Come ho conosciuto Gianfranco di Fiore? Semplice, me ne ha parlato nella sua intervista Marco Parlato, e siccome io amo leggere, soprattutto cose che arrivano dalle
Gianfranco Di Fiore
nuove proposte, l’ho contattato e corteggiato affinchè potessi intervistarlo, e lui, solerte ha risposto al mio questionario velocemente, solo che io ci ho messo un po di tempo per pubblicare l’intervista, presa da diecimila cose, ed uno di questi giorni tutti gli scrtittori da me me intervistati, mi inseguiranno con un matterello
Che raccontare di Gianfranco? Cominciamo dal fatto che è campano, è questa è già un bel biglietto da visita, considerato il fermento letterario qui in Campania con tanti nomi noti e meno noti che scrivono e producono tanto come: Pino Imperatore, Massimo Cacciapuoti, Maurizio De Giovanni, Diego de Silva, Stefano Piedimonte, Marco Marsullo, Marco Ciriello, Davide Morganti, Francesco Palmieri e lo stesso Marco Parlato e tanti altri che contribuiscono alacremente all’accrescimento della nostra Campania Felix Lettararia.
Gianfranco, nasce ad Agropoli provincia di Salerno nel 1978, da una famiglia di musicisti, Si è occupato a lungo di cinema, sia come regista sia come sceneggiatore,collaborando per quattro anni con il Giffoni Film festival.
Ma la scrittura lo ha sempre affascinato, un amore esclusivo per le storie, in particolare le biografie, avvertendo l’esigenza di capire cosa o chi si celava dietro quelle storie.
Gianfranco mostra, scava, penetra in determinati abissi, di realtà attuali piccoli o grandi che siano, cercando di raccontare, alla sua maniera facendo risaltare in quella oscurità una piccola luce, rendendo visibile quelle storie da cui spesso sfuggiamo forse anche per paura. La notte dei petali bianchi, non è sicuramente un romanzo sereno e spensierato, anzi nelle sue tinte piu’ cupe lascia pochi spiragli
La Notte dei petali Bianchi – Laurana
alla speranza. Ambientato nel cosiddetto Nord-Est produttivo, racconta le contraddizioni di una società fatta di pochi ricchi e tanti nuovi poveri. E i poveri qui, al contrario di tanta letteratura “buonista”, sono spesso poveri anche di spirito. A cominciare proprio dal protagonista, Dante, che di mestiere fa la guardia giurata e di notte fa il giro tra fabbriche e capannoni (il suo Inferno personale) per verificare che tutto sia a posto. A fargli compagnia una pistola mai usata e un lettore dvd portatile con cui vedersi i film di Quentin Tarantino per sentirsi meno solo.
Ma non voglio anticiparvi nulla, dovrete leggere il bellissimo e penetrante romanzo del nostro Gianfranco, che sicuramente, emotivamente vi regalerà tanto, come è successo per me.
Qui potrete leggerne anche un piccolo estratto
Di Fiore è anche un musicista indie-rock.La notte dei petali bianchi è il suo romanzo d’esordio, ma ci assicura che ha già pronto il secondo .
Angie: – Quanto conta una buona alimentazione per il tuo lavoro?
Gianfranco: – non credo di conoscere minimamente le regole della buona alimentazione. Il mio metro di valutazione del “buono” in cucina si fonda su dinamiche del tutto empiriche e prive di fondamenti scientifici. Mi piace mangiare e impazzisco quando il mio stomaco gastritico non può essere riempito: a quel punto son disposto anche ad abbassare la soglia del buono pur di smorzare i crampi della fame. Avendo una madre cuoca tuttavia sono decisamente rompicoglioni e non è bello avermi come ospite. Se non si tratta di gastrite sono molto – e dico molto – esigente. La buona alimentazione pertanto è quella del buon sapore, ma non incide minimamente sulla mia scrittura.
Angie: – Nel lavoro che svolgi ti sei mai ispirata/o a qualcosa di gastronomico?
