis.

Commentare un qualunque film legato ai fratelli Coen è già di per sé un’impresa piuttosto ardua, se non si conoscono a menadito tutti gli stilemi che caratterizzano le loro pellicole. Lo è ancora di più quando il film si connette in maniera così viscerale ad un determinato periodo storico e ad un ambiente musicale particolarissimo come quello del folk americano dei primi anni ’60 e del Greenwich Village.

Inside Llewyn Davis ha i toni di una ballad e la capacità straordinaria di essere emozionante, malinconica e al contempo brutalmente cruda e in grado di trasmettere una sorta di distacco cinico esasperante. 

Il protagonista, Llewyn, ispirato al musicista Dave van Ronk e interpretato da un eccezionale Oscar Isaac, è un fallito, uno sfigato. L’ennesimo ritratto coeniano di un personaggio a suo modo fragile e drasticamente vero, a tratti persino insopportabile nel suo essere rude ed aggressivo nei confronti di una vita che non gli concede nulla, né sul piano personale né tantomeno su quello professionale.

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Nel parlare di Inside Llewyn Davis è comunque impossibile fare a meno di accostarsi alla gigantesca ombra proiettata dai fratelli Coen. Li percepiamo distintamente sin dalle prime sequenze, nello humor, nelle immagini e nelle tematiche, nella circolarità del racconto e nella visione del mondo dalla prospettiva del gatto (e qui parliamo di genio, PURO GENIO!)…

Ancor più rilevante è, in questa occasione, la sublime sinergia raggiunta con la fotografia di Bruno Delbonnel (Il favoloso mondo di Amelié, HP e il principe mezzosangue, Dark Shadows…) , la cui candidatura agli Oscar appare ben più che meritata. La costruzione del mood è semplicemente perfetta, con un’estetica che si appoggia a più riprese su una palette desaturata che lo stesso Delbonnel definisce “invernale”, triste e fumosa, e che riesce a cogliere pienamente tutte le sfumature emozionali del film.

“If it was never new, and it never gets old, then it’s a folk song.”


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