La redazione de “Lo Stivale Pensante” è andata ad intervista Alessandro Cartisano, un giovane ventitreenne che ha scritto un libro, “Per chi sa sognare”. Il libro racconta, tramite aforismi, pensieri e poesie un mondo, la vita di Alessandro: nonostante la giovane età ha una visione della vita “differente” da una buona parte dei giovani di questa generazione. Volontariato, fede, pensare al prossimo, aiutare i bisognosi e una voglia particolare di regalare “l’arcobaleno a tutti coloro i quali non possiedeno i colori”.
L’autore del libro “Per chi sa sognare”, Alessandro Cartisano
Come mai hai scelto di raccogliere tuoi pensieri e poesie nel libro “Per chi sa sognare”?
I pensieri ho iniziato a scriverli in un semplice quaderno. Dopo qualche anno, avendone raccolti un bel po’, ho pensato potessero essere un piccolo segno per qualcuno, potessero dare fiducia e speranza ad ogni ostacolo e così ho deciso di pubblicarle.
A chi è rivolto il libro? In che modo hai trovato l’editore?
Il libro è rivolto a tutti: giovani e meno giovani, a chi non ha speranza affinché possa ritrovarla ma anche a chi ce l’ha affinché possa rafforzarla. E’ per tutti, perché in fondo da ogni cosa, anche dalla più piccola, abbiamo tutti da imparare. Ma vuole essere soprattutto una motivazione, una marcia in più per i giovani perché noi siamo il presente del mondo che costruisce la strada per le generazioni future; quello che seminiamo oggi, noi, nel mondo, lo raccoglierà chi verrà dopo di noi. L’editore mi ha visto crescere, in quanto con i figli abbiamo condiviso un pezzo di strada della nostra vita, insieme. E’ stato lui a convincermi a pubblicarlo, togliendo ogni mia paura. Vorrei ringraziarlo anche qui.
Cosa ti ha portato a scrivere queste poesie?
Non c’è un motivo ben preciso. C’è una storia, la mia storia. Queste riflessioni raccontano il mio percorso di vita, una strada in salita, dalla fanciullezza alla maggiore età, un percorso difficile ma con la bussola orientata sempre verso la felicità…e una bussola orientata verso la felicità ti fa superare ogni ostacolo. Trovi la speranza nel “…buttare il cappello oltre la siepe e avere il coraggio di andare a prenderlo”.
Le poesie hanno al loro interno sentimenti contrastanti: amore, speranza, nostalgia, dolore e rabbia. A quale di queste emozioni sei legato maggiormente e perché?
Sono legato a tutti questi sentimenti, perché a 23 anni ho avuto la fortuna di viverli tutti e so quanto sono importanti. Mancasse solo un’emozione tra tutti questi, gli altri sentimenti assumerebbero un gusto diverso, forse meno ricco.
L’elemento della vita e della fede è molto radicato nei tuoi scritti. Quanto incide questo nella vita quotidiana di un ragazzo di soli 23 anni questa scelta?
Andando per le scuole a dare la mia testimonianza e frequentando molti gruppi e associazioni, mi rendo conto che oggi è difficile trovare una propria identità, e quindi credere fortemente in qualcosa. L’essenza della vita e della Fede in me sono fortemente radicati. E’ stato un continuo crescere e maturare queste scelte e oggi sono diventati due pilastri. Nella mia vita quotidiana incidono, perché qualsiasi cosa faccio con semplicità li vedo davanti a me, e quando ti trovi due pilastri ben saldi davanti, allora anche la cosa più difficile diventa la più facile da affrontare. La cosa un po’ strana è che, chi mi conosce (amici), e chi mi ascolta (scuole e associazioni) pensano che queste due essenze non possono mai diventare essenze e pilastri della loro vita. Pensa che pregare, ad esempio, mi viene spontaneo, mi capita in macchina mentre guido, a lavoro mentre faccio la doccia ad una persona disagiata e la cosa mi rende ancora più felice.
La copertina di “Per chi sa Sognare”, libro di Alessandro Cartisano edito da Equilibri
Nella conclusione del tuo scritto parli anche rivolgendoti direttamente ai giovani: “Non lasciamoci trascinare dai pregiudizi, non lasciamoci angosciare dalla moda, non facciamoci ingannare dalla falsità, dall’apparenza…” In un mondo come quello attuale, dove l’apparire sotto qualsiasi aspetto sembra essere più importante dell’essere stesso, non ti sembra un compito, quello che consigli, troppo “gravoso” per i giovani?
