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Intervista a Giovanni Venturi

Da Marcofre

Giovanni Venturi è un giovane autore che gestisce il blog: Giochi di parole… con le parole. Ha pubblicato una raccolta di racconti dal titolo “Deve accadere”, e per questo ha allestito un blog apposito.

Da dove vengono le storie che scrivi?

In genere vengono da esperienze dirette di cui sono testimone e di cui annoto le particolarità. Non parlo di cose personali, ma di piccoli episodi, piccole caratteristiche delle persone che conosco, che incrocio per strada, in un treno, vengono da tutto ciò che vedo, sento… non so, un mazzo di fiori, la scritta su un cartello di un negozio, il colore di una mattonella, la copertina di un libro, un cesto di frutta, un odore di arance, un vassoio di biscotti, la voce di un ragazzo o il suo modo di sorridere o di stare in silenzio… dai sensi, insomma, poi trasformo e rimescolo sempre il tutto per creare qualcosa di nuovo e di più interessante. Do vita a un personaggio che ha un difetto di una persona che ho conosciuto – insieme ad altri elementi caratterizzanti che mi sono inventato o che ho preso, in parte, in prestito da altre persone – e alla fine il risultato di rielaborazione produce un personaggio in sé che non ha più nulla di chi mi ha ispirato e ha delle caratteristiche che sono sue, “nuove” e “uniche”.

Si sa bene che proporre la realtà così come la si vede, a meno che non si stia raccontando in presa diretta di una guerra con tanto di bombe, esplosioni e morti, non va bene, forse anche in caso di cronache di guerra c’è comunque da trasformare i fatti per renderli interessanti, per piegarli a essere “originali”, per quanto nulla che si scrive ha più l’originalità di un tempo, visto che i temi di cui si parla non sono infiniti, può essere infinito (e nemmeno) il modo in cui si mettono insieme tutti gli elementi di una storia e il modo in cui la si narra.

Che tipi sono i tuoi personaggi?

Ci sono diversi tipi di personaggi, ma in genere sono persone ordinarie, persone che potrebbe conoscere chiunque, il classico tipo della porta accanto, l’estraneo incrociato sul treno. Non ci sono miliardari, non ci sono rockstar, non ci sono spie, agenti segreti, super eroi. L’unico super eroe che magari potrebbe capitare di incontrare è il personaggio che aiuta l’altro personaggio a riscoprire se stesso, se vogliamo, un po’ come fa Massimo – il regista del racconto “Inquietudini” – con Gianluca.

Parlami della tua raccolta “Deve accadere“, per la quale hai creato anche un blog apposito

Il progetto nasce dopo una lunga maturazione di un’idea di base. La voglia di condividere dei miei testi con qualcuno, il desiderio di far conoscere il mio modo di scrivere per preparare eventualmente il terreno ad alcuni romanzi su cui ho lavorato e su cui sto lavorando.

La raccolta include racconti scritti circa 20 anni fa (come “Il lampione”), come anche racconti scritti pochi mesi fa (per esempio, “Sì, devo leggere. Pinocchio” che è stato quasi del tutto riscritto rispetto alla versione di circa due anni prima). Ci sono anche cinque racconti pubblicatimi da un editore romano in altrettante antologie tematiche, come poi spiego nelle note dell’ebook.

“Deve accadere” è una raccolta su cui ho riflettuto più di un anno. Ho sempre pensato di avere qualcosa che messo assieme si potesse definire “raccolta di racconti”, poi andavo a farne una cernita e mi chiedevo quali escludere, quali includere, se ce ne erano altri da scrivere e più il tempo passava più trovavo storie che popolavano la raccolta. A volte pensavo che era poco materiale e che da alcuni sarebbero venuti fuori bei romanzi. Alla fine la scelta si è basata su alcuni miei ragionamenti e da suggerimenti datimi da tre lettori a cui ho sottoposto i racconti prima di pubblicarli.