Gianfranco: – la mia poetica attinge a piene mani in tutto ciò che comprende sapori, profumi, odori. Pertanto non posso che dirti si, son stato spesso ispirato dalla
Gianfranco al Circolo dei Lettori di Torino
gastronomia.
Angie: – Cosa significa per te mangiar bene
Gianfranco: – come ho già detto innanzitutto significa mangiare. Ma in base ai momenti e alle persone con cui si condivide il cibo può significare cura, attenzione, gioco, rassicurazione, dolore o perversione. È sempre una questione di modalità e non di molecole, per me.
Angie: – Le tue esperienze lavorative?
Gianfranco: – sono tante e diverse. Ho lavorato per il cinema, diversi anni e con diversi ruoli. Ho fatto il libraio e il restauratore (da giovanissimo). Mi son occupato di eventi culturali e tutto ciò che riguarda le produzioni video: dalla pubblicità al fashion ai video-clip musicali. Ora come ora lavoro come produttore esecutivo. In passato mi hanno contattato per lavorare come regista di film hard, poi non se n’è fatto nulla.
Angie: – Hai un ristorante o un locale dove preferisci andare a mangiare? Se sì, dove?
Gianfranco: – Non riesco ad astrarre i luoghi, non hanno alcun significato o valore specifico per me se non relazionandoli alle persone a me care o con le quali li abito o li vivo. Adoro mangiare la pizza al Rusticone, un ristorante di Campagna, in provincia di Salerno, con le mie due nipotine e le mie sorelle. Allo stesso modo mi piace mangiare, ovunque, con il mio amico fraterno Massimiliano…ogni volta che posso mangio con lui all’Olimpo, un ristorante di Brescia. Poi sono in attesa di andare ad assaggiare il famoso kebab di piazza Fiume, a Roma, insieme a una mia amica, ma non so quando e se capiterà.
Angie: – Ti piace invitare amici a cena o a pranzo, o sei più spesso invitato??
Gianfranco: – spesso sono invitato ma invito ogni volta che posso.
Angie: – Sei mai stata/o a dieta?
Gianfranco: – per fortuna no. Credo sarebbe una sofferenza, per la mia vita sregolata.
Angie: – Meglio carne o pesce?
Gianfranco: – meglio la carne in regime di qualità medio-alta. Il pesce lo mangio solo se è ottimo.
Angie: – Se fossi un dolce, quale saresti?
Gianfranco: – un brownie con gelato alla vaniglia e panna e scaglie di cioccolato.
Angie: – Se fossi un ingrediente?
Zenzero
Gianfranco: – zenzero.
Angie: – un frutto
Gianfranco: – non me ne vogliano le donne e i moralisti ma di certo una banana; solo perché è il frutto che preferisco, con tutte le sue controindicazioni.
Angie: – Vino, ed in quale ti identifichi caratterialmente??
Gianfranco: – se fossi un vino sarei un vino “paesano”, di quelli che tingono il bicchiere e provocano forti giramenti di testa, e spesso anche di palle. Sarei comunque un vino da ubriacatura molesta, da bere con avidità e incoscienza e poi da vomitare.
Angie: – Un liquore
Macallan
Gianfranco: – di sicuro un whisky, Macallan per l’esattezza.
Angie: – Il tuo punto debole
Gianfranco: – posta così la domanda non so a cosa si riferirse di preciso. Dico l’irascibilità perché è la prima cosa che mi viene in mente.
Angie: – Nel tuo frigo che cosa non manca mai, e nella dispensa?
Gianfranco: – nel frigo non manca mai il latte. Nella dispensa il tè.
Angie: – L’aspetto che più ti attira del fare da mangiare e se c’è un piatto che ti piace cucinare di più in assoluto?
