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Intellettuali siciliani al tempo dello sbarco: Savarese

Creato il 17 settembre 2012 da Casarrubea
nino-savarese

Nino-Savarese (1882-1945)

“Sono arrivati i ricchi in terra di poveri: sono arrivati i ben calzati tra gli scalzi, gli spensierati fumatori tra i forzati astemii, i divoratori di scatole tra quelli che si nutrono di solo pane e di piante legate alle radici. Guardano. Avevano negli occhi immagini di terre lussuose, di climi eccessivi, di eccessive fruttificazioni, e di una vita facile e lustra di novità: ora li posano su questi ulivi centenari dalla chioma gentile e ben proporzionata, su queste siepi di fichidindia che prosperano sulle pietre, su queste colline umili sparse di casette, vigilate da un cipresso, da un olivo o da un olmo. Le cose che essi portano con loro: le scatole di latta che lasciano per terra, le custodie di cartone che spargono tra le stoppie gridano novità:

troppo nude, in quest’aria carica di tempo: sembrano non ancora ammansite dalla pazienza, dalla difficoltà e dalla carità dell’uomo, come fossero state per essere prese e lasciate. E nella loro nuda pulitezza contrastano con tutto ciò che è nostro, e che porta l’impronta della fatica, anche dello stento, ma assieme di un accordo placido con la natura: i panni dei nostri contadini, le barde delle cavalcature, gli arnesi di lavoro che sanno di leggenda nella loro austera semplicità.

Su ognuna delle piccole vetture nuove, sebbene sporche di fatica, si leva l’antenna della radio: e dalla colonna che sosta lungo lo stradale sotto gli olmi, giunge il solito ronzio di musica raccogliticcia per le vie dell’aria.

I ragazzi lasciano le vacche al pascolo, e posano la brocca che andavano a riempire, o l’asino che andavano a legare nelle gramigne: i grandi lasciano la zappa o l’aratro, e tutti si avvicinano allo stradale sul filo di quella musica. Come in una specie di natività, ora tutti possono vedere da vicino il volto della nostra sventura e insieme quello del paese incantato dove si crede abiti la felicità: l’America!”

A questa severa condanna dei conquistatori segue, subito dopo, quella dei tedeschi:

“I tedeschi combattono per la loro patria sulla nostra terra. E questo lo fanno sentire con la loro giudicante estraneità. Non sono qui per aiutarci, ma per trascinarci. Essi servono un’idea che ci è estranea, e per servirla fino in fondo passano sulla nostra terra, sulle nostre suscettibilità, e forse domani passeranno sul nostro corpo.”


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