E nel blog raccolgo le recensioni, i link sugli store on line dove comprare l’ebook o il cartaceo, le promozioni, l’ebook regalato a patto di una recensione da qualcuno che mi contatta, oppure la possibilità a chi l’ha letto di lasciare direttamente lì un suo commento, anche negativo se il lettore ritiene opportuno. Negativo, ma con cognizione di causa, per capire cosa si aspettava e cosa non ha trovato. Certo, mi fa schifo fare il mercante con cose mie. Corro il serio rischio di diventare un rompiscatole che non ha null’altro da dire. E forse qualcuno lo pensa.

Che abitudini di scrittura hai? Lavori su una storia alla volta?

Quando si tratta di racconti sì, lavoro a una storia per volta, ma in genere anche per i romanzi. Mi capita però di avere un’idea per qualcos’altro e provo a pensare se è più interessante rispetto a quello che sto scrivendo in quel momento. Cerco anche di chiedermi se in qualche modo posso integrarlo nel testo su cui sto lavorando, senza creare un nuovo progetto – per poi disseminare inizi di storie in troppi file sparsi – che moriranno per incompletezza. Mi piacerebbe dire che scrivo ogni giorno, in realtà in alcuni periodi ho poco tempo, così non lo faccio o, in modo non equo, un po’ leggo e un po’ scrivo. D’estate mi riesce un po’ meglio, ma non è sempre così, anche perché poi mi capita di leggere molto. Un buon autore è prima di tutto un buon lettore. Molte storie io le bloccherei, impedendone la pubblicazione, altre le trovo ottime e così imparo qualcos’altro, verifico lo stile dell’autore nella mia testa, penso a come avrei scritto la cosa io. In certi periodi invece riesco a scrivere ogni giorno.

Quanto di quello che scrivi, viene scartato?

Forse molto, anche se conservo sempre tutto. Non a caso ho cercato tra quello che non ho scartato per mettere assieme i racconti. Per altri testi sono nel marasma. Oggi penso vadano bene e domani di dico di no, poi ogni tanto li rileggo e mi dico che male non sono. In questa raccolta di racconti avrei voluto scartare altri tre racconti, per evitare di ricevere critiche che indicassero la “non completezza” degli stessi, anche se so che si tratta di gusti, visto che un racconto non ha tematiche complesse come accade per i romanzi, così mi ero quasi arenato. Cercavo la perfezione e lo scopo, avevo paura che non avendo un editore mi sarei “bruciato”, poi un amico mi disse che le raccolte di racconti sono come le compilation, gli album degli artisti musicali. Ogni testo/canzone avrà un effetto diverso sul singolo lettore/ascoltatore e in genere non è detto che in un intero album tutte le canzoni piacciano. È stata questa la molla che, a inizio luglio scorso, ha fatto scattare la decisione definitiva su quali racconti includere nella raccolta e quali scartare.

Che idea ti sei fatto dei tuoi lettori?

Ho un’idea vaga, solo pochi ti fanno sapere cosa ne pensano del tuo testo e per il momento pare piaccia ai più, qualcuno non ha trovato i racconti particolari, ma un utente di Twitter mi ha dato lo stesso voto che ha assegnato a uno dei suoi autori preferiti, parlo di Haruki Murakami e parlo del voto assegnato al suo 1Q84. Tre stellette su cinque. Certo non sono così bravo, non sto dicendo che scrivo come Murakami (che non ho mai letto), dico solo che i lettori hanno gusti diversi. Sono ancora pochi quelli che hanno praticamente letto i miei racconti e non ho idea di quanti ne leggeranno, ma penso di avere una nicchia troppo ristretta, forse anche per le tematiche per nulla commerciali: non ci sono frustini e festini sadomaso, non ci sono vampiri che si innamorano. E poi in Italia pochissimi leggono ebook e soprattutto di autori autopubblicati. Con l’accordo Mondadori/Kobo ci saranno più tecno-lettori, ma ho un po’ di dubbi con il rapporto che si dovrebbe creare con un autore privo di editore. Purtroppo certe idee ottuse non le cancelli dalla testa della gente. È più facile che comprino un nuovo telefonino che cambino idea sul concetto di selfpublishing. Ho provato anche a regalare l’ebook, ma con scarsissimi risultati. Mi piacerebbe avere più riscontri, più persone che leggano qualcosa di mio, ma per il momento il risultato non è dei migliori, anche se conoscevo perfettamente il problema, già prima di pubblicare, quindi i risultati non sono così diversi da come me li aspettavo. Col tempo potrebbero migliorare, non so.