Gianfranco: – quando preparo da mangiare entro in una dimensione talmente alienante e insofferente che perdo sia il senso del tempo che la dimensione dello spazio. Si innestano una serie di strani processi che vanno dalla insana voglia di non sporcare e lasciar tutto pulito – e così intanto che preparo man mano butto via carte e pulisco coltelli e faccio avanti e indietro dal bagno per lavare le mani se tocco cipolle e agli e odori vari – al desiderio di realizzare qualcosa di assolutamente ottimo e accomodante per il mio palato, o quello degli ospiti, e così sto attento a rispettare tutti i procedimenti, a calcolare ogni tipo di gesto o cottura, e continuamente assaggio, sistemo, controllo i fuochi e mi lascio guidare dalla composizione cromatica degli alimenti anche mentre sto per cuocerli. Non credo di essere perfettamente sano, considerando che non sono uno chef a cinque stelle. Il piatto in cui credo di essere decisamente imbattibile è la pasta e fagioli. Rigorosamente preparata con i borlotti, i cannellini li lascio ai poveri di spirito.
Angie: – E quello che ti piace mangiare?
Gianfranco: – quando ero piccolo a questo domanda rispondevo minestra con le
Minestra di polpettine
polpettine. Provo un demoniaco piacere nel sentire il palato bruciare e il brodo scorrere dal pane di grano alle labbra e poi sul mento. Ma le polpettine non devono esser fatte con troppa carne, devono restare morbide e quindi preparate con molto formaggio. Oggi credo il piatto che mi piace mangiare di più, ma deve esser fatta come Dio comanda, è la pizza.
Angie: – Come ti definiresti a tavola?
Gianfranco: – come mi definirei non posso dirlo, ma tu puoi sentirlo.
Angie: – La colazione ideale e quella che invece normalmente fai
Gianfranco: – il tema della colazione è assai delicato. Come momento dedicato al cibarsi è di gran lunga quello che preferisco, quello che presenta più colori e variabili, quello in cui ritrovo più letterarietà ed erotismo. Tuttavia al mattino non sono proprio loquace, anche se poi il mio stimolo al dialogo dipende molto dal “dove” mi trovo, ovviamente anche dalla compagnia. In casa la colazione rappresenta il momento della riflessione, il riaccendersi
Cornetti
della vita, la necessaria benevolenza verso il sacrificio e tutte le cose orribili che non voglio fare ma che devo. Ecco che mentre penso e mi riadatto al mondo mi circondo di latte – che è caldo in inverno e a lunga conservazione mentre è intero e freddo d’estate – di certo non possono mancare biscotti e cornetti, o comunque merendine di ogni sorta, anche fette biscottate e marmellata o nutella. In viaggio invece, o quando si è fuori per lavoro, in quei momenti la colazione non diventa più il momento della riflessione ma quello del respiro; ci si ascolta di più, ci si guarda, i sapori sono più intensi, nella mente abitano altri ricordi e altre voglie, vi è una carnalità che ci si porta dietro e che cambia notevolmente la direzione e il senso delle azioni, anche del cibarsi. Mi fermo a questo capitolo e non affronto quello della colazione a letto, in albergo, in viaggio, o a casa quando non stai lì per tornare né a lavoro né in uffici vari.
Angie: – Di cosa sei più goloso? e cosa proprio non ti piace?
Gianfranco: – sono goloso di tante, troppe cose, dolci e salate. Ho detto la pizza prima ma potrei dire gelato, gnocchi, ogni tipo di dolce o di cibo comprato in strada, compresi
… sono goloso di tante, troppe cose, dolci e salate
i mitici panini di Mc Alban’s. Per principio e per rispetto delle mie viscere non ho mai mangiato e MAI mangerò: trippa, cotiche, e poi lingua occhi cervello e interiora varie di animali, più o meno simpatici.
Angie: – Che ne pensi dei prodotti surgelati, che dimezzano il tempo in cucina?
Gianfranco: – se bisogna mangiare e non fanno schifo dico che sono una manna. Se si pretende che da un prodotto surgelato venga fuori il più luculliano dei pranzi o delle cene credo che non ci sia molto da sperare.
Angie: – La cucina e’ fatta anche di profumi, essenze, odori, ne hai uno preferito ed uno che non ti piace proprio?
