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Intervista a Filippo Scicchitano

Creato il 04 aprile 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

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Se non fosse diventato attore probabilmente avrebbe fatto lo scrittore, “Scialla!” è il film che gli ha cambiato la vita e Totti il suo “grande capitano”.
Un giorno gli piacerebbe essere diretto da Ozpetek o Sorrentino, ma per ora a Filippo Scicchitano – classe 1993 – basta sapere di poter “continuare a fare bene questo lavoro”.
Ha l’ingenuità di un giovane ribelle e l’esperienza di un attore navigato, la freschezza del nuovo e la maestria dei vecchi. I banchi di scuola li ha lasciati a sedici anni, ma oggi come nel 2011 con “Scialla!”, tra quei banchi ci si ritroverà ancora una volta. L’occasione è “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, commedia adolescenziale diretta da Giacomo Campiotti e tratta dall’omonimo best-seller di Alessandro D’Avenia. Scicchitano è Leo, il sedicenne protagonista di questa storia in sala dal 4 aprile.

Dopo “Scialla!” eccoti di nuovo nei panni di un adolescente. Cosa ti affascina di questo genere di personaggi?
Ritrovarmi sui banchi di scuola! Scherzo. In un certo senso questi ruoli mi danno la possibilità di vivere quella specie di adolescenza perduta, per aver abbandonato prematuramente la scuola e per essermi dopo poco ritrovato a gestire l’enorme responsabilità derivante da questo mestiere.

Conoscevi già il romanzo di D’Avenia quando sei stato contattato per il film?
L’ho letto dopo. Avevo sentito parlare del libro, diventato ormai un cult tra le nuove generazioni, ma non è il tipo di romanzo che comprerei se dovessi scegliere, anche se devo ammettere che D’Avenia ha avuto il merito di avvicinare alla lettura i giovani, sempre più spesso restii ad un approccio con la letteratura.

Da dove sei partito per interpretare Leo?
Da me stesso, come per ogni ruolo. Ho scavato dentro di me alla ricerca di quel dolore che tutti ci portiamo dietro, l’ho vissuto, canalizzato, metabolizzato ed infine affrontato.

Hai mai avuto un professore come Luca Argentero?
Se l’avessi avuto non avrei lasciato la scuola.

Quanto del Filippo sedicenne c’è in Leo?
C’è la sua ribellione, la sua sensibilità, la sua paura ma anche il suo coraggio.

Cambieresti qualcosa se potessi tornare alla tua adolescenza?
Sì, non lascerei più la scuola a sedici anni.

I sedicenni di oggi? Sono davvero così come vengono descritti nel film?
Giacomo ha fatto in questo senso un grande lavoro di ascolto. Quando fai un film sull’adolescenza c’è sempre il rischio di farne un ritratto poco veritiero. Credo che in questo caso invece, il film sia riuscito senza forzature o cliché a rappresentare i giovani con le giuste sfumature.

E gli incontri con la classe di Alessandro? Cosa ti ha colpito di questa generazione?
La classe di Alessandro forse è un po’ atipica, proprio in virtù del fatto che quel “sognatore” loro hanno la fortuna di averlo dietro la cattedra ogni giorno! Non ho trovato grandi differenze rispetto a pochi anni fa, quando anch’io ero un sedicenne.

Non hai mai avuto paura di misurarti con le aspettative dei fan del romanzo?
No. Onestamente da lettore so bene che quando vado al cinema a guardare la trasposizione di un romanzo le immagini che vedrò scorrere sullo schermo sono solo una delle tante interpretazioni delle pagine lette. Quelle immagini difficilmente troveranno una corrispondenza con quelle nella mia testa. Beatrice, ad esempio, ha un accento francese ed io la trovo meravigliosa: quel suo accento contribuisce ai miei occhi a renderla ancora di più una creatura ultraterrena. Ma so già che molti avranno da ridire su questa scelta.

Qualche tempo fa hai dichiarato che Totti ha segnato la tua crescita almeno come tifoso. Chi ha segnato la tua crescita come attore?
Francesco Bruni, un padre in questo senso. Poi i vari attori e registi con cui ho avuto l’onore di recitare finora da Fabrizio Bentivoglio a Vinicio Marchioni, Luca Argentero, Francesca Comencini e Giacomo Campiotti.

Se dovessi descrivere questo film con un colore quale sceglieresti?
Il rosso. Questo film è un inno alla vita, all’amore.

Cosa ti rimarrà di “Bianca come il latte, rossa come il sangue”?
Il coraggio di affrontare le paure e la speranza e il credere in qualcosa di più grande, sempre.

Da ventenne che rapporto hai con la politica?
Forse atipico per un ventenne. Mi appassiona e la seguo, anche se non smette mai di deludermi.

Hai ancora un sogno nel cassetto?
Quello di continuare a fare bene questo lavoro, di essere sempre nella condizione di poter fare delle scelte artistiche e non dettate dal successo o dai soldi facili.

Da chi ti piacerebbe farti dirigere un giorno? E con quale attore vorresti lavorare?
Ce ne sono molti. Ozpetek, Moretti, Sorrentino, Martone, Garrone, Bertolucci, per gli attori Toni Servillo, Elio Germano, Valerio Mastandrea, Kim Rossi Stuart; ma sono solo alcuni dei nomi che mi vengono in mente. Il cinema italiano è pieno di talenti, non è morto come molti affermano; ci sono le idee ma mancano i fondi, è questo che lo uccide.

Che effetto ti fa rivedere i tuoi film?
La prima volta è sempre problematica, trovi mille difetti e non sopporti la tua voce, il modo in cui ti muovi… già la seconda va meglio!

Quali altri set ti aspettano?
Mi aspettano nel vero senso della parola in Patagonia, dove sto finendo le riprese dell’opera prima di Lunardelli “Il mondo fino in fondo” con Luca Marinelli.

Se non avessi fatto l’attore?
Avrei fatto lo scrittore!

di Elisabetta Bartucca


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