Sul Giornale di oggi c’è un articolo intitolato “Internet è la vera scuola del terrore”, che esordendo con la frase “La maggiore scuola del terrore è il web, il fiore più carnoso della grande serra della democrazia” individua nel web “la patria dell’indottrinamento dei due giovani” sospettati degli attentati di Boston.
Non dimenticando che su Internet è possibile trovare contenuti di varia natura, non è superfluo osservare che titolo e incipit di quell’articolo, ancor più del testo che li approfondisce, costituiscono una miope inquadratura di un problema con radici ben più profonde e distanti dal web che, come spesso accade – anziché strumento, quale è – viene invece erroneamente indicato come agente. Titolo e incipit sono fuorvianti perché fanno apparire Internet come una sorta di colpevole primario, demonizzandolo agli occhi di un lettore poco attento che potrebbe essere indotto ad evitarlo completamente, nonostante le sue numerose possibilità di utilizzo virtuoso.
Dall’Internet “candidata al premio Nobel per la pace” fino all’accusa di essere “la vera scuola del terrore” possiamo trovare numerose posizioni e opinioni intermedie. Ma non va dimenticato che uno strumento – quando i suoi utilizzi sono molteplici – non può avere carattere negativo o positivo, mentre può averlo il contegno di chi lo utilizza, proprio per come lo utilizza, e parlando del web è opportuno (anzi, necessario) distinguere il mezzo dai contenuti e individuare correttamente le responsabilità.