Gianfranco: – se annuso trippa o verza posso anche buttarmi dal balcone. Di contro amo
Cannella
molto sia il profumo della pizza di patate, quando è in forno, sia quello di cannella e vaniglia mentre si preparano i dolci. Amo anche annusare la pasta frolla cruda, e mangiarla.
Angie: – Limone o aceto?Gianfranco: – limone.
Angie: – Non puoi vivere senza…
Gianfranco: -pizza (ripetitiva la domanda e pertanto anche la risposta).
Angie: – un tuo menù ideale?
Gianfranco: - non lo so, mi piace esser stupito, sedermi a tavola o al ristorante e mangiare qualcosa di nuovo e restarne estasiato, o magari mangiare pietanze che
Biscotti Plasmon
raramente ho assaggiato in passato e scoprire che cucinate bene possono far crollare tutti i miei algoritmi in materia di rifiuto e scarsa considerazione. Ad oggi comunque il menù che preferisco è semplice: il latte e Plasmon da preparare per le mie adorabili nipotine, Sarah e Gaia. Ovviamente non lo preparo solo ma lo imbottiglio e poi cerco di rendermi utile affinché venga consumato; solo che purtroppo non capita spessissimo.
Angie: – Dici parolacce?
Gianfranco: – quando mi incazzo è meglio sparire dalla mia vista, o diventare sordi.
Angie: – La parola che dici piu’ spesso?
Gianfranco: – sono due, sciusciù e police.
Angie: – Esiste un legame tra cucina e sensualità? Che cosa secondo te conta di più nel sedurre una donna? Una buona cena, o anche il saper cucinare?
Gianfranco: – partiamo dai dati reali, poi passiamo alle illusioni. Non esiste alcuna tipologia reale di seduzione, né l’uomo né altri esseri viventi sono in grado di sedurre alcunché, soprattutto una creatura assai illogica e perennemente insoddisfatta come la donna. La donna tutto al più si autoconvince di esser sedotta, decide a un certo punto della vita, o del confronto o della conoscenza, che quella persona possiede chissà quali bellezze o fascino o sensualità di cui non sono minimamente in grado di riferire o dar certezza. Puoi allestire una cena o un pranzo ricco di sapori ben assortiti e addobbare piatti e pietanze con una cura degna di un monaco gesuita e magari non arrivi a nulla, perché la testa di “quella” donna è altrove e magari si trova in quella dimensione parallela senza alcuna motivazione, così, perché le è andato di traverso un ricordo di un anno prima o sta pensando alla camicia di qualcuno. Ma puoi anche far breccia nel suo cuore aritmico perché semplicemente lei ha deciso così, e la tua cena allestita con tutti i crismi di devozione al piacere non ha alcuna incidenza sul fatto che lei – autonomamente – ha deciso in quel momento di sentirsi sedotta. Se pensi che uno come Cracco è diventato un
Carlo Cracco
seduttore per Annunciazione puoi sperare di metter a tavola un toast bruciacchiato e ritrovarti in compagnia di cinque o sei conigliette pronte ad assalire i tuoi gioielli di famiglia. Però per rassicurare i grandi seduttori voglio dire loro che tutto ciò che hanno fatto, detto, scritto, donato, messo in pratica con “quella” donna, che a un certo punto si è sentita sedotta, tutto questo può miseramente crollare un attimo dopo e non aver alcun peso o valore nel cuore aritmico della stessa: il tutto, è ovvio, senza alcun motivo reale.
Angie: – Una “fantasia erotico gastronomica”?
Gianfranco: – utilizzare gocce di sottiletta bollente – del toast di cui sopra – sui capezzoli
sottilette
di “quella” donna affinché possa, più o meno maieuticamente, levare il grido: “tu non puoi sedurmi, sono io che decido a cazzo quello che mi piace!”.
Angie: – Hai mai conquistato qualcuno cucinando??
Gianfranco: – se l’ho fatto con la pasta e fagioli i gas del dopo hanno resettato la mia memoria.
