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Intervista di alessandro bagnato alla scrittrice adriana pedicini
Creato il 19 aprile 2012 da Ale27 @alessandrobagn11. Ciao Adriana e benvenuta nel mio blog, vuoi presentarti ai miei lettori? Sì, certo, salve a tutti; sono Adriana Pedicini, docente in pensione e nonna felicissima di 5 pargoletti. 2. Tu Adriana, sei un’insegnante di “lettere classiche” nei licei. Ci diresti dove insegni? Ci parleresti dal lato della tua esperienza di questo ambito professionale? Cosa bisogna fare ad oggi in Italia per accedere all’insegnamento in scuole pubbliche o private? Sì, dici bene, sono un’insegnante, nel senso che questa vocazione non cessa con la quiescenza, ma sono lontana dalla scuola pubblica, la mia Scuola, il Liceo –Ginnasio Pietro Giannone, da tre anni; qui ho vissuto quasi tutta la mia vita, da quando varcai la soglia del prestigioso Istituto negli anni ginnasiali ….fino al momento del pensionamento, esclusi gli anni universitari e un paio d’anni d’insegnamento svolti altrove. La mia esperienza è stata molto positiva, gratificante per gli studenti e per me, e costruita , nelle relazioni con gli alunni, sul rispetto, l’impegno, l’autorevolezza dell’esempio e sul grande amore per le civiltà classiche. Devo dire che mi sono laureata, nel ’70 (in tre anni e una sessione con ottimi Maestri della Federico II di Napoli, quali Salvatore Battaglia, Francesco Sbordone, Achille Adriani, Marcello Gigante ed altri) alla fine di un’epoca che ha visto le occupazioni studentesche, guerriglie cittadine, ma che ha offerto alla mia generazione ampi spazi per introdursi subito nel mondo del lavoro. Troppo lungo sarebbe ora dibattere i problemi che attanagliano la scuola in Italia oggi. Un po’ sono il riflesso degli stessi problemi in altri ambiti professionali dove c’è in surplus di domanda, a seguito anche dell’eccessivo numero di laureati, dopo che lo studio è stato sempre più dequalificato; si badi bene, non sono contro l’istruzione per tutti, ma a favore di una selezione naturale, attraverso un percorso scolastico più serio dall’inizio alla fine, delle capacità e della volontà, non delle possibilità economiche. E questo percorso basato sulla meritocrazia dovrebbero pretenderlo soprattutto coloro che non vantano aiuto o raccomandazioni di sorta. Sicuramente dei punti deboli o delle eccezioni ci saranno sempre, come in ogni attività umana.
3. Ora una domanda sorge pressoché spontanea, ma dove ti sei laureata? Perché scegliesti questo profilo professionale? I tuoi studi cosa hanno riservato in te? Come già detto alla Federico II di Napoli, Università che ha fornito solida preparazione in tutte le facoltà attive in essa. La mia scelta fu dettata dall’interesse e dall’amore per l’ambito umanistico e in particolare letterario classico da una parte, dall’altra da una sorta di attitudine alla formazione altrui basata anche su empatia e facilità di comunicazione. I miei studi mi hanno formato come Persona e hanno inciso in me altissimi valori, quali filantropia, libertà, onestà intellettuale ecc.
4. Ogni giorno, le discipline inerenti alle scienze umane, e soprattutto nel mondo universitario, vengono derise. Secondo te perché accade questo? Come ti spieghi che i giovani studiano solo campi scientifici, nella maggior parte di essi, come: medicina; ingegneria, economia, giurisprudenza; e pochi studiano le discipline delle scienze umane. Se ricordiamo bene c’è stato sempre un certo dissidio tra campo scientifico e campo umanistico. Non così nell’antichità dove i filosofi erano anche medici ecc. Sicuramente ciò è frutto di ignoranza; la logica, ad esempio, del pensiero retto è un riflesso della logica matematica. Non avremmo avuto un Aristotele, se le due cose fossero in opposizione. Ripeto è frutto di ignoranza tale distinzione. Credo che la scelta da parte dei giovani di facoltà ad indirizzo scientifico sia dettata dall’illusione di trovare più facilmente lavoro con lauti guadagni. Cosa che non corrisponde più tanto al vero; ne sono prova i laureati in medicina che a frotte fanno la fila per un posto di lavoro, così come gli avvocati stentano a trovare la giusta collocazione. In compenso chi sceglie facoltà umanistiche, pur sapendo che vi è poco da guadagnare e molto da aspettare, è animato dalla passione e dal piacere di svolgere una certa professione, primo elemento perché il lavoro non sia sentito come una condanna o un peso intollerabile.
