Intervista a Richard K. Morgan, autore di Sopravvissuti
Pubblicato da Valentina Bettio Cari lettori, noi di Diario ci impegniamo sempre a fondo per il vostro intrattenimento, per tenervi aggiornati sugli ultimi avvenimenti della sfera letteraria e condividere con voi recensioni su un’ampia tematica di libri. Magari ricorderete che il mese scorso abbiamo pubblicato la recensione di “Sopravvissuti” (qui), primo capitolo della nuova trilogia fantasy dell’autore Richard K. Morgan, già noto al pubblico italiano per la sua opera di genere cyberpunk/distopico “Altered Carbon”. Abbiamo ora in servo per voi una piccola sorpresa: un’intervista con il simpatico autore, che ha risposto puntualmente e con ironia alle nostre curiosità sul suo lavoro e sui suoi libri. Enjoy.D. Ciao Richard, sono molto felice di ospitarti nel nostro blog. Ti andrebbe di presentarti ai lettori italiani che hanno letto i tuoi libri o che lo faranno presto? R. Salve, sono Richard K. Morgan, scrittore di fantascienza (e ora di fantasy) famosissimo in tutto il mondo – Sono sicuro che avete sentito parlare di me, ma solo nel caso in cui non fosse così, sono l'autore di cinque romanzi di fantascienza: Altered Carbon, che ha vinto il premio Philip K. Dick, Broken Angels, che non ha vinto nulla (ops), Market Forces, che ha vinto il premio John W. Campbell, Woken furies, che nuovamente non ha vinto nulla (ma dai! ), Black Man, che ha vinto il premio Arthur C. Clarke, e ora due romanzi fantasy, The Steel Remains e The Cold Commands, insieme a un terzo, lThe Dark Defile, che uscirà a breve. Sono tutti fantastici, dovreste correre subito a comprarli! D. In quale momento della tua vita hai deciso di diventare scrittore? Cosa ti ha spinto a prendere questa decisione? R. Non riesco a ricordare un momento in cui io non abbia voluto diventare scrittore. È stato un sogno per me fin da quando ho capito che ci si poteva guadagnare di che vivere. Scrivo da quando avevo dieci o undici anni, forse meno.
D. Qual è il momento della giornata in cui preferisci scrivere? R. Ogni momento è buono, in realtà - a parte la mattina presto quando assomiglio più a uno zombie che a un essere umano vero e proprio, ci vogliono diverse ore e molteplici tazze di caffè forte per portarmi a velocità di scrittura. D. Dai toni cyberpunk ed in qualche modo distopici della tua saga più conosciuta, le “Takeshi Kovacs novels”, con la tua nuove serie “A land fit for heroes” ti sei avvicinato al genere fantasy: a cosa è dovuto questo cambiamento? R. Prima di tutto perché ho potuto! Ho sempre amato la vecchia scuola "spada e stregoneria", e sono cresciuto leggendo un sacco di libri di questo tipo - i romanzi di Michael Moorcock della saga Champion Eternal, The Broken Sword e The Merman's Children di Poul Anderson, un po' di Kane, un po' di Conan. Ho sempre avuto il desiderio di scrivere qualcosa di simile, e in passato ho anche scritto alcune bozze sui personaggi, e il punto è, quando hai già avuto un certo successo, è abbastanza facile convincere la gente a provare qualcosa di nuovo. Così ho mostrato le bozze al mio editore e mi ha detto, certo, perché no, e ho firmato un contratto per tre libri! Ma alla fine, si sa, non è stato un grande cambiamento - si tratta sempre di fantascienza distopica, solo ambientata questa volta in un contesto fantasy. D. I tuoi libri sono molto crudi in descrizioni e linguaggio e il tuo stile, per quanto rude, è ritmato e ben cadenzato. Un giusto equilibrio di descrizioni, azione e dialoghi riempie omogeneamente le pagine: c’è qualche autore in particolare da cui prendi ispirazione? Qualche nome più o meno noto o attuale del panorama Fantasy? R. La verità è che non ho letto molti fantasy recenti, e ora che sto scrivendo i miei, ho preso la decisione di non leggerli fino a quando avrò terminato il lavoro. Quindi non ho dimestichezza con i romanzi di di George RR Martin o di Joe Abercrombie, o di uno qualsiasi degli altri autori attualmente famosi. Penso che i fantasy più recenti di tipo epico che ho letto sono quelli di Steph Swainston (Year of Our War, No Present Like Time, The Modern World, Above the Snowline), e sicuramente un po' del crudo realismo di questi romanzi che ammiro molto può avere influenzato il mio stile mentre scrivevo The Steel Remains. Ma la mia principale fonte di ispirazione rimangono gli autori della vecchia scuola che ho citato sopra - Poul Anderson, Michael Moorcock e Karl Edward Wagner, in particolare - e ultimo ma non meno importante alcune storie della serie Viriconium di M. John Harrison.
