Intervista Gastronomica ad Anna Maria Fabiano

Da Anginapectoris @anginapectoris

E’ stata l’amica Silvia Longo, che avevo già intervistato per la mia rubrica di Interviste Gastronomiche a farmi conoscere Anna Maria Fabiano, ed i suoi libri per cui non ho potuto fare a meno intervistare anche lei.

Anna Maria Fabiano

Anna Maria Fabiano è nata a Soveria Mannelli, in provincia di Catanzaro, ma trascorre la sua infanzia a Caluso, in provincia di Torino, dove il papà Pietro, pioniere dell’insegnamento agrario moderno, dirige l’Istituto Professionale per l’agricoltura “Ubertini“.
La campagna influenzerà la vita della scrittrice quando, prima come maestra elementare e poi come docente di italiano e storia nelle scuole superiori, dividerà il suo impegno tra insegnamento e ricerche estese al teatro sperimentale per ragazzi, infatti fin da bambina, manifesta una spiccata tendenza verso la scrittura: commedie, poesie, recensioni, diari, racconti che di volta in volta vengono pubblicati su varie riviste e giornali, tra cui Battaglia letteraria, Il pungolo verde, Scuola e Campi (diretto dal padre e a diffusione Nazionale).”Solitudine”, raccolta di poesie vede la luce nel 1974.

Nel 1978 vince il primo premio di poesia San Lorenzo del Vallo con una lirica dal titolo “Meditazione” che contiene uno dei suoi temi prediletti: il trascorrere del tempo.
Pubblica il suo primo romanzo nel 1999 a Roma con la casa editrice Gangemi. “Il colore del mare”  è ambientato a Torino, città verso la quale l’autrice nutre un profondo affetto nato nella prima infanzia e approfondito nel corso della vita. Indicativo della sua complessa personalità è l’amore verso “situazioni” mentali diverse e varie: l’agricoltura, la psicologia, la musica, il teatro, la cucina e… i cani, che ama raccogliere per strada.

Avevo i capelli biondi esce nel 2008 per la Rubettino Editore, romanzo in cui romanzo, l’autrice affronta il problema dell’Aids attraverso una storia d’amore.
Nel marzo 2009 ha scritto un altro romanzo corale assieme a 14 donne, Malta Femmina, con Zona editore, che è stato presentato in varie regioni italiane, suscitando consensi per le pennellate soggettive tra il surreale e il reale che le autrici hanno profuso in un lavoro che risulta compatto e omogeneo. Da circa due anni collabora con Ferrari editore, con cui

Anna Maria, con la sua ultima fatica letteraria, Immagina una Piazza”

pubblica, nel 2011 Immagina una piazza.
La piazza principale di una città ne rappresenta in qualche modo il cuore: pulsa di vita, nel suo essere luogo di incontro, di aggregazione sociale, di movimento.
La Piazza con i suoi negozi, le panchine, qualche albero o portico, magari un monumento, e tutti i figuranti che vi si incrociano. Per attimi o tutti i giorni, come in un rito.

Angie: – Quanto conta una buona alimentazione per il tuo lavoro?
Anna Maria: – Una volta lessi questa frase (non ricordo dove e come, credo il titolo di qualcosa): “Noi siamo quello che mangiamo”. Verissimo. Ergo, una l’alimentazione conta molto, perché da essa dipendono spesso l’umore, la serenità, il rapporto con il sonno, e anche ovviamente la creatività. Nel mio lavoro di scrittrice, che poi è anche la mia PASSIONE per eccellenza, l’alimentazione è essenziale, sia sul piano tematico sia su quello tipicamente gastronomico. Ora, ad esempio, mentre rispondo alle tue domande, ho appena gustato un buon caffè poco dolce e un cornetto alla crema! Mi hanno messo voglia di dire…

Ora, ad esempio, mentre rispondo alle tue domande, ho appena gustato un buon caffè poco dolce e un cornetto alla crema! Mi hanno messo voglia di dire…

