L’Ambasciatore Terzi è da sempre noto come uno dei maggiori esperti di tematiche internazionali e, particolarmente, della questione iraniana. Per questo, quando parla della posizione italiana sul negoziato tra Iran e P 5+1, l’Ambasciatore va dritto al nocciolo del problema: “sull’accordo nucleare con l’Iran, Pistelli, Gentiloni e Renzi formano un ‘trio d’illusionisti’”. Per l’ex Ministro degli Esteri italiano, infatti, l’accordo che sta prendendo forma è influenzato dalla volontà di giungere, anche a costo di assumere dei rischi ulteriori sul piano della sicurezza, a un’intesa che consenta la piena riapertura del mercato iraniano.
- Ambasciatore Buongiorno, con la chiarezza che La distingue da sempre, ci può dire cosa non va nell’accordo nucleare con l’Iran che sta prendendo forma dopo la Dichiarazione di Losanna?
Guardi, le riassumo i punti salienti in breve sintesi:
1) le sanzioni occidentali sono state misure risolutive per riportare il Paese al tavolo del negoziato. Dalle dichiarazioni rilasciate dai vertici iraniani, circa l’interpretazione dell’accordo di Losanna, sembra che l’intesa finale venga condizionata alla rimozione contestuale e completa di tutte le sanzioni. Il che vuol dire, data l’impossibilità di immaginare il reintegro di misure sanzionatorie nel caso in cui l’Iran violasse l’accordo nucleare, che ci si priverebbe dell’unica leva per continuare ad influire su una piena “compliance”. Non è un caso che l’interpretazione data dal gruppo dei 5+1 all’intesa di Losanna sia quella di una rimozione delle sanzioni progressiva, diluita nel tempo e strettamente condizionata.
2) da molte parti si rileva che l’accordo è reversibile in qualsiasi momento da parte Iraniana, come d’altra parte si evince dalle stesse dichiarazioni di esponenti governativi a Teheran. Il che, fra l’altro, deriva anche dalla possibilità riconosciuta a Losanna di mantenere tutte le infrastrutture nucleari di cui attualmente il Paese dispone, incluse le centrifughe. Vi sono inoltre notizie recentissime, di fonte Aiea, sulle perduranti attività di arricchimento dell’uranio, ben al di là degli stock previsti dalle intese quadro, che renderebbero ancor più complicata la “messa in sicurezza” delle tonnellate di materiale fissile già esistente e rapidamente convertibile in un certo numero di ordigni nucleari.
3) Vi sono poi altri aspetti preoccupanti. Essi riguardano l’elevato numero di centrifughe di cui il Paese continuerebbe a disporre, quasi doppio a quel tetto di seimila che gli esperti occidentali giudicavano sino a poco tempo fa una soglia critica. Si tratta di centrifughe che potrebbero essere sostituite da altre di ultima generazione, diversamente dalle assicurazioni fornite dai negoziatori alle proprie opinioni pubbliche e Parlamenti. Vi è infine l’incognita delle ispezioni. Secondo quanto assicurano anche esponenti del nostro Governo, gli iraniani non porrebbero alcuna restrizione. Dichiarazioni recenti delle Autorità iraniane, e persino del Presidente Rouhani, escludono nel modo più tassativo che le ispezioni possono riguardare siti militari, essendo ovviamente responsabilità interamente iraniana decidere quali siti sono militari e quali no;
4) la durata dell’accordo non potrà in ogni caso superare i cinque anni, anziché coprire i 10/15 anni come dichiarato dai negoziatori.
- Eppure Ambasciatore, nonostante questi (fondamentali) punti critici, la diplomazia italiana sembra esaltata dal possibile prossimo accordo con l’Iran. Tra Roma e Teheran ormai è un viavai di delegazioni politiche ed economiche…
Purtroppo si, mentre in una situazione così delicata sarebbe d’obbligo la prudenza proprio per evitare passi falsi, sottovalutando un “rischio Paese” che potrebbe diventare molto oneroso per i nostri imprenditori. La complessità e le incognite dell’accordo di Losanna dovrebbero consigliare estrema cautela, anziché favorire la diffusione di premature certezze, dopo i continui viaggi di nostri esponenti di Governo in Iran
- E intanto il radicalismo islamico aumenta…e non solo in campo sunnita….
Purtroppo dobbiamo continuare a fare i conti con una doppia matrice di fondamentalismo islamico: una sunnita, con Isis, Al Qaeda, Hamas, Boko Aram e altre formazioni che radicalizzano lo scontro anche in Europa e in Italia, e l’altra quella sciita, con organizzazioni e milizie come Hezbollah, Badr, i collegamenti con gli Houti yemeniti e le milizie sciite irachene, i centri culturali e le associazioni sostenute finanziariamente in Europa – anche in Italia – da entità iraniane, attive nella radicalizzazione delle comunità islamiche.
- Come valuta la situazione dei diritti umani più in particolare il recente arresto di Narges Mohammadi?
Mi capita talvolta di sentire da personalità politiche che insistono per ogni possibile riavvicinamento all’Iran l’affermazione che non si dovrebbe per parte nostra dar troppo peso alla situazione dei diritti umani in tale Paese dato che vi sono altri Paesi alleati dell’Occidente nei quali, ad esempio, i diritti della donna sono gravemente violati, la tortura e la pena di morte praticata, la liberta di religione repressa. Tutto ciò è vero. Ma trovo politicamente e moralmente riprovevole giustificare con la diffusione di comportamenti inumani, banditi da decenni dal diritto internazionale, lesivi della dignità e delle libertà fondamentali dell’individuo, il silenzio assoluto che domina, su questi temi, in molti incontri bilaterali e multilaterali.
La situazione dei diritti umani in Iran è stata stigmatizzata ripetutamente dallo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite. Si tratta del Paese con il più alto numero di esecuzioni capitali al mondo in rapporto alla popolazione. Intimidazioni, arresti, torture di esponenti della dissidenza sono numerosissimi. La componente giovane della popolazione è sempre più insofferente al regime teocratico, e non lo nasconde pur con i gravi rischi che ciò comporta. Ne sono prova le recenti manifestazioni del mondo studentesco. L’arresto ad inizio maggio di Narges Mohammadi dimostra l’insicurezza crescente avvertita perlomeno da alcune componenti del Regime iraniano. E’ certamente preoccupante che sia stata arrestata una persona così vicina al Premio Nobel Shirin Ebadi, che ha dovuto persino trasferirsi a Londra a causa del clima di minacce alla sua persona. In passato casi di questo genere erano stati oggetto di interventi sostenuti e pressanti da parte dell’Europa e dell’Italia. Sarebbe una grave involuzione della politica estera europea ed italiana, da molti anni imperniata sulla promozione dei diritti umani, se l’urgenza di definire l’intesa nucleare all’insegna delle “opportunità di mercato”, consigliasse il silenzio su un caso così grave di intimidazione di un “human right defender”.