D. L’estremo realismo e, spesso, volgarità che usi, specie in “Sopravvissuti” (“The steel remains”) sono una scelta stilistica molto forte e di carattere. Come sei arrivato alla decisione di abbandonare il linguaggio più “soft”, che caratterizza soprattutto il genere Fantasy, per dare una nota così caratteristica alla narrazione? R. Quello che ho cercato di fare in The Steel Remains e il suo sequel è quello di rendere il mondo, i suoi personaggi e le sue manifestazioni il più vividamente possibile - e a dire il vero credo questo dovrebbe essere l'obiettivo di ogni scrittore davvero decente, indipendentemente dal genere. Tendo a pensare che il linguaggio altisonante amato da tanti scrittori fantasy tradizionali stile Tolkien ostacola spesso tale vivacità - rendono la realtà goffa, finto - antica attraverso dialoghi che confondono la narrazione piuttosto che potenziarla. Io non capisco perché così tante persone ne risultino affascinate. D. Non ti preoccupa che l’eccessiva rudezza e volgarità nei toni possa essere un elemento a sfavore dei tuoi libri, che possa in qualche modo allontanare lettori meno avvezzi a tale gergo? R. Beh, questo è un rischio, certo. Ma non ci si può preoccupare troppo di cose del genere, se si vuole diventare uno scrittore serio. Ogni decisione stilistica o narrativa che si prende include il rischio di non piacere a qualcuno. Alla fine, tutto quello che puoi fare è rimanere fedele a ciò che desideri visualizzare nella pagina, e spero che ci siano abbastanza spiriti affini là fuori che vogliano acquistare i miei libri. D. Il mondo descritto in “Sopravvissuti” ricorda, nelle sue caratteristiche politiche, religiose, classiste e discriminatorie, le società ricche del XXI secolo. Quanto ti sei ispirato a fatti realmente accaduti nella storia dell’umanità per creare il tessuto socio-politico in cui si muovono Ringil e compagni? R. Sì, tutta la mia scrittura è ispirata, direttamente o indirettamente dal mondo reale. Non credo che natura umana possa mai cambiare, quindi non importa dove e quando sia ambientato un libro, alcune caratteristiche umane salienti sono sempre pronte a venire alla risaltare. Gli esseri umani costruiranno sempre gerarchie, inventando leggi per escludere e discriminare i propri simili. La religione sarà sempre un punto di riferimento per i poveri, gli ignoranti e gli svantaggiati, e come tale verrà sempre utilizzata come strumento di controllo sociale da parte dei ricchi e dei potenti. Sessismo, xenofobia e nepotismo sembrano essere geneticamente innati, e il potere corrompe inevitabilmente. In particolare, il trucco è quello di prendere in prestito l'anima di qualcosa senza copiarlo. Ad esempio, la grande guerra che è appena terminata quando The Steel Remains inizia potrebbe essere liberamente ispirata alla Seconda Guerra Mondiale - una chiamata alle armi indubbiamente necessaria contro una terribile forza distruttiva, un'unione di forze politiche in precedenza opposte per ottenere una vittoria a caro prezzo, seguita da tutti i tipi di manovre politiche dubbie e sgradevoli e brutalità amorali. Non ho cercato in alcun modo di far riferimento a questa guerra in ogni dettaglio, in modo da rendere l'analogia piuttosto vaga. E' l'essenza di come gli esseri umani si comportavano in quel momento che ho cercato di rendere, non i dettagli precisi. Allo stesso modo, ho preso in prestito un po' di storia e cultura islamica per l'Impero Yhelteth, ma Yhelteth non implica una stretta analogia con un periodo particolare di tale storia. Sono interessato a esaminare, in generale, come uno stato imperialista basato su una forte convinzione religiosa debba funzionare. Per i Majak, ho preso in prestito dalla cultura sia vichinga che mongola, ma fa riferimento a un popolo in particolare. E in The Cold Commands, quello che accade a Demlarashan è ispirato dai recenti avvenimenti in Afghanistan, ma anche dalle esperienze sia dell'Impero britannico che dell'Unione Sovietica nello stesso Paese. L'obiettivo è quello di dare al lettore un senso di familiarità, di relazione con il mondo che conoscono, senza fare pesanti confronti con l'attualità. Sperando che tale vago senso di relazione contribuisca a rendere convincente la finzione.
