Anita Napolitano
Il mio sguardo oggi si sofferma su Roma, la città eterna che ha dato tanti natali a scrittori e artisti. Una valida rappresentante, un’artista a tutto tondo è Anita Napolitano, poetessa e scrittrice di teatro che nel corso della sua carriera ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti per il suo modo di scrivere diretto e ironico, sensibile e vero. A pochi giorni dal suo debutto teatrale con “Il sano delirio di Don Chisciotte della Mancia”, conosciamo questa personalità aperta ed effervescente.
1) Come descriveresti Anita Napolitano a un lettore che per la prima volta viene in contatto con te attraverso la lettura di questa intervista?
Innanzitutto volevo ringraziare te per avermi dato questa bella opportunità e tutti quei lettori che spinti dalla curiosità avranno voglia di conoscermi attraverso la tua l’intervista.
Inizio con il dirti che il rispetto e l’amore per il teatro, per la letteratura, per le arti sorelle mi ha accompagnata da sempre. Il fuoco sacro dell’arte mi ha investito al punto di legarmi visceralmente a tutte le sue forme di espressione. Il sapere eleva lo spirito diceva mio padre, un uomo non è completo se non continua nei cicli della sua vita a imparare. La cultura ingentilisce gli animi, avvicina al sociale, all’altro da noi. Sulle basi di questi insegnamenti, si è formato il mio carattere artistico e tutto è partito da lì. Mi definisci nella tua intervista aperta ed effervescente, a questi due termini che mi calzano a pennello, se me lo permetti oserei aggiungere il termine passionale, che mi completa e mi contraddistingue. Adoro la vita, le sue profonde e profumate radici, il marcire della muffa, lo germogliare delle gemme, il sole accecante, il grigiore delle giornate, la pioggia che fradicia i capelli e istintivamente, in quanto è nella mia natura cerco sempre con la mia lampada a olio, in segreto e in ieratico silenzio di trarre il meglio anche dalle esperienze più dolorose. Attentamente guardo e scruto la doppia faccia della stessa medaglia, Apollo e Dioniso mi appartengono, vivono ogni giorno in me e con tutte le forze cerco di mutare il malevolo, quel tempo che appartiene a tutti e non perdona. Amo mettermi in discussione e accetto con serenità dardi e pietre, le pietre fortificano. Anche se poi quando fioccano complimenti per qualche lavoro artistico che ho portato a termine con sacrificio e dedizione “sto con il cuore nello zucchero” uso questa espressione per rendere l’idea senza dilungarmi.
2) E dal punto di vista artistico, Anita chi è?
Per parlare del mio percorso artistico invece, dato che non mi prendo mai troppo sul serio prenderò le dovute distanze dall’Anita aperta ed effervescente, ed è per tale motivo che parlerò di me in terza persona.
Anita Napolitano è nata a Roma, città dove vive e lavora . Si è laureta alla Sapienza in Arti e Scienze dello Spettacolo e sempre alla Sapienza ha conseguito la laurea magistralis in Saperi e Tecniche dello Spettacolo Cinematografico Teatrale e Digitale. Nell’ambito universitario per via dei laboratori frequentati, ha partecipato come attrice e drammaturga alla realizzazione di diversi spettacoli. Non si definisce uno scrittrice affermata e ritiene che la sua scrittura poetica performativa e narrativa è in progress, per tale motivo continua a frequentare il laboratorio di scrittura poetica “Per incantamento” a cura del poeta, critico d’ arte e di letteratura, Plinio Perilli.
3) “Il sano delirio di Don Chisciotte della Mancia”, già dal titolo si evince la contraddittorietà delle situazioni nelle quali si trovano a operare i protagonisti. La tua fervida immaginazione ha portato alla scrittura, nonché alla messa in scena di un’opera di un livello straordinario per lessico e immagini, per implicazioni sociali che non lasciano indifferenti. Com’è nata quest’opera e cosa ti ha affascinato di tutto ciò?
