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Intervista esclusiva a Pedro Almodovar: “Mia madre, la più grande attrice che ho diretto”

Creato il 22 marzo 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Pedro

Intervista esclusiva a Pedro Almodovar: “Mia madre, la più grande attrice che ho diretto”

Un ritorno alle origini. Così Pedro Almodovar definisce la sua ultima, delirante, creatura: Gli Amanti Passeggeri – in questi giorni in sala- commedia coloratissima e scorretta che per atmosfere e irriverenza ricorda i suoi primissimi film. A dimostrazione che un cineasta del suo calibro può continuare a reinventarsi sempre, ad avere voglia anche a 63 anni di sperimentare, rischiare, osare.
A parlarci, si ha l’impressione di avere di fronte un artista ben consapevole del suo successo internazionale, eppure sempre teso a mettersi in gioco. Anche con il suo interlocutore: ascolta con grande attenzione, si confronta con l’umiltà di un esordiente, ironizza su di sé e sul suo cinema. E quando ci racconta di sua madre, abbassa lo sguardo e prende a scarabocchiare su un foglio, come per accompagnare i pensieri che si rincorrono nostalgici sulla carta.

In conferenza stampa ha dichiarato di avere un’altra concezione del tempo, dopo la scomparsa di sua madre: ci racconta com’era dirigerla?
Mia madre era un’attrice stupenda. Purtroppo quando ho iniziato a lavorarci era già in là con gli anni, ed è un peccato, avrei voluto scoprirla prima. Perché era un’attrice naturale, per nulla intimidita dalla macchina da presa: aveva quella naturalezza di cui ha bisogno una vera interprete, e la forza di una donna di popolo, molto concreta. Le donne della sua età, che hanno imparato sulla loro pelle cosa significasse vivere in un contesto maschilista e conservatore, e avevano molti meno pregiudizi degli uomini. Erano più libere mentalmente. Lei lo era.

Cosa pensava dei suoi film?
Non li guardava, pensava fossero scandalosi, e in effetti forse non le sarebbero piaciuti, però era orgogliosa di me. E non mi creava nessun problema, mai, né mi esaltava in modo particolare. E a me è sempre piaciuto che non si comportasse come la tipica “madre dell’artista”, uno stereotipo che a me non mi piace. Il successo è cosa buona, e lei apprezzava il mio e ne andava fiera, però per lei continuavo ad essere il figlio, non l’artista.

Lei è celebre nel mondo per i suoi memorabili ritratti femminili, e per le meravigliose interpreti che sceglie. Anche una diva internazionale come Penelope Cruz non fa che parlare bene di lei. Sul versante italiano, c’è un’attrice con cui le piacerebbe lavorare?
Ho sempre trovato incredibile la vostra Annamaria Canale. Oggi direi Virna Lisi: di una bellezza e una bravura senza pari.

Il suo è un cinema che non conosce tabù: nel suo ultimo film tradimenti, amplessi in aereo, rapporti omosessuali. Quanto le “costa” questa libertà di espressione?
Il mio cinema è sempre stato libero. Anche imporre l’omosessualità nei miei film, con maggiore naturalezza possibile, mi è sempre sembrato quasi un dovere morale. Non a caso non tutti mi guardano di buon occhio: ormai sono diventato la bestia nera agli occhi del governo, spesso mi interpretano male, del resto viviamo in una società conservatrice. Mio fratello, produttore, da dieci anni mi consiglia di dire e fare meno, e in effetti oggi ho capito che dovrei prestare massima attenzione a come dico le cose. Anche perché in Spagna il vento è cambiato, la politica non è più la stessa e, un po’come l’Italia, dopo 25 anni siamo ridiventati un paese diviso a metà.

Un’ultima curiosità: ha negato di essere un “regista-dittatore”, eppure i suoi attori lamentano di non avere grande libertà sul set.
Forse perché di fatto io mi metto in ogni personaggio e lo rielaboro. Però posso garantire che nascono cose molto divertenti sul set, certo io devo operare una selezione, quindi magari capita che tenga gli attori a improvvisare per mesi, e poi decida di tagliare o non inserire in massa certe scene. E a loro dispiace, quindi si lamentano. Li capisco, ma per me l’importante è che ognuno viva col suo personaggio intimamente: anche le scene che scompaiono lasciano una traccia profonda su ciò che, alla fine, appare sullo schermo.

di Claudia Catelli


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