D. Ringil è un eroe/anti-eroe, una figura sfaccettata e complessa che riveste un ruolo da protagonista, con tutte le cicatrici del passato ma, soprattutto, i modi da “teppista” che ancora si porta dietro, quasi più vicino ad un’icona rock attuale che ad un eroe Fantasy. Qualche personalità in particolare ti ha influenzato mentre tratteggiavi il suo personaggio? R. Penso che Ringil in qualche modo riassuma un po' tutti i miei eroi preferiti delle storie di spada e stregoneria - Kane, Elric, Hawkmoon, Skafloc e così via. Anche alcuni di Steph Swainston della serie Jant Shira Comet e Galen Hornwrack di M John Harrison, soprattutto in rifermento alla fine triste e predestinata del personaggio. Alcuni elementi del mio Takeshi Kovacs in qualche modo è presente, suppongo. Il personaggio del titolo è ispirato alla canzone Rod Stewart The Killing of Georgie! Forse - questa mi è appena venuta in mente - anche un po' di Lucifero, come immaginato da Neil Gaiman e Mike Carey. La verità è che, in fin dei conti, senza saperlo, tutto quello che si legge influenza il proprio stile - ma uno se ne accorge solo dopo. Come vedi, le sto ancora notando ancora adesso! D. L’omosessualità è una realtà importante di “Sopravvissuti” e ben due dei personaggi principali, Ringil ed Archet, non fanno grande segreto del proprio orientamento sessuale. R. Sì. D. Ringil, in particolare, è stato ripudiato dal padre a causa della propria omosessualità e nemmeno la fama di eroe conquistata sui campi di battaglia è sufficiente a riabilitare la sua figura agli occhi della società. Per quanto più o meno apertamente dichiarata in altri titoli del genere, forse questo è tra i primi caso in cui due personaggi così importanti nella trama sono omosessuali. Questa presa di posizione vuole essere in qualche modo un messaggio? R. Beh, credo certamente ci sia un messaggio di fondo riguardo l'omofobia e la tolleranza, ma solo nel senso che i miei sentimenti in materia sono venuti alla luce mentre scrivevo. Ma non avevo intenzione di fare qualsiasi tipo di dichiarazione importante - sia l'omosessualità di Ringil sia di Archeth è uscita fuori senza intenzione quando ho scritto le bozze dei personaggi originali, ero alla ricerca di qualcosa che potesse dare maggiormente l'idea di un ex-eroe emarginato, e, ovviamente, l'omosessualità tocca una corda piuttosto risonante per quanto riguarda l'emarginazione sociale D. Hai in mente una colonna sonora per “Sopravvissuti?” R. Sì, certo. Black Rebel Motorcycle Club, The Black Angels, il primo David Gray, Tom McRae, The Kills, The Sisters of Mercy, Richard Thompson, Two Gallants, Tom Waits, e The Bad Seeds ...... tutta roba allegra! D. Oltre ad “A land fit for heroes” stai lavorando ad altri progetti in questo periodo? R. Sto svolgendo anche un lavoro per il settore dei videogiochi, ma non sono attualmente liberi di parlarne. E ho una o due idee per una serie di fumetti e un romanzo poliziesco noir, ma si tratta di progetti non prioritari fino a quando avrò terminato The Dark Defiles D. Grazie infinite, è stato un vero piacere averti come ospite. Vuoi aggiungere qualcosa prima di salutarci? R. È stato un piacere rispondere a questa intervista.