Abbastanza gravoso. Direi difficile da attuare. Immagina che ci sia una parte di mondo già omologato, quello della moda, dello sballo e del godersi la vita (ndr nei casi estremi), e l’altra parte di mondo dove ci si impegna per il bene comune, si aiuta il prossimo e si dedica il proprio tempo e quindi la propria vita ai più bisognosi. Ecco, chi non ha ancora trovato una propria identità si trova a scegliere e la prima scelta, appunto, è quella più emotiva, sentimentale e quindi quella del bene comune, di impegnarsi. Questo tipo di vita non è facile, perché si vivono esperienze forti, dolorose e per questo belle, piene di gioia e d’amore. Poi ci si affaccia al mondo omologato perché in percentuale è superiore rispetto all’altra parte, e spesso questo tipo di mondo prende il sopravvento sull’altro. E il ragazzo/a cambia stile di vita, provando nuove esperienze, andando alla ricerca di nuovi amici, si cambia look, nuovi vestiti..tutto rinnovato, per sentirsi ancora più apprezzato dalla massa, dall’omologazione, altrimenti si rischia di non essere accettati, si spazza via quello che sono stato credendo di trovare di meglio, proprio perché è alla ricerca della propria identità. Molti, facendo entrambi le esperienze, e quindi perdendo del tempo prezioso, comprendono dove sta il valore della vita e soltanto allora si trova la propria identità. Solo allora si comprendono gli sbagli, le scelte, il valore delle persone e il valore della vita. Conosco tanti giovani, alcuni dei quali molto vicini a me, che erano nel mondo di chi si impegna e sono o stanno entrando nel mondo omologato, conosco altri che hanno deciso di tornare ad impegnarsi perché hanno capito che l’omologazione, la moda e lo sballo lasciano il vuoto a lungo andare, mentre le persone, le storie e i volti di chi è emarginato lasciano molto, tanta ricchezza. E altri che continuano con l’idea del “godiamoci la vita” senza impegni e quindi continuare ad omologarsi. E’ diventato uno slogan tra i giovani. Anche chi aiuta il prossimo si gode la vita, anzi il doppio. Perché ad essere felici si è in due.
Da sempre ti sei impegnato ad aiutare i più bisognosi credendo nella solidarietà, fratellanza, pace, amore e famiglia. Inoltre, le poesie dimostrano un gran senso di “razionalità”. Nella tua vita, però, ci sono stati momenti di sconforto o di rabbia? In che occasioni?
Sì nella mia vita ci sono stati molti momenti difficili. Basti pensare che quando ero bambino, la mia famiglia era molto povera, non avendo neanche da mangiare. Quando per ben otto anni sono stato in una casa famiglia, a causa di questo problema, e quindi non vivevo con i miei genitori. Ecco, queste sono esperienze forti, che come dico nelle scuole, non bisogna vergognarsi di raccontarle, perché se oggi sono io con i miei pregi e i miei difetti è grazie a quelle esperienze, grazie a come ho superato quei tunnel che sembravano interminabili. Oggi lavoro, studio e mi restano poche materie per la laurea, sono impegnato nel sociale, in parrocchia, nelle associazioni questo sono io oggi, grazie a chi ero ieri. Ognuno deve apprezzare e non vergognarsi di ciò che è stato perché oggi e così com’è grazie a quello che ha vissuto.
Una parte dei proventi di quello che guadagnerai hai dichiarato che lo devolverai in beneficenza. A chi verrà destinato?
Ancora non ho deciso ma dal momento che deciderò organizzerò un evento particolare. Ho già qualcosa in mente. Sto aspettando soltanto che terminino le copie dell’ultima stampa.
Sulla quarta di copertina hai scritto anche che ti farebbe piacere aprire un dialogo con chiunque volesse approfondire riflessioni e voglia condividerle. Ti è capitato di ricevere qualche mail di persone in cerca di un confronto? Se sì, di cosa avete parlato?
Via mail non ho mai ricevuto nulla. Sono stato contattato, soprattutto da molti ragazzi delle scuole, dopo aver fatto la testimonianza, su facebook, mezzo di comunicazione più utilizzato tra i giovani. Ho ricevuto richieste di aiuto, di persone smarrite con molte difficoltà che le nascondono col bere, col fumare, col cercare di cambiare sempre il vestiario, il look, facendosi tatuaggi e così via. Ragazzi/e che hanno bisogno di essere ascoltati, ragazzi che non hanno punti di riferimento perché si sentono fragili. Quasi tutti hanno difficoltà a dialogare perché non sanno a chi raccontare le proprie paure e i propri sogni. Nel mio piccolo cerco di dare loro una prospettiva diversa, di far guardare il mondo da un’altra angolazione. Con umiltà cerco di far assaporare il senso della vita tramite la mia esperienza. Cerco di dare il massimo di me stesso in quel dialogo di ore e ore, non so se sono la persona giusta e adatta ma quantomeno ci provo visto che mi viene chiesto. Molti mi chiedono di entrare nei gruppi di volontariato e quindi cercano di aprire gli occhi, altri prendono tempo e seguono la loro strada ma nella profondità dei loro occhi è ben radicata la sofferenza. La nota positiva è che sono loro a cercarmi, e semplicemente e col cuore meno dedico loro del tempo davanti ad un caffè.