Angie: – Hai mai utilizzato l’ambiente cucina per (scrivere) e lavorare?
Gianfranco: – no, non potrei mai. Quando scrivo ho bisogno del massimo silenzio e di ambienti in cui è vietato il passaggio a chiunque. Pertanto onde evitare di bloccare la cucina e le attività di preparazione cibi e scarico merci preferisco scrivere altrove. In più nelle cucine c’è sempre un orologio troppo rumoroso e il ronzio del frigo e a volte problemi di spurgo del lavabo del vicino che rendono impossibile la concentrazione.
Angie: – La verve letteraria, lo stimolo per incominciare a raccontare, avviene a pancia piena o a digiuno?
Tè
Gianfranco: – non credo di esser schiavo di questo dilemma. Quando lavoro alla stesura di un libro ho già tutto pronto e so che devo e voglio lavorare, di solito per dieci o dodici ore ogni giorno. Direi quindi che l’ispirazione è immanente. Detto questo non manca mai il tè caldo sulla mia scrivania e quando arriva ora di pranzo o cena sospendo la stesura e mi sfamo.
Angie: – Preferisci di più il dolce o il salato quando sei preso dal tuo lavoro?
Gianfranco: – al mattino e alla sera tardi preferisco il dolce, a pranzo e cena il salato.
Angie: – Hai qualche episodio legato al cibo da raccontare? O una cosa carina e particolare che ti è successa?
Gianfranco: – era il 17 maggio del 1987, per noi tifosi del Napoli una data memorabile. Avevo nove anni e pensavo il tempo potesse fermarsi esattamente a quel pomeriggio, giorno in cui il Napoli vinse il suo primo scudetto. Dopo i lunghi preparativi finalmente alla sera, tra le aiuole dei giardini pubblici di Capaccio, iniziò una grande festa con tanto di bandiere e trombe e palloncini azzurri e interminabili tavolate di legno piene di ogni leccornia. Per la maggiore andavano fave e pancetta piccante, oltre al vino e quintali di babà e rustici, ma il momento clou arrivò a mezzanotte, quando furono serviti gli spaghetti aglio, olio e peperoncino. Il più colorito e ubriaco tifoso del Napoli, in quel preciso momento della festa, era un certo Antonio Galardi, un simpatico ultrasessantenne detto “Cicatone”, il più preparato accalappia cani del Cilento. Non so che tipo di reazione avvenne nel suo stomaco, se per via del troppo vino o per la troppa emozione, fatto sta che mentre le persone intorno iniziarono a cantare e ad avvicinarsi al muraglione per il taglio della torta, lui se ne stava in un angolo dei giardini – ed io lo guardavo – barcollante in avanti, e intento a vomitare gli spaghetti dal naso. Per me è stato come assistere a un miracolo!
Angie: – Vai spesso a pranzo/cena fuori, se si’ che tipo di locale prediligi?
Gianfranco: – mi sembra di aver già risposto a questa domanda, o comunque a una molto simile. Ad ogni modo se posso preferisco cenare in casa, senza fretta. Quando
Gianfranco Di Fiore
mangio fuori dipende dal motivo per cui lo faccio e dalla compagnia. Non ho locali prediletti, ma di sicuro non mi troverete mai in un ristorante cinese o giapponese. A quel punto preferisco panino con la mortadella e Peroni da trequarti.
Angie: – Che fai dopo cena?
Gianfranco: – quello che di solito non posso fare durante la cena, ma a volte faccio entrambe le cose contemporaneamente.
Angie: – L’ultimo libro che hai letto?
Gianfranco: – “Jim entra nel campo da basket” di Jim Carrol.
Angie: – Il pezzo musicale che mette in moto i succhi gastrici…
Gianfranco: – “It’s A Motherfucker” degli Eels.
Angie: – Hobby?