A dire il vero questa figura attuale e incontentenibile del Don Chisciotte, l’hidalgo caballero e il suo mondo visionario, mi ha da sempre affascinata. Sancio, Ronzinante, Dulcinea Del Toboso, Amleto, per cui Shakespeare, Cervantes e altri grandi della Letteratura, appartengono a me, a tutti noi. Sono stati i miei compagni di avventura e di sventura, sono quelli che mi hanno consolato e sconsolato. Sono quelli che nell’arco della mia esistenza non mi hanno mai voltato le spalle, perché la letteratura ti costruisce, ti arricchisce, ti forgia, non ti volta mai le spalle. Ho potuto sempre contare su di loro, infatti, ti voglio fare una piccola confidenza: i personaggi bizzarri del Don Chisciotte è proprio dentro di me che prendono vita, all’interno del mio doppio. Allo stesso tempo io, è da sempre che attingo alla loro sorgente e l’acqua è sempre limpida e fresca. I classici non tramontano mai, sono sempre attuali e il loro insegnamento è in fieri: anche quando li hai letti e riletti continuano a stupirti, in quanto hanno sempre tante e tante cose da insegnare. La nascita del soggetto teatrale è successiva e risale ai tempi della frequentazione universitaria. Come ti ho accennato prima, ho avuto modo di frequentare vari laboratori teatrali tra cui il laboratorio di teatro e Psichiatria. Il teatro come terapia, il teatro come tecnologia del sé, – rammento i tempi dell’università, e quell’ormai mitico laboratorio di teatro e psichiatria condotto dal prof. Michele Cavallo, regista-trainer di veri e propri setting metodici… – il teatro come luogo in cui era possibile dare un senso a un disagio o a una sofferenza esistenziale, in quanto la scena offriva la possibilità di rinascita “altra”. In quell’ ambito, in collaborazione con la Sapienza e l’Associzione Orma Fluens, ho interagito con ragazzi del centro diurno Villa Lais, del dipartimento di salute mentale della ASL RMG. L’obiettivo comune era quello di mettere in scena classici rivisitati sul tema della follia, affinché ogni partecipante al di là del disturbo potesse, interpretando un ruolo, dare libero sfogo al proprio disagio».
4) La cadenza della tua scrittura è ritmica. Quanto è importante il ritmo da imporre alle scene per catturare l’attenzione del publlico che assiste? In questo ti ha aiutato scrivere poesie?
Il ritmo è fondamentale per catturare l’attenzione del pubblico, il drammaturgo ha proprio questo compito cadenzare in maniera ritmica la scrittura, in particolar modo se si trattano i classici. Il ritmo sta alla scrittura come la musicalità sta alla poesia. Per darti altre spiegazioni uso le parole del mio maestro “nel testo è giocato tutto sul linguaggio, sull’accelerazione sarcastica, sull’approssimazione per eccesso, insomma sulla sublime, miracolosa fanfaronaggine araldico-concettuale – però la posta in gioco, diventa molto ma molto più alta. Don Chisciotti, insomma, siamo tutti noi – disperati d’idealismo, visionari e sognatori un po’ per celia un po’ per non morire: ed al contempo siamo anche dei Sancio Pancia pragmatici, pavidi, cauti d’ogni realtà, timorosi dei nostri stessi sogni, neghittosi e incerti nella nostra medesima voglia o accensione d’amore”.
5) La tua è una scrittura ironica ed evocativa che mette in ulteriore evidenza i disagi che sussistono nella società attuale, il “mal di vivere” che poi si è riscontrato in tutte le epoche sebbene la manifestazione sia stata diversa. C’è speranza per le persone che ne soffrono negli scritti di Anita Napolitano?
Che bella che sei quando dici queste cose, hai capito qual è la mia mira. Mi chiedi se c’è speranza per le persone che soffrono.: sì, Elisabetta, c’è speranza, mettere in scena questo testo ha l’obiettivo principale di scuotere, sensibilizzare le persone. Dar voce al disagio all’altro da sé è doveroso affinché la vita di ogni singola persona possa migliorare qualitativamente tutti noi abbiamo il compito di salvare, di salvarci. Questa è la mia prima meta.
«Il miracolo ti confesso ancora e la mia formula espressiva ci riguarda all’unisono avveniva sul palcoscenico; infatti quando ci radunavamo in cerchio non trasparivano affatto i disturbi della personalità: eravamo tutti indistintamente uguali. Dalle improvvisazioni (ovviamente ognuno di noi conosceva il testo), come capitava in passato per la commedia dell’arte, nacquero i dialoghi: solo successivamente ho dato libero sfogo alla vena sarcastica che mi contraddistingue».
