Invece, ma, insomma, beh... Se il buon giorno si vede dal mattino qua ce la vedremo brutta allora.
No, non sono nichilista, neanche pessimista, ma un vuoto c'è, un piccolo buco al centro del mio petto che non c'è verso di ignorare e nemmeno di riempire.
Mi piace pensare che sia il vuoto necessario che si crea per fare spazio al nuovo che arriverà e lì sarà accolto. Come quando si prepara il terreno per la semina dopo l'aratura: si fanno piccoli solchi nel terra e quello diverrà lo spazio in cui si depositerà il seme, germe di vita.
Per ora io sento che le energie sono in incubazione, e la vita in me è sospesa, come in attesa.
E i dovrei fare si annodano e si fondono con i non mi và...e io continuo a procrastinare.
E' l' effetto anno nuovo, ormai lo so. Inutile anche solo pensare di potermi sottrarre. Mi tocca.
Tempo di bilanci questo, di sguardo rivolto all'indietro, inevitabile torsione che precede la proiezione in avanti. Cosa tengo? Cosa butto? Cosa mi appartiene veramente e porterò con me lasciando che mi segua ancora? Da cosa è venuto il momento che io mi separi? Quello che è stato, quello che è andato, che ho perso e che non ritornerà.
"Mai più" sono le parole che più pesano dentro. Da puro suono si fanno materia e sostanza, mi riempono la bocca, i polmoni il ventre e le mani. La mancanza di Lei, che in questi giorni di festa si è fatta sentire così forte e lancinante, tagliente e appuntita nella mia carne viva.
E non posso farci nulla, non tornerà. Qualunque cosa io faccia, io pensi, io dica...
E dove sono andati i miei desideri, le cose in cui ho creduto, che speravo mi attendessero dietro l'angolo e io così fiduciosa e affamata di vita, di amore ero lì ad aspettarle a braccia spalancate, già pronta a saltargli al collo.
Ma poi voltato, quell'angolo, ad aspettarmi c'era solo il buio, solo io e l'attesa, di nuovo.
E lo so che il sole tornerà a splendere, ma queste nubi oggi sono grigie, insistenti e non c'è vento a spazzarle via per me. Che certe gioie non si dimenticano facilmente.
Che se le hai provate non puoi proprio accontentarti di stare senza.
E' un vivere duro come pietra, secco e faticoso, a volte. E' una scissione che mi sbalza tra i due opposti di me e so che passerò la vita a cercare di sanare la frattura, di integrare le parti, a cercare il tassello mancante che salda e unisce il mosaico intero.
Che tutto scorre e la corrente mi trascina e attorno la realtà si fa sbiadita e confusa.
Gli occhi restano stretti serrati poi a un tratto li apro. Dove sono io, dov' eri tu.
Ora che avrei bisogno di te, anche solo la tua voce che mi chiama, la tua bocca che mi sorride, anche solo guardarti e sfiorarti e sentire che ci sei. Per me. Ancora.
Lontane non so neanche più da quanto. Ho smesso di contare.
Sono stata bambina, ho avuto la mia porzione di spensieratezza, ma è durata un attimo.
Separazione e fine sono state le parole che ho imparato per prime.
E il loro senso io non l'ho più dimenticato.
E poi anche Lei è andata via dalla mia vita, in una lenta dissolvenza.
Che il dolore scava, ha mani e artigli forti e consosce la via.
E a volte sono io quel dolore e tu ti stupiresti se ti dicessi che tra me e lui io non vedo differenza.
Che fatico a riconscermi, certi giorni, senza quel dolore.
Che è lui che mi definisce, stabilisce i contorni della mia essenza.
Io sono lui e lui è me.
E torna vivo come se fosse il giorno dopo. Il giorno dopo quel giorno in cui tutto è iniziato e finito insieme. Quando insieme a Lei una parte di me se n'è andata. Per sempre.