Ci puoi parlare del tuo metodo di revisione?

In genere se il testo che scrivo è abbastanza lungo, prima di continuarlo la volta successiva, ritorno sui miei passi, ovvero lo rileggo ad alta voce e ne cambio ciò che trovo stonato, scorretto, inutile e faccio così finché non sono soddisfatto di come mi viene tutto assieme, anche più volte. In alcuni casi resto bloccato su dei pezzi anche per dei giorni. Quando ho concluso il tutto, lo lascio “prendere aria” per un po’ di tempo. Non saprei dirti a priori quanto. Per un racconto si può trattare di qualche settimana, per lunghi testi anche mesi. Dipende da quanto tempo libero ho in quel momento e quante energie posso dedicarvi. Per il primo romanzo ci ho impiegato due anni a farne revisione prima e dopo averlo fatto leggere a un’amica. Ora giace da pochi giorni nei dischi rigidi di due editori e nella mia biblioteca personale. Ne avevo mandato una versione precedente ad altri editori, ma senza risultato.

A volte certi racconti riescono con poche revisioni, altri come “La biblioteca” e “Sì, devo leggere. Pinocchio” hanno bisogno di essere letti, riletti, trasformati, finché non mi convincono o finché i miei lettori di fiducia non mi fanno più osservazioni.

Parlaci adesso delle tue influenze letterarie. Quali sono gli scrittori che ammiri?

Sicuramente Stephen King. Trovo che le sue opere siano complete, interessanti, scritte veramente bene. Certo, la gente pensa a Stephen King come il banale autore di orrore e invece io dico che è un Vero Scrittore, di quelli che ne nasce uno in un secolo. Tratta l’animo umano, come accade per i miei testi, ovviamente non potevo avere un’idea diversa da lui visto che ho letto ogni singolo romanzo, ogni sua raccolta di racconti. Certamente non mi pregio di scrivere come lui, magari fosse così, e so anche ben capire quando ha scritto delle belle cose e quando no. In ogni caso a lui posso perdonarlo, dopo così tanti libri è normale che qualcuno sia meno riuscito. Altro scrittore che ho amato è Carlos Ruiz Zafón. I suoi due capolavori sono “L’ombra del vento” e “Il principe della nebbia”. Ho letto anche “Marina” e “Il gioco dell’Angelo”, ma sono opere non esattamente riuscite, poi Mondadori ha iniziato a proporre i suoi testi a prezzi non accessibili, decisamente più alti di quanto potrebbe.

E ho letto e leggo anche i classici. Sono innamorato de “Il Conte di Montecristo” che non smetto di citare nei miei racconti e romanzi.

Leggo esordienti, libri meravigliosi come “Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio” e “Divorzio all’islamica a viale Marconi” di Amara Lakhous edito da Edizioni E/O, ma niente best seller a parte King.

Chi legge per primo quello che scrivi?

Dipende. Purtroppo trovare sempre lo stesso lettore non è facile. A volte i miei lettori sono anche scrittori e a volte mi trovo in difficoltà. Uno scrittore tende a dare un giudizio legato a quello che sarebbe il modo in cui lui imposterebbe il testo, ma, per fortuna, non tutti gli scrittori sono uguali e, dopo aver fatto leggere varie mie cose, credo di aver trovato almeno una o due persone che sanno come indicarmi le cose che non vanno nel testo.

Come speri che possano agire i tuoi racconti sui lettori?

Non saprei, nei miei racconti provo a far riflettere i lettori. Lancio degli input, in altri presento solo delle situazioni così come immagino potrebbero davvero accadere cercando di emozionare, di far sorridere, cercando di far amare il testo, ma non so in che modo vengono recepite queste cose. Solo pochissimi mi hanno detto come hanno trovato il mio esperimento di scrittura.

