Intel e i nuovi media: il manager statunitense Paul Bergevin ha spiegato la rivoluzione nella comunicazione della sua azienda: cinquemila blogger interni. Gli utenti non sono più da considerarsi i semplici destinatari del prodotto, grazie ai blog e alle reti sociali, ognuno di loro è un potenziale comunicatore.
Fa una certa impressione sentire Paul Bergevin, a capo del Global Communication Group della Intel, citare il disastro della Costa Concordia: “In quel caso, i primi a dare la notizia sono stati i cellulari dei passeggeri. Dopo sono arrivati i giornalisti”. Bergevin, ospite a Milano il primo marzo per incontrare la stampa , ha sintetizzato così il nuovo corso della comunicazione, un mix “tra nuovi e vecchi media” che costringe i tradizionali mezzi di informazione, ma anche i grandi marchi, a modificare le proprie strategie e a dialogare con altri protagonisti.
Intel è uno di questi grandi marchi, una delle aziende tecnologiche più importanti del mondo, abituata però a cercare il consenso, ha spiegato il manager statunitense, tra i cosiddetti “decision maker” del settore, professionisti che orientano gli acquisti delle società in cui operano, o, al massimo, tra i grandi appassionati di hardware. Per moltissime persone, in effetti, benché proprietarie di computer, Intel era poco più di un adesivo che campeggiava sul pc, rassicurante ma, in fondo, misterioso.
La rivoluzione della comunicazione digitale, tuttavia, è arrivata anche per Intel, che ne è stata una protagonista sostanziale sebbene sotterranea, oggi impegnata a “diffondere la consapevolezza di Intel” tra le persone. “Abbiamo fatto un accordo con Vice Media”, che si occupava di produzione di documentari, dalla pittura alla musica, “per la creazione di un progetto che si chiama Creators Projects (http:thecreatorsproject.com) e collaboriamo con artisti in tutto il mondo, le cui opere nascono principalmente su pc” ha raccontato Bergevin. Non più ingegneri, ma artisti. Una parabola che racconta molto dell'evoluzione del digitale e della sua penetrazione nella vita sociale. Intel, produttrice di processori e altra sofisticata ferraglia che fa da motore ai computer, è dunque impegnata nelle gestione di community di creativi. Se dovessimo usare un paragone metropolitano, si potrebbe dire che si è passati dalla industriale Detroit alla capitale della moda Milano. “C'è una community a Shangai e una a New York”, ha spiegato il manager, e per l'Italia si dovrà aspettare. D'altra parte, anche questa distribuzione geografica racconta la nuova gerarchia economica mondiale.
Gli utenti, in ogni caso, non sono più da considerarsi i semplici destinatari del prodotto. Grazie ai blog e alle reti sociali, ognuno di loro è un potenziale comunicatore. Un popolo che Bergevin ha definito “affamato di news”, attirabile a sé offrendo loro “una fonte attendibile di notizie”. Notizie prodotte e confezionate dall'azienda? Sì, ma non solo. In Intel hanno incentivato il personale a creare blog personali, in cui si parla, naturalmente, del lavoro di uno dei più grandi produttori di microprocessori: un esercito di cinquemila blogger che hanno a disposizione strumenti e policy precise e diffondono nel web guide e commenti, ma mai materiale di pura “propaganda”. E qui sorge un primo conflitto: la nuova era digitale non ha cancellato regole e segreti nelle aziende. Come comportarsi, dunque, rispetto alla possibile, eccessiva loquacia dei dipendenti su progetti riservati? Il dirigente di Intel non ha negato che si tratti di una sfida per le imprese, ma è stato altrettanto risoluto nell'indicare la via della libertà. La scelta di controllare tutto viene definita senza esitazione un'opzione “impossibile se si vuole essere credibile”. Inoltre, la credibilità di un'azienda, secondo Bergevin, non cresce quando esercita il controllo totale sulle informazioni che escono dalle sue stanza, ma, al contrario, quando ne permette una più libera circolazione. Se si concede libertà, la gente partecipa più volentieri.
In questo contesto si situa anche la piattaforma di news Intel Free Press, “non dedicata esplicitamente alle pubbliche relazioni”, che pubblica storie di tecnologia e di innovazione, scritte da autori della società californiana. Materiale ripubblicabile, come è avvenuto con il racconto dell'invenzione del primo microprocessore ad opera di Federico Faggin, fisico italiano ma naturalizzato statunitense, rimbalzata nella Rete.
Un'altra piccola rivoluzione copernicana. Il manager, d'altra parte, aderisce alla definizione di utenti come “colleghi” che arriva dalla platea. Intel è alla ricerca dei profili nei social network di persone che usano la tecnologia ed è ormai prassi consolidata che dalle critiche, dalle richieste, dalle esperienze dei cosiddetti utenti finali si traggano consigli per migliorare prodotti già esistenti o per crearne di completamente nuovi. Perché questo circolo virtuoso continui a funzionare felicemente, Intel è impegnata a spiegare a un numero sempre crescente di persone, ben oltre la ristretta cerchia degli esperti di hardware, chi è e che cosa fa. Un'impresa non proprio semplice per un'azienda che ha tra i suoi prodotti di punta, ha spiegato Bergevin, cose che si chiamano “semiconduttori”. Ma questa è la sfida del futuro, per il marchio californiano e per la stampa che, come questo quotidiano, è impegnata a spiegare al pubblico il mondo tecnologico in cui, sempre più, si trova immerso. Perché, come ha spiegato Bergevin, oggi computer sono anche “i cellulari, o le automobili”.
FONTE: La Stampa
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