Il giorno in cui io scrissi questo:
Quel che resta dopo
Trent’anni. Sono donna, perché così si dice che sia, l’età giusta, spartiacque fra il prima e il dopo, fra quello che è stato - e non sarà più - e quello che sarà - ma ancora mi è sconosciuto.Sono donna, perché così mi sento, anche senza quel pezzo che mi ha lasciato, che se n’è andato via con te.Non sono più figlia, nel senso biologico del termine, né nipote.Sono sorella, sono zia, sono amica, amante e quasi sposa.Non sono ancora madre.
Tu mi dicevi che una donna, all’età che io ho ora, è nel fiore della vita, nel pieno del suo potenziale.Ti ho conosciuta che avevi quasi trent’anni, te ne sei andata che ancora non avevo i miei. Quel giorno non c’eri, non mi hai aspettata, ma in quello del tuo compleanno c’ero io per te: nuova di zecca, miniatura di donna, poco più di un mese di luce e altri nove di buio nel tuo ventre. Sono cresciuta in te e lì dentro ho preso le forme giuste, quelle adatte al mondo di fuori, né un pezzetto in più, né uno in meno. Hai messo tutto al posto giusto, nei tempi giusti. Hai creato la vita nel tuo ventre e poi l’hai offerta al mondo, agli altri ne hai fatto dono.Come un bene prezioso hai saputo condividermi con l’esterno, hai saputo lasciarmi andare e tornare, hai saputo come si fa a restare a guardare senza intervenire.Ho la tua bocca, i tuoi occhi, la forma del tuo corpo, ventre piatto e gambe forti, seni piccoli, dita lunghe. Ho il mio carattere, così diverso dal tuo. Non ho la tua pazienza, ma ora comprendo l’importanza dell’attesa fiduciosa.Il doppio di trenta non l’hai conosciuto, nove mesi ti separavano da lui. E per me quei mesi hanno significato di nuovo il buio. Ma stavolta fuori di te.Fuori al freddo, senza protezione tranne la mia pelle. Così sottile e pallida, così delicata.Fuori di te, ma dentro di me, nei miei abissi, nelle mie profondità.
Sola a esplorare i miei mondi sommersi.Quello che c’è stato prima, nei giorni della tua malattia, lo conosco. Ogni angolo, ogni fessura, le parti di luce e le zone d’ombra: mattina, pomeriggio, sera. Avevo la tua stessa età di allora ma, per ironia della vita, stavolta ero io la donna e tu la bambina, io la madre e tu la figlia. I ruoli si sono invertiti e ho saputo restituirti le cure e l’amore, sia coi gesti che nelle parole. Ho lavato e pulito il tuo corpo, i tuoi vestiti. Ti ho imboccata, ti ho dissetata.Ti ho letto racconti, a voce alta ti ho aiutata a finire il tuo libro. Ti ho sussurrato canzoni per aiutarti a ritrovare la pace perduta, ti ho rassicurata.Ho imparato ancor di più a frugare per capire: fra le pieghe delle tue labbra, dei tuoi sguardi, delle tue mezze parole, dei tuoi abiti, delle lenzuola.Tu, poco meno di trent’anni fa, mi aiutavi a diventare grande, mi guidavi attraverso la vita, alla scoperta dei miei bisogni e della loro soddisfazione, mi vedevi crescere, andare incontro al mio destino... ridendo. Io quasi trent’anni dopo ti ho vista perdere il contatto con la vita e il controllo del tuo corpo, cedere a nuove necessità che prima non conoscevi. Le abbiamo scoperte insieme.Ti ho guardata spegnerti lentamente, ti ho accudita sapendo che ti stavo accompagnando a morire.Meno di questo non può chiamarsi amore.Il sole tornerà e mi troverete di nuovo lì: On The Sunny Side Of The Street
Sogni d'oro. Che quello è il posto dove nascono i giorni migliori.