“Non cerco una fotografia d’assalto, cerco di fotografare con etica. Oggi si è alla ricerca spasmodica di uno stile si dimentica l’etica
Ferdinando Scianna amico e mio maestro mi scrisse una volta in un testo di un mio libro elogiandomi per il tempo che avevo dedicato nel fare un lavoro, Cartier Bresson diceva di trattare il tempo con rispetto!”
Penso sempre a questa cosa, credo che oggi si tratti il tempo con poco rispetto.
-Cosa pensi della semplificazione del mezzo fotografico “Il mezzo è diventato facile, e si cade nell’inganno che fare una fotografia è estremamente semplice.”“Si fanno troppe immagini si riempiono gli archivi si passa da un progetto all’altro.
Io scatto quasi tutto in pellicola credo che l’approccio è diverso si parte per un reportage si fanno 15 pellicole.
Si la fotografia è un istante, si occupa di persone di luoghi, li registra li racconta, ma oggi si è dimenticato credo che dei reportage hanno bisogno di maturare di dura ricerca, di tempo!”
- Hai rischiato la vita nelle favelas del Brasile, Perché arrivare a tal punto per un reportage fotografico?
“Un giorno in Brasile una mamma con in grembo un bimbo mi disse sento le urla di mio figlio che ha fame.. ecco il motivo della mia ricerca delle mie immagini , voglio dare voce a chi troppo spesso gli è stata tolta.” Il giorno in cui non crederò più in tutto questo smetterò di fotografare. - Secondo te I fotografi siciliani hanno bisogno di cercare storie altrove?“Ho imparato che si possono fare grandi servizi anche fotografando il proprio territorio, il premio canon l’ho vinto con un reportage fatto a Caltagirone in una casa di riposo del mio paese.
Oggi a distanza di anni quelle foto con orgoglio sono esposte alla permanente di modena con i più importanti fotografi del mondo Cartier Bresson,Capa, Sander,Scianna,Giacomelli Man Ray Fontcuberta.”
Se noi pensiamo autori come Giacomelli, Doisneau, non si sono mai mossi dal loro territorio.
- Chi è un buon fotografo?
- un buon fotografo è colui che raccontare di se stesso, della sua sensibilità. Deve riuscire a trasformare le sue emozioni i suoi pensieri in linguaggio fotografico.
Secondo Pietro Colini :
Roberto Strano, con pacata semplicità e senza iperboli da reporter d’assalto, ci racconta di un mondo in cui il disagio sociale è una costante e dove il soggetto umano si inserisce, quasi in punta di piedi, in questo universo di povertà. Roberto non regala nulla alle mode attuali di un’eccessiva estetizzazione del dolore, ma al contrario con molta delicatezza ci fa conoscere un mondo di sofferenza senza peraltro colpire con violenza i nostri sentimenti, ma al contrario le persone sembrano come lievemente appoggiate sul loro disagio, senza peraltro esternare dolore o sofferenza in maniera cruda. Anzi tante volte costoro si offrono con un sorriso, quasi a esorcizzare la loro condizione umana. I toni del suo bianco e nero, secchi e senza indugiare in sofismi tecnici, penetrano profondamente nel nostro animo e ci regalano significative suggestioni interiori. Molto misurato anche il ricorso al mosso, che non impedisce mai di riconoscere l’espressione del volto, regalandoci sempre un sorriso. I reportage di Roberto rientrano sicuramente nella categoria del reportage sociale e denotano sempre una grande attenzione dell’autore per il rispetto e la profonda considerazione verso i suoi soggetti, con i quali intrattiene costantemente un dialogo profondo e ricco di affetto nei loro confronti. Volendo entrare nel paragone con i grandi maestri, sicuramente il suo sentire la fotografia lo avvicina molto a Salgado, dal quale riprende la profonda umanità e, in parte, la tecnica di ripresa. Nel suo modo di fare reportage, si avverte anche una preparazione non comune, uno studio delle realtà in cui si cala e dalla quale attinge immagini dal vigore eccezionale, che sa trasmettere direttamente al nostro cuore, sempre in punta di piedi e senza mai ferirci. (Intervista realizzata da Roberto Zampino)