Gli ebook. Quanto è cambiato il tuo modo di leggere con il libro elettronico? E la tua scrittura cambia pensando all’ebook, invece che al cartaceo?

Devo dire che ero sempre stato contrario all’ebook. Ho sempre pensato che avrei sempre letto dal cartaceo, poi due estati fa la Asus produsse il DR-900 un ebook reader di ben 10” e allora la curiosità mi invase. Appena iniziai a leggere non percepii più la differenza con il libro di carta. A letto mi risulta comodissimo. Mi metto su un lato e non devo di continuo cambiare a ogni pagina che giro. Poi l’anno scorso a Londra mi sono innamorato del Kobo Touch che solo quest’anno è arrivato in Italia grazie a Mondadori qualche giorno fa. Kobo Touch e altri modelli che si comprano direttamente in libreria e, sempre in libreria, compri anche i file. Una rivoluzione che è appena iniziata. Nessuno lo ha proposto prima di loro, ora si accettino le conseguenze, che secondo me non possono che essere buone. Anche il mio ebook si trova sulla libreria elettronica di Mondadori. Un acquisto che si fa veramente in due clic. Leggo più ebook che libri di carta, ma di recente sono più i cartacei visto che spesso gli ebook costano quanto un cartaceo e visto che hanno quel lucchetto irrispettoso chiamato Adobe DRM.

Qual è secondo te il ruolo delle reti sociali (Twitter, Facebook…)?

Con Facebook non mi trovo tanto. Fare promozione con questo social network per me risulta difficilissimo. Vedo che spesso si inseriscono link a tutto andare di frasi scritte da saggi, quasi che tutta la saggezza del mondo si trovasse concentrata su Facebook. Ognuno crea una sua vetrina in cui si specchia e s’ammira da solo. Non c’è interazione. Puoi parlare solo di certi argomenti. C’è qualcosa che non va, che mi sfugge. Tendo a usarlo pochissimo. Magari ha un potenziale, ma a me sfugge.

Twitter invece è una vera scoperta, una rivoluzione. La gente inizia a seguirti solo se veramente interessata, a parte quelle persone fastidiose che ogni venti giorni ti aggiungono, poi dopo cinque, se non li aggiungi anche tu, ti rimuovono. E vanno avanti così per mesi. Ma a parte ciò, ho conosciuto delle persone squisite che su Facebook non avrei mai potuto incontrare. C’è un’interazione continua, si discute di più e in modo più intelligente. Per un autore è importante interagire, usare twitter. A volte raccogli un lettore senza nemmeno sapere come hai fatto e la gente inizia a “retwittare” i link al tuo ebook, alla recensioni del tuo ebook. E tu sorridi, li adori. I lettori che hanno letto il mio ebook sono tutti provenienti da Twitter, nessuno da Facebook.

Adoro Twitter. Non è difficile da usare e lo scrittore potrebbe benissimamente affidarsi solo a questo.

Secondo te, cosa vuole un lettore di ebook?

Purtroppo quello che è difficilissimo offrire, cose brevi e interessanti e impaginate come si comanda. Quelli che presentano ebook mal formattati si danno la zappa sui piedi da soli.

Ma torniamo all’essenza. I testi brevi. È vero che il romanzo lungo e noioso è noioso sia in ebook che in cartaceo, ma in ebook la regola non ammette eccezioni. I testi devono essere, purtroppo, brevi. Se un ebook non piace non lo si legge. Si accede alla libreria virtuale e si passa a un altro ebook. Io per esempio, alcuni ebook li ho cancellati dai miei lettori ebook. Con il libro di carta pare brutto, ma ho imparato a buttare i libri di carta se non mi piacciono, ho imparato a non finirli. Sto diventando un lettore esigente. Molto esigente. Eppure non riesco a essere breve in certe cose che scrivo. E si può capirlo già da questa intervista, no?


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