Angie: – Nel lavoro che svolgi ti sei mai ispirata/o a qualcosa di gastronomico?
Anna Maria: – Io sono stata insegnante (, lo resto nel cuore, anche se sono in pensione da quest’anno) e devo dire che, quando ero maestra alle elementari, sì certo, mi sono ispirata a volte alla gastronomia, anche perché era necessario inculcare nei bambini il cosiddetto mangiar sano. Poi, passando a fare l’insegnante di lettere, le cose sono un po’ cambiate. Ma, quando se ne presentava l’occasione, allora parlavo anche di cibi, di dieta, di rapporto cibo/benessere. Nello scrivere, la gastronomia è entrata sempre, a volte di strisciom a volte come sottofondo o contorno, ma in qualche modo è entrata. Ad esempio, nel mio lungo racconto surreale “Le sette principesse” (metaforico e fiabesco) scrivo a un certo punto: Nessuno aveva insegnato a Melania a cucinare, però dalle sue mani aristocratiche venivano fuori manicaretti che forse ricopiava dalla propria interiorità. Cucinava per passione – c’erano le cuoche a pensare a tutto – e lo faceva con modi da fata che inventi misture; e decorava, con una invisibile bacchetta magica, ogni sua creatura nella quale imprimeva il coraggio di uno sguardo che non poteva andare oltre quell’oltre. E cantava, mentre mescolava gli ingredienti. Ecco. Per Melania, una delle sette principesse, il cibo è il modo di fuggire dalla sua gabbia dorata.

Poi a volte capita che un cibo apparentemente pesante o indigesto ti dia carica, o viceversa un cibo troppo “da ospedale” ti metta tristezza e angoscia. Tutto è sempre così imperfetto…

Angie: – Cosa significa per te mangiar bene
Anna Maria: – Tante cose. Di certo in primis dare soddisfazione alle papille gustative! Normale. Ma poi, essendo convinta che sia necessario provarci (almeno) a perseguire la correttezza alimentare, penso significhi assumere quei cibi che sono il meno possibile nocivi alla salute e contestualmente siano gustosi. In altri termini, per me conta molto una cucina che coniughi la leggerezza e la digeribilità con il gusto. Poi a volte capita che un cibo apparentemente pesante o indigesto ti dia carica, o viceversa un cibo troppo “da ospedale” ti metta tristezza e angoscia. Tutto è sempre così imperfetto…

Angie: – Le tue esperienze lavorative?
Anna Maria: – Come detto, sono stata prima maestra elementare e poi docente di italiano e storia. Nel corso di quarant’anni ‘suonati’ e passi di lavoro/impegno/hobby a scuola, ho portato avanti quelle che sono le altre passioni della mia vita: il teatro (organizzando teatro/scuola con i ragazzi, cosa che continuo anche da pensionata) e la scrittura (potenziando questa attitudine nei miei alunni, ai quali ho sempre cercato di comunicare la

Immagina una piazza

passione per leggere e scrivere). Attualmente collaboro con editori e curo collane e progetti di scrittura creativa e on line. E promuovo i miei romanzi, soprattutto l’ultimo “Immagina una piazza”, editore Ferrari (2011) dove ho dato la parola a una giovane donna disillusa e accorata, caduta nella trappola della tossicodipendenza: attraverso un lungo monologo, la mia protagonista si presenta davanti a un consesso immaginario di avvocati, ombre, lettori e soprattutto un giudice, o forse IL giudice, che dovrà alla fine decidere la sua condanna o la sua assoluzione. Un romanzo molto faticato e sofferto, che amo in modo particolare e che vorrei tanto potesse essere colto nelle sue sfumature, spesso disseminate tra frasi e immagini.

Angie: – Hai un ristorante o un locale dove preferisci andare a mangiare? Se sì, dove?
Anna Maria: – Sì. Un ristorante che si trova nella parte vecchia della città, la “Vecchia Cosenza”. Ci vado da oltre vent’anni e mi trovo a mio perfetto agio sia perché mi piace quello che cucinano sia perché sono in ottimi rapporti con i gestori (una intera famiglia che cucina con passione e precisione tutti i piatti tipici calabresi). In questo locale organizzo anche “la pizza” con i ragazzi alla fine della rappresentazione di uno spettacolo. Oppure le cene familiari e intime. O a volte porto i miei ospiti, perché è tutto molto accogliente e si respira l’aria limpida e profumata della Cosenza Casali, sulla parte collinare, a due passi dal luogo in cui sono sepolti i “fratelli Bandiera” (vallone di Rovito)

Angie: – Ti piace invitare amici a cena o a pranzo, o sei più spesso invitato??

Olive di gaeta

Anna Maria: – Sono invitata spesso da tanti, ma io preferisco più spesso invitare a casa mia. Mi piace molto la convivialità, soprattutto se legata alla presentazione di un bel libro! Di solito, quando organizzo un evento letterario (spesso legato a musica, recitazione e performance varie), alla fine si va tutti a casa mia e si continua l’evento con chitarra, assaggini e dibattiti, al gusto di una olivetta di Gaeta, formaggio pecorino e “soppressata”, e naturalmente pane caldo.