5. Dopo aver parlato di questo, vorrei parlare con te del tuo ampio “Background”. Infatti sei presente con poesie e racconti su varie Antologie sia in cartaceo che on line. Attualmente collabori anche con diversi blog o magazine: Sul Romanzo, Arteinsieme, Lib(e)ro libro, RomaCapitaleMagazine ed altri. Ci parleresti di tutto questo? Ci spiegheresti in maniera analitica ogni campo qui scritto? Ho sempre scritto (al di là delle esigenze professionali) sotto forma di appunti o di minute, ma ho tutto serbato nel cassetto , finché non mi fossi liberata dall’impegno professionale e anche da quelli di madre. Ora che sono in pensione , mi sono riappropriata del tempo e ho ripreso la mia antica passione della scrittura. Pertanto almeno l’80% di ciò che compare sia nella silloge di racconti “I luoghi della memoria”, sia nella silloge poetica Noemàtia, risale a molti anni addietro. Mi stupisce l’attualità che tali scritti possiedono, a testimonianza che, per quante mode e trasformazioni ci siano nella società, alcuni valori e alcuni interrogativi sono consustanziali all’essere umano. Inoltre per una sorta di continuità con la mia professione istituzionale ho deciso di collaborare, accogliendone la proposta, con le riviste e i magazine citati, con contributi che pur attuali nella tematica propongono situazioni e soluzioni di fonte alle stesse tematiche dall’ottica culturale classica, ovviamente con spirito critico.
6. Ora passiamo a parlare del tuo libro che nel 2010 ha vinto il premio “ Concorso Nazionale di Narrativa – Città di Taormina 2010”. Il libro in questione è “I luoghi della memoria” edito con l’Arduino Sacco. Ci parleresti di questo tuo libro? Qual è l’intreccio che fermenta la storia di questo tuo libro? Quali sono gli anni di sviluppo della storia? Dov’è ambientato? Su chi hai intrecciato la storia? Perché decidesti di scriverlo? Ci parleresti della scelta del titolo per questo tuo libro? Ci parleresti della scelta della copertina? Ci parleresti del Premio che ti ha vista vincitrice? Ci spiegheresti cos’è questo premio “ Concorso Nazionale di Narrativa – Città di Taormina”? Il Premio Internazionale di narrativa “Taormina 2010” fu istituito dall’Associazione Europclub. Vi partecipai anche perché era inserito in un vasto e interessante programma culturale che riuniva a Taormina varie personalità del mondo della pittura, della poesia , dell’arte in genere. Fu un’esperienza bellissima che mi permise di conoscere persone di talento e mi gratificò anche con il 1 Premio assegnato al mio libro I luoghi della memoria. Non so se ho scritto ciò che ho scritto perché l’ho vissuto o sentito o avrei voluto vivere e sentire. Uno scrittore non vive certo solo nella scrittura, legge, parla, incontra gli amici, viaggia, soprattutto nel mio caso insegna e fa la mamma. Sono avvenimenti che non hanno a che fare con la scrittura, ma improvvisamente, sarà l’inconscio, sarà la consapevolezza, si ha necessità di rielaborare per così dire un materiale di partenza, del proprio vissuto quale filtra attraverso la memoria, o anche solamente presagito o vagheggiato. Non per un provincialismo dell’anima: rappresentare una realtà, i comportamenti, i modi di essere, le proprie esperienze non è chiudersi nella provincia con appagamento, senza avvertire o suggerire stimoli o provocazioni al pensare. Allo stesso modo non ritengo che ritornare al proprio passato o alle esperienze vissute sia una sorta di sentimentalismo, quello manierato, che non è mai saldo, che tende ad ovattare le cose, ad indebolirle, a fiaccarle; vi è al contrario l’amore per le cose, per le persone, per le situazioni che in sé contengono aspetti e valori esemplari che superano il tempo e lo spazio, da recuperare prima che la memoria, devastata dal tempo che passa, ne laceri per sempre l’essenza. Per questo motivo il taglio di questo libro non poteva essere che il racconto, perché il racconto è essenziale, non ha bisogno di riempitivi. E la comunicazione risulta pertanto immediata, non vi è la costruzione ideologica o l’ossatura che sempre presiede al romanzo; ogni racconto ha in sé le risorse della vita., sono “atti” colti in un momento particolare, ben delimitato temporalmente e spazialmente eppure intrisi di qualcosa che va oltre. Vorrei dire che i personaggi dei racconti sono il frutto di intuizioni liriche, in alcuni racconti manca addirittura anche un minimo intreccio, in altri l’intreccio trae spunto