Intervisto Maurizio Blini nella tarda mattinata di un sabato freddo e piovoso che minaccia neve. Per fortuna, il locale nel quale ci incontriamo è caldo, accogliente, e così, due bicchieri di ottimo vino rosso, qualche tartina gustosa, e soprattutto l’amichevole cordialità che da qualche anno intercorre tra noi ci aiutano a superare d’emblée l’uggia per le difficoltà atmosferiche che si profilano all’esterno.
VMB: Ciao, Maurizio. Regista, sceneggiatore, valente jazzista, docente di letteratura poliziesca… dove lo trovi il tempo per scrivere romanzi?
MB: Ciao, Enzo. La vita, e soprattutto la professione che ho esercitato per trent’anni, mi hanno abituato a fare tante cose contemporaneamente, a sviluppare e conciliare le mie passioni in maniera razionale. Non è poi così difficile, credimi.
VMB: Cerco di ricapitolare brevemente: dottore in scienze dell’investigazione e investigatore della Polizia di Stato fino a quando, nel 2009, con il grado di Commissario, non hai deciso di lasciare il servizio attivo.
MB: Vedo che sei informatissimo. Certo, molti anni trascorsi a risolvere delitti veri, talvolta efferati come quelli che descrivo nei miei libri; però… devo confessarti che la mia inclinazione giovanile era per la musica rock, un’autentica passione. Adoravo Vasco Rossi e mi misi a studiare seriamente la chitarra, poi, acquisita la qualifica di autore e compositore, cominciai a scrivere testi per canzoni. Dai testi, che comunque vivono imprigionati nelle regole della metrica, sono passato ben presto alla scrittura di racconti brevi, un esercizio che mi garantiva spazi più ampi e maggiore libertà di espressione.
VMB: Dal 2007 ad oggi, l’esordio con una raccolta di racconti e cinque romanzi, dei quali l’ultimo, “R.I.P.”, pubblicato solo qualche mese fa. Mi sembra una produzione nutrita. Come hai cominciato?
MB: Scrivendo, per l’appunto, racconti che lasciavo regolarmente nel cassetto. Poi, quasi per gioco, ho provato a partecipare a qualche concorso letterario, e devo dire che i risultati, contro qualunque mia aspettativa, sono stati sorprendenti.
VMB: Correggimi se sbaglio: nel 2006 con il racconto “Il dottor AB” hai vinto il concorso internazionale “Penna d’Autore”, dopo di che sei arrivato secondo al “Narratori in divisa”, quindi nel 2013 finalista al “Romiti” assieme a gente del calibro di De Giovanni e Riccardi. Ritieni che la tua partecipazione a questi e tanti altri concorsi letterari abbia dato una svolta alla tua carriera?
MB: Una svolta forse no, ma certamente mi hanno incentivato, fornito l’input che mi ha convinto a continuare. Devo, per inciso, ringraziare Carlo Lucarelli, che al “Narratori in divisa” del quale presiedeva la giuria, ha acceso nella mia testa la classica lampadina chiedendomi: “Ma lei, ha già pubblicato?”. Confesso che non ci avevo mai pensato; tirai fuori dal cassetto i miei migliori racconti, li raccolsi in un volume dal titolo “Giulia e altre storie”, e mi proposi alle case editrici. Da lì in poi, tutto il resto.
VMB: Come qualsiasi giornalista, sono curioso: descrivimi, per favore, il tuo “modus operandi”. Nel senso… scrivi di getto, sei, come molti di noi, soggetto a frequenti pit-stop, lasci riposare ciò che crei per riprendere dopo qualche tempo le redini del racconto? A proposito, beviamo un altro rosso?
MB: Certo (sorride compiaciuto). Ti dicevo, sono un orso pigro, scrivo solo quando ne ho voglia e quando mi sento ispirato. Navigo sempre a vista, partendo da una traccia o da un fatto di cronaca, ma senza un’idea preconcetta e senza usare mai uno schema prefissato. La ragnatela la tesso scrivendo, disegnando le storie intorno ai personaggi, cucendo loro addosso una vicenda che ancora non so come andrà a finire. Al termine di ogni romanzo, passo la palla ad un mio personalissimo e ristretto comitato di lettura per le correzioni e gli aggiustamenti del caso.
VMB: Vorrei domandarti se ti consideri un giallista, un noirista, o che cos’altro.
MB: Mi piace di più il termine “raccontatore di storie”, usato dal grande trombettista Enrico Rava. Siano esse in prosa o in musica, le storie belle scavano nell’anima, lasciano una traccia, e questo è forse il massimo che uno scrittore possa desiderare.
VMB: Conosco Rava e la sua musica da quando avevo sedici anni e non posso che condividere. Dimmi, stai scrivendo in questo periodo?
MB: Naturalmente, per me è una passione a prescindere, ma senza particolari velleità. Ti confesso che con il mio terzo romanzo, “L’uomo delle lucertole”, che aveva ottenuto soddisfacenti risultati di vendita, mi ero creato delle illusioni forse eccessive. Ora sono ritornato con i piedi saldamente piantati in terra, se il successo, quello con la S maiuscola, arriverà, ben venga, altrimenti suono la tromba e mi diverto lo stesso.
VMB: C’è una serialità, in quello che scrivi, continuerai su questa strada?
MB: Non per sempre. I miei amici Meucci e Vivaldi, pur affrontando ogni volta tematiche differenti, sono stati fino ad oggi protagonisti dei miei racconti. Il prossimo futuro prevede una storia sperimentale (non gialla) scritta assieme ad un altro autore, oltre ad un romanzo (giallissimo come i precedenti) che vede sulla scena del crimine, ancora una volta, l’ormai collaudata coppia di poliziotti torinesi.
VMB: Oggi come oggi, pochi leggono e moltissimi scrivono. Te la sentiresti di dare un consiglio ai giovani che si affacciano al mondo della letteratura, a coloro, per intenderci, che sognano di fare della scrittura una professione?
MB: Lo faccio spesso, nelle scuole. Suggerisco loro di non mollare mai i sogni, anzi, di perseguirli. I sogni sono una ricchezza, ma bisogna avvicinarsi all’universo editoriale con molta cautela, e senza farsi troppe illusioni. Le dinamiche che nel nostro paese regolano il settore editoriale sono troppo spesso contaminate dai poteri forti, nemmeno qui si sfugge alle regole inossidabili della raccomandazione, della politica, del marketing esasperato che privilegia sempre i “soliti noti” lasciando, se va bene, soltanto briciole agli esordienti ed agli emergenti, ancorché validissimi. Trovo personalmente illeggibili alcuni “grandi” pubblicati da editori primari, mentre altri, magari interessanti, vengono relegati in chissà quale scaffale perché sconosciuti.
VMB: Che ne dici, formiamo un pool “Penne pulite”?
MB: (Ride di gusto) Mi sembra un’ottima idea. Dimmi sei certo che non te la taglino, quest’intervista?
VMB: Macché… ormai mi conoscono. E poi, sono io che faccio le domande! Devo ringraziarti, e farti gli auguri per il tuo prossimo libro.
MB: Te li faccio anch’io per il tuo. Alla prossima… boccia!
Maurizio Blini e Vincenzo Maria Brizio