Angie: – Sei mai stata/o a dieta?
Anna Maria: – A modo molto mio! Diciamo che ci provo spesso, ma poi ‘quella’ tavoletta di cioccolata alle nocciole dentro alla credenza… com’è appetitosa! E la pizza! O la pasta con le melanzane al forno…

Angie: – Meglio carne o pesce?
Anna Maria: – Entrambi con moderazione. Non devo pensare che sono stati esseri viventi. Se ci riesco, allora molto volentieri in estate mi concedo a una frittura mista di gamberi e calamari o alle cozze gratinate, e in inverno mi diletto con cotoletta di maiale o prosciutto crudo molto magro.

Angie: – Se fossi un dolce, quale saresti?
Anna Maria: – Il ciambellone a due colori…

Il ciambellone a due colori…

perché la mia personalità è decisamente ambivalente. Anche nella scrittura appare questa caratteristica, e infatti racconto spesso di dilemmi, di contrasti caratteriali, di dualismo che a volte diventa follia. Ad esempio nel mio primo romanzo “Il colore del mare” (Gangemi 1999), racconto di Eva, una donna che non riesce a decidere se essere libera e spregiudicata o antica e matrimoniabile, e fin da bambina si dibatte fra il sogno di una vita ‘normale” e stabile, e la ricerca invece di un universo fatto di ombre e colori e di evanescenze e di punti interrogativi e di una libertà che significa abolizione dei compromessi e della banalità. Concetti che tornano anche in “Immagina una piazza”.

Angie: – Se fossi un ingrediente?
Anna Maria: – Il rosso dell’uovo. Passionale come sono, ho bisogno di avventure a volte spietate e spiazzanti. Di roba forte e colorata. Del sangue come essenza vitale, come fuoco che comunque arde sempre, anche sotto cenere.

Angie: – Vino, ed in quale ti identifichi caratterialmente??
Anna Maria: – Adoro il vino. Da quando ero bambina, essendo cresciuta con un padre che era anche enologo professionista, definito alla sua morte sul “Corriere vitivinicolo” cui

cirò rosso

collaborava il “poeta del vino”. Mi identifico con un bel Cirò rosso, gaglioppo al 100%, 13 gradi alcolici, emblema della mia adorata Calabria. Un buon bicchier di vino mi induce a togliere fuori un bel po’ di pensieri, ma senza capogiri o vertigini esagerate. Solo quel po’ di euforia che si accompagni alle corde di una chitarra sapientemente pizzicata o della musica intensa e da batticuore di Edith Piaf.

Angie: – Il tuo punto debole

dolci con la panna

Anna Maria: – I dolci alla panna, sul piano gastronomico. Il bisogno d’amore, nella vita. Non mi basta mai, non ne sono mai sazia, come non sono sazia di amare. A volte questo mi espone a tanto dolore, ma la debolezza diventa forza nel mio vocabolario esistenziale.

Angie: – Nel tuo frigo che cosa non manca mai, e nella dispensa?
Anna Maria: – Uova. Le adoro preparate in mille modi. Soprattutto quelle belle rosse e fresche, che mi regalano le mie galline. Nella dispensa olio extravergine d’oliva. E vari tipi di vini, compreso quello da noi prodotto. Come l’olio del resto.

Angie: – L’aspetto che più ti attira del fare da mangiare e se c’è un piatto che ti piace cucinare di più in assoluto?
Anna Maria: – Riuscire a creare nuove ricette e farle saporite anche se leggere. In assoluto i primi piatti. Vari tipi di “pasta al forno”: con le patate, con le melanzane o le zucchine, con besciamella. Le crepes fantasiosamente assortite, al prosciutto, ai funghi, ai formaggi. E poi minestre e minestroni variegati.

Angie: – E quello che ti piace mangiare?
Anna Maria: – Roba mediterranea. Pasta, verdure, pomodori… Primi piatti, appunto, e verdure, cucinate in vario modo. Ad esempio da noi a Cosenza si gustano i “vruacculi ‘i

E quello che ti piace mangiare?
Roba mediterranea. Pasta, verdure, pomodori…

rapa” (le rape) cucinate con olio, aglio e peperoncino in olio d’oliva. Oppure servite con salsiccia. Mi piacciono le zucchine cucinate in tutti i modi possibili, le melanzane in tutte le salse (involtini, parmigiana, ripiene), i pomodori ripieni di riso o le frittelle di fiori di zucca. Per non parlare della zucca lunga (cucuzza longa in dialetto) da passare in olio, pomodoro a pezzetti e basilico, per condirci poi bucatini al dente, spolverati con parmigiano fresco.

Angie: – Come ti definiresti a tavola?
Anna Maria: – Una “buona forchetta” ma anche un “buon cucchiaio!” Insomma mangio volentieri, se sto bene, e adoro le zuppe di ortaggi. O i minestroni. O quanto già detto.