Gianfranco: – mostre, scovare mostri, viaggi, lettura, andare al cinema, andare al cinema senza vedere alcun film, passare il sabato in libreria, comprare libri per strada, fotografare cose inutili, vedere dvd e comprarli, camminare fin quando mi è possibile, sedermi ore a fissare i passanti, e poi ascoltare buona musica dal vivo, ascoltare quella ancora migliore in casa, scrivere storie private sulla bacheca pubblica di Carmen Pellegrino, ovviamente seguire le partite di calcio (ma solo quelle del Napoli), commentare via fb il Grande Fratello con la mia adorata Alessandra Bello, vedere malattie imbarazzanti, incazzarmi senza motivo.
Angie: – Se fossi un personaggio mitologico chi saresti?
Satiro
Gianfranco: – un satiro.
Angie: – Qual è il sogno più grande?
Gianfranco: – è quello che si rinnova ogni volta quando abbraccio le mie nipotine.
Angie: – Cosa ti dicono più spesso?
Gianfranco: – sei un “muscaiuolo!” (che sta per : sei tremendamente irascibile).
Angie: – Ti fidanzeresti con una cuoco/a?
Gianfranco: – propenderei per un’estetista, ma va bene anche una cuoca.
Angie: – Un piatto della tua infanzia
Gianfranco: – ho avuto una meravigliosa infanzia grazie alla pasta e lenticchie di mia madre, e ancor di più grazie alla zuppa di lenticchie con il pane biscottato di Crescenzio.
zuppa di lenticchie
Poi però a causa di una micidiale indigestione non ho più potuto mangiare le lenticchie e così mi porto nei ricordi questo sapore che non posso più sentire sulla lingua.
Angie: – C’è un piatto che non hai mai provato e che vorresti assaggiare?
Gianfranco: – sono tanti, e tutti ammirati nella trasmissione “Orrori da gustare”. Ma forse non avrei il coraggio di mangiarli. Prima o poi magari assaggerò il tofu, ma solo perché ha un nome proprio del cazzo e mi fa simpatia; immagino sempre che dentro possano esserci piccoli ometti vestiti di nero, lottatori infinitesimali di judo, non so. Lo immagino così.
Angie: – Oggi si parla di federalismo. Secondo te, esiste anche in cucina?
Gianfranco: – beh credo vi siano forti differenze regionali per quanto riguarda la cucina ma non solo, il nostro Paese è essenzialmente questa mistura di provincialismo che diventa picco in molti casi. Tuttavia ci sono bravissime cuoche non ufficialmente riconosciute che riescono a preparare ottimi piatti, di tradizioni diverse e spesso appartenenti a culture distanti, e lo fanno meglio di tanti cuochi residenti in quelle regioni.
Angie: – Quale piatto eleggeresti come simbolo dei 150 anni dell’Unità d’Italia?
Gianfranco: – non vedo perché festeggiare qualcosa che nei fatti non è mai accaduto. Posso fare uno sforzo per rendermi utile all’intervista e dire: lo spaghetto aglio, olio e peperoncino.
Angie: – Dopo la cucina italiana, ce n’è qualcuna internazionale che preferisci? Se si’,
Asado
quale?
Gianfranco: – direi quella argentina, adoro l’asado anche se mi provoca emazie nelle urine.
Angie: – A quali altri progetti ti stai dedicando in questo periodo?
Gianfranco: – in questo periodo sto lavorando a vari progetti: diversi documentari, il mio nuovo romanzo, un progetto di comunicazione e design col caro amico Mario e sono account per l’Italia di un brand newyorkese che produce sombrero di lusso.
Angie: – Come definiresti il tuo carattere, da un punto di vista prettamente gastronomico?
Gianfranco: – hai presente la ‘nduja? Ecco, così. Ma poi dipende, non siamo mai allo stesso modo, con tutti, cambiamo sempre in base alla persona con cui abbaiamo a che fare.
Angie: – A che piatto paragoneresti Letta, Berlusconi, Renzi, Vendola, Beppe Grillo?
