Stiamo modificando il nostro modo di archiviare i dati. Non mi riferisco al pc, anche se le varie memorie virtuali, dropbox, gmail e tante altre, hanno portato delle novità pure lì.
Parlo invece della nostra solta vecchia memoria. Alcuni studi realizzati negli USA hanno mostrato che l’uso sempre più diffuso di motori di ricerca e di database online influenza il nostro modo di ricordare le informazioni di cui abbiamo bisogno.
In uno i partecipanti dovevano scrivere nel pc una serie di frasi banali, per esempio “l’occhio dello struzzo è più grande del suo cervello”. A una parte di loro si diceva che ogni cosa sarebbe stata salvata, agli altri che tutto sarebbe stato cancellato. I risultati mostrano che sono stati più in grado di ricordare le informazioni coloro che pensavano di non poterle più recuperare.
In un altro esperimento, ai partecipanti veniva chiesto di ricordare sia delle informazioni ricevute, sia in quale fra cinque cartelle di un pc tali informazioni erano state salvate. Emerse che le persone tendono a essere più abili a ritrovare un file che a tenere a mente dati che si sapevano salvati.
Dunque, in un’era in cui sappiamo dove reperire le informazioni utili, ci risparmiamo di tenerle a mente. Ho sempre pensato che noi adulti, diciamo così, che ci lamentiamo di star perdendo la memoria, abbiamo in realtà uno spazio limitato, come un hard disk, e quindi tendiamo a selezionare i miliardi di impulsi che riceviamo, conservando solo quelli che riteniamo possano tornarci utili. I risultati degli studi sono su questa linea: inutile sforzarci a ricordare dei dati e a occupare spazio di memoria quando sappiamo dove e come trovarli.