6) Ho avuto l’onore di assistere all’anteprima del tuo spettacolo all’Isola Tiberina quest’estate e devo dire che gli attori sono stati davvero straordinari. Com’è nata la vostra collaborazione?
Dici bene sono stati straordinari. Mi sono arrivate e-mail di elogi da ogni dove. E’ stato Donatello del Latte che conosco da circa 15 anni a farmi conoscere gli altri attori. Donatello si cimenterà per la prima volta nel ruolo di regista. Di lui mi è sempre piaciuta la sua voglia di fare, la sua determinazione, il suo modo di porsi, di lavorare, il suo gusto. Pensa, già da bambino sapeva di diventare un bravo attore e quando gli ho parlato del mio progetto tra noi è nata subito l’alchimia.
7) La prima teatrale ci sarà tra pochi giorni. Raccontaci un po’ come stai vivendo il prima e se ci sono degli aneddoti che vuoi far conoscere al pubblico.
Sì, effettivamente all’Isola Tiberina, anche se il tempo ci ha penalizzato è stato un successone. Perdonami adesso sta fuoriuscendo la parte narcisa di me. Io del mio spettacolo ne vado fiera e vado fiera di tutto il cast, la mia fortuna è stata quella di collaborare con dei professionisti, alcuni di loro si sono laureati all’Accademia Europea di Arte Drammatica, giovani seri e preparati che stanno dando la loro anima per la realizzazione dello spettacolo, lavorano ininterrottamente mattina e sera nonostante gli impegni dell’uno e degli altri. Elisabetta, che ti devo dire sono i miei fiori all’occhiello.
Mi chiedi come sto vivendo prima del debutto e io ti rispondo che sto aspettando lo spettacolo come la nascita di un figlio e quindi con entusiasmo e con un po’ di paura. Il mio carattere esplosivo e rivoluzionario sta contaminando il mondo che mi circonda e io sono felice perché mi sento nel mio piccolo al centro del globo. L’unico mio rammarico è che il mio caro papà non può partecipare a questa mia grande gioia, ma vedere la sua sedia a rotelle sul palcoscenico mi darà una forte emozione e mi farà sentire ancora di più la sua presenza. Scusami, Elisabetta ma questa cosa la devo dire: “papà mio ti amo”.
8) Il monologo “Beatrice Cenci la notte prima di essere decapitata”, rappresentata nella prestigiosa cornice di Castel Sant’Angelo, ora “Il sano delirio di Don Chischotte della Mancia”. Quali sono i progetti futuri di Anita Napolitano? Continuerà a scrivere poesie o si dedicherà solo al teatro?
I progetti fuori dal cassetto sono tanti e sono lì tutti sul mio comodino disordinato e impolverato, sono in gestazione. Lo sai meglio di me Elisabetta perché anche tu sei una scrittrice di talento e sai quanto è estasiante scrivere e quanto è faticoso allo stesso tempo, e quante notti insonni si passano a riempire le pagine profumate di un libro. Il lettore è intelligente e capisce quando menti, ama il viaggio, la visione, l’immaginario, ma quello che preferisce è la verità e a me piace essere onesta. Per scrivere un testo ci vogliono anni interi, sudori ricerche su campo, informazioni, documenti. Ad esempio per scrivere il monologo “Il labirinto del male Beatrice Cenci la notte prima di essere decapitata” ho visitato tutti luoghi in cui è vissuta, due anni fa sono andata a Petrella Salto in territorio abruzzese a visitare la rocca in cui Beatrice Cenci è stata segregata.
La poesia è strettamente legata al teatro pertanto continuerò a scrivere poesie. Due giorni fa sono andata al CENTRO EBRAICO PITIGLIANI dove è stata presentata l’ Antologia poetica sulla Memoria a cura di Francesca Farina e Roberto Piperno in cui c’è anche il mio contributo poetico. Attualmente sto lavorando alla stesura di un romanzetto “Ferragosto in casa Coviello” e il mio prossimo lavoro teatrale sarà sulla Cianciulli più comunemente detta “La saponificatrice di Correggio”.
Grazie infinite Elisabetta è stata una bella esperienza.
Elisabetta Bagli