Gianfranco: – Letta di certo a una sogliola, con pochissimo prezzemolo. Il Berlusca lo paragonerei a un casatiello stantio, di quelli che se li sbatti al muro tornano indietro. Vendola invece mi sembra di poter assomigliare a un risotto con crema di scampi, però scotto. Beppe Grillo lo vedrei bene come un tarallo.
Angie: – La cucina ti ha mai tradito?
Gianfranco: – non credo. Se lo ha fatto io di certo non l’ho saputo, che è la migliore condizione per i cornuti.
Angie: – Se tu dovessi abbinare una pietanza a ogni personaggio del tuo romanzo, quali sceglieresti?
Gianfranco: – ovviamente parliamo de “La notte dei petali bianchi”, edito da Laurana. Direi che per ciò che riguarda Dante potrebbe essere un brodo di carne. Samira certamente una frittata di cipolle e basilico. Alice credo sarebbe uno strudel con molta cannella. La madre e il padre di Dante degli struffoli andati a male. Rashim invece credo sarebbe un cuscus però surgelato (esiste? Boh!).
Angie: – Quale personaggio del tuo libro potrebbe essere “la mela proibita”?
Gianfranco: – la mela proibita nel mio libro potrebbe essere un luogo, più che un personaggio. Direi la provincia del nord-est, la disseminata e nebbiosa pianura del bresciano.
Angie: – Prova a descrivere il tuo romanzo – o parti di esso – con metafore culinarie, tipo “nutrimento dell’anima”.
Gianfranco: – faccio un po’ fatica a rispondere a questa domanda. Se proprio devo lo
Intossicazione
paragono a una violenta intossicazione, un disturbo che prima ti assale martoriandoti le viscere poi però, dopo averle svuotate, capisci che quel dolore era necessario al pari dello svuotamento (mi sa che è la quarta volta che parlo di vomito in questa intervista: c’è qualcosa che non va).
Angie: – Se tu dovessi scegliere uno scaffale di supermercato (o altro negozio simile), dove immagineresti collocato il tuo libro? E perché?
Gianfranco: – non vorrei mai immaginare una cosa simile, ma se proprio devo vorrei vederlo dritto e pronto in un sexy-shop. Però forse non a scaffale, magari più nelle salette dove ci sono le proiezioni un po’ particolari, così, intanto che si danno da fare giù in fondo o si trova il buco da dove guardare uno si rilassa leggendomi e pensa…ma non so a cosa.
Angie: – Stai pensando alla trama da mettere su carta, sei preso dal vortice dell’ispirazione: dove ti percepisci? (es. in un agrumeto, in un campo di pomodori, in una distesa di mais, in un vigneto ecc.)
distilleria
Gianfranco: – in una distilleria.
Angie: - “Panem et circenses”. Sostituisci ai giochi da circo i libri. Cosa ti evoca a livello sensitivo e immaginifico?
Gianfranco: – domanda troppo difficile. Immagino però una tigre che parla e recita versi dalla Ricerca di Proust, e io che sbadiglio e poi mi tuffo nel frigo per raccattare qualcosa da mangiare.
Angie: – quale attore sceglieresti per ricoprire il ruolo del protagonista del tuo libro? E di qualcuno dei “secondari”?
Javier Bardem
Gianfranco: – L’unico in grado di interpretare Dante sarebbe Javier Bardem. Il padre di Dante credo sia nelle corde di John Malkovich. Alice potrebbe interpretarla Sissy Spacek.
Angie: – Il sapore delle tue parole?
Gianfranco: – cioccolato fondente e menta, insieme.
Angie: – Tre aggettivi per definirti come scrittore/ice:
Gianfranco: – atipico – elegante – utile.
Angie: – Tre aggettivi per definirti come uomo/donna:
Gianfranco: – impossibile – affidabile – coraggioso.
Angie: – Cosa c’è di te nel protagonista del tuo romanzo?
Gianfranco: – assolutamente niente, a parte la malinconia.
Angie: – Il colore della tua scrittura?
Gianfranco: – grigio perla.
Angie: – La colonna sonora del tuo ultimo libro?
