Il recente intervento del Capo dello Stato sul tema delle intercettazioni e sullo stato del dibattito parlamentare sulla riforma della normativa in materia ha richiamato nuovamente l’attenzione su questo controverso disegno di legge dal travagliatissimo iter, che sembra ora su un “binario morto”, come dice il Presidente Napolitano.
Le intercettazioni sono una grave minaccia alla privacy dei cittadini o uno strumento irrinunciabile per difendersi dalla criminalità? Attorno a questa domanda centrale, da almeno due anni divampano violente polemiche politiche, accompagnate da una campagna mediatica che sembra avere disorientato l’opinione pubblica, anziché informarla. Fino ad oscurare una verità elementare, e cioè che nella storia giudiziaria del nostro Paese, in tante indagini e processi, le intercettazioni hanno avuto un ruolo decisivo. Quanti criminali sono stati arrestati, quanti omicidi, stragi, sequestri di persona, e delitti di tutti i tipi sono stati evitati grazie al tempestivo intervento delle forze dell’ordine in virtù del buon esito di intercettazioni! Quante armi recuperate, partite di droga sequestrate, corruzioni scoperte! Quanti reati sarebbero rimasti altrimenti impuniti, tanto da poter affermare che l’Italia sarebbe oggi un Paese ben peggiore se non avessimo avuto a disposizione uno strumento investigativo così prezioso!
Tutto ciò misura la distanza che separa certe verità ufficiali dalla realtà delle cose. Dimostra come certe opinioni, spesso interessate, abbiano finito per prevalere sui fatti. Infondato, ad esempio, è il luogo comune che tende a diffondere la paura sociale dell’intercettazione, come se tutti gli italiani fossero controllati, visto che gli intercettati ogni anno ammontano solo a 20.000 all’incirca, e che in Italia, al contrario che in altri Paesi comunemente ritenuti di civiltà giuridica più avanzata, le intercettazioni devono essere autorizzate comunque da un giudice estraneo alle indagini.
Ed anche sui costi delle intercettazioni circolano leggende. Innanzitutto, dal 2005 in poi si è registrata una costante flessione delle spese, con punte di decremento pari al 20 % da un anno all’altro. Il che non è poco, specie se si considera che non sono diminuite invece le intercettazioni eseguite, e quindi significa che, anno per anno, migliora la capacità di risparmiare, e i costi diminuiscono. Così come non è vero che la quota di percentuale dei costi per le intercettazioni copre un terzo delle spese per la giustizia, visto che corrisponde a percentuali inferiori al 5 %.
In ogni caso, prima di mettere mano alla riduzione delle intercettazioni, andrebbero ricercate soluzioni alternative. Ad esempio, siccome una parte cospicua delle spese è costituito dalle fatture liquidate alle compagnie telefoniche per l’uso della linea intercettata, lo Stato potrebbe imporre tariffe agevolate per ridurre i costi. E le preziosissime intercettazioni ambientali costano ancora di più poiché lo Stato paga a caro prezzo a ditte private il noleggio delle apparecchiature (microspie, rivelatori satellitari, micro-videocamere, e così via), quando potrebbe risparmiare dotando le forze di polizia di tali apparecchiature.
E vogliamo parlare del costo sociale di una riforma che dovesse azzerare le intercettazioni nel nostro Paese? Come evitare un salto indietro di quarant’anni, ai tempi d’oro (per la mafia) delle assoluzioni di massa? Difficile rispondere. C’è chi dice che le grida d’allarme sono eccessive e derivano dalla sottovalutazione delle potenzialità delle indagini tradizionali, quando le indagini si facevano senza intercettazioni e pentiti, “sulla strada”. Ma le “indagini su strada” producono buoni risultati solo quando si ha a che fare con “reati di strada”, quando il crimine viene commesso alla luce del sole, quando si tratta di delitti come scippo, spaccio, rapina. Ma se si vuole arrivare ai capi delle organizzazioni, occorre invece l’intercettazione. Difficile ormai farne a meno. Anche perché sono i delinquenti a non potere fare a meno di comunicare a distanza, spesso per telefono. Un ritorno al passato nelle investigazioni non è possibile anche perché i criminali sono andati avanti e non torneranno indietro.
Tantissimi sono i ricavi che la società legale trae dalle intercettazioni. Non solo in termini di vite umane risparmiate e di controllo della criminalità, ma anche in termini economici, grazie ai tanti milioni di euro sottratti alle mafie e recuperati dallo Stato con i sequestri e le confische rese possibili proprio dalle intercettazioni.
In conclusione, il futuro che la nuova legge ci riserverebbe è assai preoccupante. Una sorta di ritorno dal futuro al passato. Dalle tecnologie più sofisticate al lontano passato dei pedinamenti a vuoto, delle “indagini a 360 gradi”, che significa buio pesto nella ricerca dei colpevoli e della verità. Le nuove norme costringeranno la polizia giudiziaria alla vecchia e incontrollabile pratica con confidenti ed informatori anonimi e la magistratura a un brusco salto nel passato, il passato delle poche intercettazioni e delle molte assoluzioni per insufficienza di prove. Con la differenza che in quel lontano passato si combatteva ad armi pari, perché anche i criminali erano poco attrezzati dal punto di vista tecnologico. Oggi, invece, la commissione dei reati è ad alto tasso tecnologico, e c’è da sentirsi un po’ ridicoli, nel medioevo prossimo venturo, ad affrontare con la clava una criminalità armata di laser. Sarà pur vero che qualcuno possa avere nostalgia di quel lontano passato, ma è difficile pensare che ci sia chi, all’infuori dei criminali stessi, possa avere nostalgia di quel passato di assoluzioni e impunità…
E che dire della grave limitazione al diritto-dovere di cronaca mortificato dalla nuova legge che, ufficialmente indirizzata a limitare indebite fughe di notizie, invece impedirà la pubblicazione non solo delle intercettazioni segrete (cosa giusta e sacrosanta), ma anche di quelle ormai note alle parti del processo, non solo di quelle irrilevanti, ma anche di quelle per le quali c’è sicuramente un interesse pubblico a conoscere? Che significano quelle pesanti sanzioni ai giornalisti e alle loro testate in caso di violazione dei nuovi divieti di pubblicazione, se non una grave e illegittima compressione del diritto costituzionale dei cittadini all’informazione, a essere correttamente informati su come vengono amministrati i pubblici poteri, compresa l’amministrazione della giustizia?
Insomma, potremmo dire: c’è da tirare un sospiro di sollievo se il disegno di legge sulle intercettazioni sembra (ma per quanto?) su un binario morto, perché se dovesse riprendere la sua marcia e arrivare a destinazione, quel giorno saremmo tutti più nudi e inermi, più disarmati contro ogni forma di criminalità occulta, la sola che viene svelata dalle intercettazioni. Saremmo cittadini con meno diritti: meno diritto alla sicurezza, meno diritto all’informazione. E per questo ci auguriamo che anche questa volta il Presidente Napolitano abbia avuto ragione…
Magazine Cultura
Intercettazioni e cattiva informazione di Antonio Ingroia
Creato il 29 settembre 2010 da StampalternativaPossono interessarti anche questi articoli :
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