Pubblicato da massimomaugeri su marzo 6, 2012
Catena Fiorello torna in libreria con un nuovo avvincente romanzo. A differenza dei precedenti libri (il romanzo “Picciridda” e i due volumi/intervista “Nati senza camicia”, entrambi pubblicati da Baldini Castoldi Dalai), “Casca il mondo, casca la terra” esce per i tipi di Rizzoli. E se in “Picciridda” la protagonista è Lucia, una bambina costretta a vivere con la nonna nella Letojanni degli anni ’50 e ’60 mentre i genitori emigrano in cerca di fortuna, nel nuovo libro i lettori incontreranno una donna adulta che vive in un contesto e in un’ambientazione del tutto differenti. Ne ho discusso con l’autrice…
- Catena, partiamo dal titolo…
Il titolo del libro prende origine dal famoso girotondo “casca il mondo, casca la terra”… che è anche la “canzoncina” che ha accompagnato l’infanzia della protagonista: Vittoria, una donna di cinquantatré anni su cui ruota tutta la storia e che, alla fine, dimostrerà di essere una sorta di eroina dei giorni nostri.
- “Casca il mondo, casca la terra” ha anche un significato metaforico?
Direi di sì. A un certo punto, nella vita di questa donna, cade tutto il mondo che aveva costruito fino a quel momento. Un mondo che si rivelerà “finto”, come scoprirà sulla sua pelle. Prima c’era questa vita meravigliosa, fondata sulle comodità, su una posizione sociale invidiabile, su un marito ricchissimo, su figli apparentemente perfetti. Poi capita un terribile evento che farà crollare tutte queste “sicurezze”. Per cui, “casca il mondo, casca la terra” è da intendersi in senso lato.
- Dopo il successo del tuo precedente romanzo, “Picciridda”, cosa auspichi da questo nuovo libro?
Spero, intanto, che si capisca come vivo il rapporto con la scrittura. Per me scrivere non ha nulla a che fare con operazioni di marketing finalizzate a raffazzonare quattro pagine, farci un libro, mandarlo in libreria e invitare la gente a leggerlo. Tutt’altro. Tanto è vero che pubblico questo nuovo romanzo dopo sei anni dall’uscita del primo. Sei anni in cui ho riflettuto tantissimo su quale doveva essere il tema da affrontare, e su come doveva essere affrontato. C’è stato un anno in cui ho lavorato solo all’idea della storia, riflettendo su come volevo metterla giù. Ci ho lavorato moltissimo, effettuando vari cambiamenti, finché non è venuta fuori una storia che per me era convincente.
- Ma come è nata l’idea?
Volevo raccontare soprattutto la storia di una madre. In effetti il titolo iniziale che avevo dato a questo libro era “Cuore nero”… perché c’è un momento del romanzo in cui si sviluppa l’immagine di questa mamma e del suo “cuore nero”, appunto. Però questo titolo, a un certo punto, non mi ha convinta più, perché al centro del romanzo non c’era solo il dolore indicibile che prova questa madre, ma tutto un insieme di cose che la portano a cambiare totalmente la sua esistenza. È vero che le capita un dolore e una tragedia immensa, ma è anche vero che lei fallisce non solo come madre… ma come donna, come moglie, come amica. Un fallimento in tutti i sensi.
- A un certo punto, però, lei stessa si rende conto di questo fallimento…
Sì. E diventa veramente un essere umano. Solo un essere umano. E nell’incontro con un’altra donna, che poi è la sua antagonista, sarà costretta a dirle “ma io sono solo una donna”, mentre fino a quel momento aveva pensato di essere la signora Vittoria Del Giusto, la “regina” di Roma. Ecco, questa consapevolezza la renderà più umana.
(Intervista pubblicata sul bimestrale cartaceo Notabilis)
Per saperne di più… si invita all’ascolto della puntata radiofonica di “Letteratitudine in Fm” del 24 febbraio 2012