Cari anellidi, in linea con il profilo politico di questo blog, ecco il mio regalo di natale. Cosa c’è a sinistra di SeL? La Federazione della Sinistra, ora guidata da Oliviero Diliberto. E’ l’unione di Pdci, Prc, Socialismo 2000 e Lavoro e solidarietà. AdF ha intervistato il portavoce nazionale Oliviero Diliberto con 4 domandine che spero non siano troppo banali. Ricordo a tutti che io non sono un elettore di FdS.
1) Con la FdS avete fuso due partiti comunisti e altre realtà meno strutturate, sulla base del principio “prima l’unità dei comunisti”, che poi tale non è perché sappiamo dell’esistenza di partiti comunisti alla vostra sinistra. Cosa c’è nel vostro futuro, un’espansione verso sinistra, o un avvicinamento alle posizioni governative di SeL?
La Fds ha unito Prc, Pdci, Socialismo 2000 e ‘Lavoro e solidarietà’ partendo dalla consapevolezza che oggi a sinistra nessuno può più pensare di essere autosufficiente. E’ dunque indispensabile valorizzare ciò che unisce, per fortuna molto, rispetto a quanto divide. I due partiti comunisti, da tempo, sulle grandi questioni si muovono all’unisono. Ma oggi è necessario allargare l’unità a sinistra, a partire dalle forze che hanno sostenuto la manifestazione della Fiom il 16 ottobre, che ha detto un no chiaro al modello Marchionne, ponendo delle priorità e delle discriminanti chiare, sociali e non meramente politiciste, al Paese: cultura e lavoro prima di tutto. Il discrimine alla nostra sinistra, ammesso che sia tale, è altrettanto netto: noi riteniamo che sconfiggere Berlusconi sia un valore in sé, quindi saremo parte dello schieramento di centrosinistra. In termini più chiari, va ribadito che è difficilmente ipotizzabile una convergenza con chi equipara Berlusconi al centrosinistra.
Stante l’attuale legge elettorale, come pensi si possa creare una collaborazione fra FdS e la coalizione di centrosinistra che, si spera, prima o poi verrà alla luce? Immaginiamo una coalizione SeL-Pd-Idv. (Nota: penso che il PD invece entrerà nel Terzo polo con Udc e Fli, ma questo non mi serviva per la domanda).
Non ci sono, purtroppo, le condizioni programmatiche per un ingresso della Fds nell’alleanza organica di Governo. Ma noi faremo parte della alleanza democratica più larga, che sommi tutte le forze disponibili per vincere le prossime elezioni. E’ necessario, tuttavia, fissare comunque delle priorità che devono essere realizzate nei cinque anni di legislatura: oltre ai temi squisitamente democratici (conflitto di interessi, informazione, giustizia, legge elettorale, etc.), più risorse – molte di più – al sapere e a tutti i livelli formativi pubblici, abbattimento della precarietà, questione salariale, una riforma sul fisco dal chiaro profilo redistribuivo. Non compieremo più l’errore del 2006, quando abbiamo scritto un programma di oltre 200 pagine e poi la assoluta eterogeneità della nostra maggioranza – peraltro risicatissima – ha impedito di realizzarlo. Pochi punti, dunque, semplici, comprensibili, non estremistici, condivisibili anche dagli altri alleati, ma che ci si impegna tutti a realizzare.
3) Sono anni che D’alema e altri del PD predicano per un alleanza con l’Udc. Come vedresti un ingresso di D’alema e altri settori moderati del PD nel cosiddetto Polo Nazionale, con Fini, Rutelli e Casini?
E’ possibile, più dopo le elezioni che prima, che settori cattolici del Pd siano attratti dal Terzo polo. Lo considero un sintomo della debolezza strutturale del progetto del Pd. Sono state messe insieme culture politiche diverse e differenti referenti sociali senza una solida base comune. Da anni, il gruppo dirigente dell’ultimo Pci predica un ‘oltrismo’ senza meta, esasperato e perenne. Hanno liquidato il più grande partito di massa italiano, sulla scia del crollo del muro di Berlino ed in nome di una sinistra moderna, hanno attraversato la socialdemocrazia, decretandone la fine qualche settimana fa (D’Alema al Consiglio del Pse a Varsavia), e oggi sono di fronte ad un bivio: o il ritorno nella famiglia del socialismo europeo, come ventilato da alcuni (con la conseguente uscita di una parte di cattolici), o l’accettazione definitiva dello stato di cose presente. Questa è una delle cause della prudenza di Bersani, che spesso rischia di essere confusa con l’immobilismo.
4) Sulla rivolta di Roma del 14 dicembre: a me è sembrata indice di un enorme disagio sociale da parte di almeno due generazioni, e non opera di sparuti gruppetti di black bloc. Se sei d’accordo con questa lettura, come ti poni davanti alla violenza di quella giornata? Sappiamo che la rivoluzione non è un pranzo di gala, ma per passare da un’insurrezione a una rivoluzione, non sarebbe forse necessario l’alleanza tra poliziotti e studenti, precari, operai?
A Roma il 14 dicembre c’è stata un’enorme manifestazione di oltre 100mila studenti, con la partecipazione attiva del principale sindacato operaio, la Fiom, culmine di un percorso che ha visto la mobilitazione di tantissimi giovani in tutto il Paese. E’ un evento politico che non si vedeva da anni e che considero straordinario. Io distinguerei tra la giusta volontà di manifestare di ragazze e ragazzi a cui è stato tolto tutto, compreso il diritto di avvicinarsi ai ‘palazzi del potere’ e alcuni fatti isolati di elementi quasi tutti estranei (anche anagraficamente) al movimento che in questi mesi ha occupato scuole e università. E’ chiaro che c’è stata anche una gestione dell’ordine pubblico inaccettabile, dall’isolamento della ‘zona rossa’, alle cariche indistinte, ai trattamenti riservati ai ragazzi fermati. Il movimento sta vincendo nella coscienza del Paese, riscuote simpatia e consenso di massa, e per questo fa paura a qualcuno. Da domani, deve affrontare la prova più difficile: continuare la mobilitazione, a partire dai prossimi giorni, ora che la riforma è in Senato, affermando pratiche pacifiche e democratiche.