dalla complessità della vita. Il mio libro non l’ho progettato in anticipo, ma ha preso forma dopo una carica emotiva straordinaria, in cui il bisogno di non perdere l’esistente con il suo bagaglio di esperienze era fortissimo. Poi ha preso forma scrivendo, soggetto ai costanti suggerimenti emozionali. Il mio obiettivo è stato la trasposizione di questa carica emotiva, comunicare emozioni attraverso il contenuto, attraverso un oggetto concreto e immaginario al tempo stesso, che è l’opera dello spirito. Il mio obiettivo e la mia speranza era che il lettore non eseguisse con la lettura un’operazione meccanica, ma che venisse impressionato dai segni, che la lettura fosse una sintesi di percezione e creazione al tempo stesso, che disvelasse a chi quelle storie le aveva sentite o a chi vi si imbatteva per la prima volta possibilità di creazione al tempo stesso della lettura. Infatti tutti abbiamo un passato da ricordare, un presente da vivere, un futuro da programmare. Ma se riusciamo a riscoprire le nostre radici tutto diventerà più facile. La scelta del titolo richiama l’enorme importanza della memoria come recupero del vissuto, che poi si trasformano in luoghi dell’anima. Il racconto come scelta strutturale evoca invece un pensiero di G.G. Marquez"La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla." (da "Vivere per raccontarla")
7. Quando iniziasti a scrivere questo tuo libro, ti sei ispirata a qualche autore in particolare? Se è sì, perché? Inconsapevolmente alla mia formazione culturale, sedimentata negli anni.
8. Hai coinvolto altre persone nei tuoi progetti passati e in quelli odierni? Per la promozione dei tuoi libri, sei tutt’ora autodidatta o ti sei rivolta a qualcuno? Se è sì, perché? Te la senti di svelarci qualcosa?! C’è stato un tentativo, poi naufragato, di scrivere un romanzo a 6 mani, con sei amiche. Non so che fare per promuovere i miei libri. Gli editori fanno poco o niente.
9. Che rapporto hai con la scrittura e quanto tempo gli dedichi? Buono, ma ho bisogno di stare da sola, senza nessuno che mi distragga anche con la sola presenza.
10.Ci sapresti dire dove possiamo acquistare il tuo libro? On line, su Amazon, ISBN e simili; si può prenotarlo nelle librerie aspettando il tempo della consegna; oppure richiedere Noemàta e I luoghi della memoria ( spese postali a mio carico) a [email protected]; Il solo Noemàta a [email protected] ; per quanto riguarda I luoghi della memoria invece si può chiederlo anche a http://www.arduinosacco.it/product.php?id_product=724
11.Ci daresti qualche link per poterti seguire ed essere aggiornati sulle tue attività? volentieri:https://www.facebook.com/pages/adriana-pedicini/243940635660694 https://www.facebook.com/adripedimail.it
12.Ci sveleresti i tuoi progetti futuri? Sto meditando qualcosa che non riguardi ancora il passato….ma è presto per parlarne ampiamente.
13.Vedi la scrittura di altri generi letterari oltre a quelli già pubblicati nel tuo futuro? sì, senz’altro.
14.Cosa ti sentiresti di consigliare a chi vuole intraprendere il tuo stesso percorso? Nonostante il pullulare di libri di tutti i tipi e di tutti i contenuti, se non vi è una solida formazione letteraria o semplicemente umana, la loro esistenza sarà tanto breve quanto folgorante, anche se economicamente vantaggiosa; infatti sappiamo tutti che sono i più richiesti dai lettori che poco vogliono pensare e dagli editori che vogliono far cassetta. Quindi esorto a leggere, leggere e lasciare il tempo che la conoscenza si sedimenti perché diventi patrimonio personale e capacità creativa originale.
15.Sono solito chiudere le mie interviste con una domanda alla “Marzullo”. Per te Adriana, il mondo è una variabile dell’uomo o è l’uomo l’elemento variabile del mondo? Beh, il mondo siamo noi, l’uomo è una variabile che a sua volta rende variabile il mondo. Tutto ciò che l’uomo è, che l’uomo fa, ha un suo riflesso e delle conseguenze anche abbastanza tragiche sul mondo, quando egli non comprende il suo ruolo nella natura, quando crea barriere insostenibili legate a razza, religione, situazioni economiche, soprattutto quando è preso dalla follia di poter, con pochi prepotenti, tenere in scacco l’umanità intera. Pertanto, alla Marzullo, rispondo che il mondo è una variabile dell’uomo e viceversa.
Grazie di essere stata nel mio blog. Prego, sono io che ringrazio te. Adriana Pedicini
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