Prima di tornare, spero, ad argomenti più seri, oggi vi propongo una cosa leggera, una gara: cliccare su questo video e vedere chi resiste più a lungo prima di chiudere la pagina in un accesso d’ira. Si tratta di un montaggio di un’intervista ad Alessandra “Più ci criticano più noi ci faremo le meches” Moretti, candidata del Pd per la Regione Veneto, e io alla prima visione non sono riuscita ad andare oltre il minuto 2.55.
A dar fastidio non è tanto la sfilza di stupidaggini che dice, quanto la sua spocchia, il suo tono alla “che mangino brioches”, il suo irrefrenabile narcisismo. Come il suo precedessore, anche il grande imbonitore Renzi si è portato in dote una cricca indisponente di fedelissimi e di donne che giocano sul proprio aspetto perché hanno pochi contenuti (tranne alcune eccezioni come la Serracchiani, che NON ha contenuti ma nemmeno sembra preoccuparsi troppo dell’aspetto, e la cui fortuna politica è quindi dipendente solo dal totale vuoto che la circonda). La combriccola che è salita al potere al seguito di Renzi ne imita lo stile, i concetti base e il linguaggio. Nel loro caso, tutto fa perno, come anche per Berlusconi, su una strana commistione di vittimismo e aggressività: “vogliono intimidirci ma non ci riusciranno”, “noi questo paese lo cambiamo”, “più ci criticano più siamo forti”, e via dicendo. Io interpreto tutto questo come un’implicita ammissione di debolezza. C’è, in dittatura, un posto anche per il machismo e le esibizioni di potere, ma in democrazia un’insistenza così ossessiva e reiterata sulla propria determinazione ad andare avanti “nonostante tutto” a me sembra più che altro segnale di disperazione (e infatti, l’economia NON riparte, e se ripartirà temporaneamente questo dipenderà da cose come prezzi del petrolio e non certo dal “Jobs act”).
I problemi che si trovano ad affrontare questi personaggi hanno alcune caratteristiche che li rendono molto poco reattivi alla volontà, pur ipertrofica, di un singolo. Innanzitutto, hanno radici materiali: andate sui siti che si occupano di ambiente, di picco del petrolio, di economia globale e vedrete i veri meccanismi che governano la congiuntura e capirete che, per quanto Renzi si impegni, cercare di far tornare l’economia italiana come prima in un momento del genere a forza di slogan, di leggi non pertinenti e di “dai che ce la facciamo” è nel migliore dei casi tempo perso.
Il popolo italiano è particolarmente difficile da trattare: non basta fare le leggi senza pensare a chi dovrebbe applicarle e a perché dovrebbe farlo. Il paese lo cambiano i suoi abitanti, non gli ordini del premier. Io mi chiedo se Renzi davvero pensi di avere tutto quel potere effettivo che professa. Sul parlamento, dato il ricorso massiccio alla fiducia, direi che sì, ha molto controllo. Ma i centri di potere che influiscono sull’Italia vanno ben al di là del parlamento, soprattutto ora: oltre ai cittadini, che possono collaborare come non farlo, bisogna fare i conti con gli enti locali, i potentati economici e criminali, i tribunali, l’Europa, i governi stranieri, le organizzazioni internazionali, eccetera. Un uomo solo che pensi e addirittura sostenga di detenere un potere che pieghi al suo volere tutto questo, in un momento per di più in cui tutto questo sta attraversando una crisi profondissima è soltanto un illuso. A meno che il suo progetto non sia distruggere tutti questi altri centri di potere, e se ci riesce è bravo e soprattutto un dittatore. Molti sperano, infatti, che ci riesca.
La democrazia, non come concetto ma nella forma in cui noi la conosciamo e diamo per scontata, è in crisi. Ormai non vota più nessuno perché non ci crede più nessuno, e in buona parte a ragione. Così facendo chi non vota manda un segnale, ma questo segnale non cambia di certo le cose e la crisi si fa soltanto più profonda.
Non sto sostenendo che quello che fa Renzi non abbia conseguenze: in particolare, penso che possa dare il colpo di grazia alla democrazia eliminando ancora un pezzo di rappresentatività con le sue riforme elettorali. Quello che sto dicendo è che Renzi e chi lo segue non sembrano aver capito il momento in cui viviamo e propongono ricette sbagliate, velleitarie e avulse dalla realtà. La loro insistenza su di sé, sulla propria lotta solitaria contro i “gufi”, i pessimisti, e le forze della reazione, è solo un teatrino tutto sommato privo di significato rispetto a una realtà che va per conto suo e che è quella in cui tutti gli altri sono costretti a vivere. Siamo arrivati al momento storico, in questo paese, in cui non c’è quasi più differenza tra destra e sinistra, se non su alcune poche questioni in alcuni rari casi. Sono come due prodotti provenienti dallo stesso stabilimento che per raccogliere fette più ampie di mercato utilizzano strategie di marketing diverse. Certo, qualche differenza di politica rimane, forse qualche buon motivo per fare una scelta e votare c’è ancora, ma gli spazi si stanno chiudendo e dalla crisi stanno emergendo nuove forme: la sfida è intuirle e definirle prima che ci inghiottano.
Comunque, scherzavo: non serve che vediate quel video. Non ha molta importanza. Trovare qualcuno insopportabile regala un misto forse catartico di irritazione e soddisfazione, ma non ci aiuta a risolvere i problemi veri.
(Ringrazio Michele Testa per la segnalazione)