Gianfranco: – son tante le colonne sonore che dovrei citare, a stringere dico: Janis Joplin, Oasis, Nick Drake, Eels, Sven Vath, Otis Redding, Gary Jules, Eddy Vedder.
Angie: – Il prossimo libro che scriverai?
Gianfranco: – non parlo mai dei miei libri non ancora editi. Dico solo che sarà molto diverso da ciò che ho scritto prima.
Angie: – Il libro della tua vita?
Gianfranco: – ce ne sono tanti. Oggi ti dico “Il libro dell’inquietudine” di Pessoa, ma domani credo che potrei dirti altro.
Angie: – Il libro che avresti voluto scrivere?
Bibbia
Gianfranco: – La Bibbia.
Angie: – Il libro che non avresti mai voluto leggere?
Gianfranco: – è stato un regalo ricevuto ad un premio letterario, ma lasciamo stare.
Angie: – Qui nel nostro paese c’e’ un bel gran “fermento letterario” a Napoli forse piu’ che nelle altre città secondo te ci industriamo, o siamo bravi? Chi tra gli autori campani preferisci e reputi più bravo, ed a quale piatto lo paragoneresti?
Gianfranco: – ci son due amici che attendo di leggere perché non l’ho ancora fatto e provvederò a breve, ma so che non deluderanno le attese, e sono Marco Parlato e Carmen Pellegrino. Fra gli scrittori campani apprezzo Antonio Pascale, soprattutto per la sua serietà, e come piatto lo paragonerei a un’ottima pizza, di quelle che ti saziano e ti lasciano una buona bocca. Apprezzo per alcune cose anche Francesco Piccolo, che in
Francesco Piccolo
cucina potrebbe essere paragonato a uno spaghetto con le telline, in bianco.
Angie: – Le donne secondo te, sono piu’ brave degli uomini a scrivere? e ad affrontare il tuo stesso genere letterario?
Gianfranco: – non credo questa domanda sia centrata. Posso dire che ci sono scrittori bravissimi come pessimi appartenenti ad entrambe le specie. Certo bisogna leggerli tutti, quelli bravi, che poi se si eccelle in questo o quel campo non importa. Poi ovvio che io nel mio genere so di essere fra i migliori…tutti gli scrittori sono megalomani, anche quelli che scrittori non lo sono lo pensano, e se non lo ammettano allora sono anche bugiardi.
Angie: – Se dovessi riassumere la tua filosofia di vita?
Addà passà ‘a nuttata – Eduardo de Filippo
Gianfranco: – “adda passà ‘a nuttata!”, ma lo scrivo solo per citare il grande Eduardo De Filippo.
Angie: – Il tuo dolce del natale preferito e se hai qualche ricordo legato alla gastronomia di questo periodo
Gianfranco: – non ho dolci preferiti per il Natale o Pasqua che siano, ne mangio tanti e diversi, e può capitare che ordini a mia madre una pastiera a Natale o zeppole a Pasqua, non c’è alcuna osservanza nei riguardi della tradizione. Di certo i ricordi sono molti, soprattutto legati alla figura mitico di mio nonno Ciccio, alla cui destra sedevo durante le feste, e quando arrivava il momento clou della minestra con le polpettine lui – già paonazzo – sorrideva e mi diceva: questa è per te!
Angie: – in conclusione, una tua ricetta per i miei lettori
Gianfranco: – di sicuro non la pasta e fagioli, quella posso cucinarla solo io e non tramandarla.
zucchine pancetta e zafferano
Però ti dico una pasta zucchine, pancetta e zafferano, veloce ma molto buona.
Soffriggere in una padella della cipolla bianca, molto sottile, e dopo aggiungere della pancetta – se possibile non quella industriale da supermercato – e due zucchine grattugiate, più un pizzico di pepe nero e di sale. Dopo aver scolato la pasta – magari tortiglioni o paccheri – mischiate il tutto con aggiunta di parmigiano più dello zafferano sciolto – a parte – in due cucchiai di panna da cucina.
Non so come si chiama ma è ottima.