Angie: – La colazione ideale e quella che invece normalmente fai
Anna Maria: – Varia, ritengo. Sempre diversa, che alterni yogurt, uova, marmellata fatta in casa, cioccolata, e anche roba salata. Sono cresciuta in una famiglia dove al mattino si sentiva il profumo della frittata, assieme all’aroma del caffè. Mia madre ci teneva molto a nutrirci al mattino, e comprava di tutto: biscotti, brioche, soprattutto in estate al mare. E d’inverno pane tostato e prosciutto. Però oggi il “mordi e fuggi” ci costringe spesso a rinunciare all’ideale, e allora normalmente io faccio colazione con latte e caffè e biscotti, oppure cereali o cornetti freschi che acquisto al negozietto di alimentari che ancora resiste agli assalti degli Iper.

Angie: – Di cosa sei più goloso? e cosa proprio non ti piace?
Anna Maria: – Della pizza margherita. Anche se ho appena mangiato, anche se sto male,

Pizza Margherita

il profumo della pizza mi fa venire sempre fame. Coniglio, capretto, tacchino invece… proprio li detesto. Li amo come animaletti da coccolare, ma mangiarli proprio no. Mi restano sullo stomaco e nel cervello come roba indigesta anche spiritualmente.

Angie: – Che ne pensi dei prodotti surgelati, che dimezzano il tempo in cucina?
Anna Maria: – bene, ma soprattutto se faccio io. Compro surgelati, ma principalmente sono abituata a surgelare molto io stessa. Preparo sempre qualcosa che avanzi, tipo cotolette, gattò di patate, teglie di pasta e poi le congelo, in modo da non trovarmi mai spiazzata se per caso viene qualcuno all’improvviso. Oltre che per la famiglia, ovviamente. Cerco di attenermi alle giuste norme per non correre rischi, tipo surgelare roba già cotta o già riscaldata più volte. Sono molto attenta, insomma. Prudente.

Angie: – La cucina e’ fatta anche di profumi, essenze, odori, ne hai uno preferito?
Anna Maria: – Ne ho più di uno. Quello dell’origano, ad esempio, che coltivo io stessa nell’orto e che mi lascia nelle narici una miriade di memorie. O quello della salsa di

Origano

pomodoro, soprattutto quando preparo le provviste per l’inverno. O del basilico. Profumi ed essenze che io spesso cito anche nei miei racconti o romanzi. Un’arte la cucina. I maccheroni, le frittelle, dolci o salate che fossero, e le zuppe d’ogni tipo e le torte da mescolarci dentro uova fresche e farina bianca e frutta di stagione e pinoli caduti dagli alberi che circondavano il palazzo. Ecco, l’odore delle frittelle di mele, oppure delle zuppe di ortaggi, o delle torte alle pesche che dal forno emanano profumo inebriante. E poi… l’aroma del caffè, o delle tisane condite con miele di agrumi!

Angie: – Limone o aceto?
Anna Maria: – Limone. Sono circondata da alberelli di limone e ne metto il succo ovunque. Amo i liquori al limone, come la crema che si fa con il latte e lo zucchero. O le bucce da usare nella pasta frolla. E poi spremute di limone come digestivo. E limone con il tonno, l’aglio e il prezzemolo da condirci gli spaghetti o il riso. Limone per i suoi fiori, le zagare profumate. Ho dedicato un racconto intero all’essenza dei fiori d’agrumi, in “Album di fotografie” (raccolta di racconti). Quando in primavera inoltrata le zagare riempiono l’aria di essenza purissima.

Angie: – Non puoi vivere senza…
Anna Maria: – Pasta. Quando la salto per un paio di giorni, mi viene nostalgia e sto male! Ne risente tutto il mio apparato digerente. La pasta mi mette di buon umore e l’associo a mia madre, e ancor di più a mio padre che poverino, essendo diabetico, doveva dosarla e guardava con invidia nei nostri piatti colmi!

Angie: – Esiste un legame tra cucina e sensualità? Che cosa secondo te conta di più nel sedurre una donna? Una buona cena, o anche il saper cucinare?
Anna Maria: – Sì, penso di sì. Nel sedurre una donna, almeno dal mio punto di vista, conta una buona cena in un localetto intimo, con le pareti rivestite di legno scuro e la luce rossa e soffusa. E un buon bicchier di vino. E anche il pecorino. Mi autocito ancora in un passo tratto da “Il colore del mare”.
… e furono bettole di paesini remoti e nascosti dove poter assaporare spaghetti pieni di pecorino piccante, lasciati nel piatto quasi intatti, mentre generosamente il buon vino rosso viene versato da un solitario cantiniere, disabituato a vedere gente, con occhi complici e compiaciuti, e buttato giù con la stessa voluttà dell’amore, mentre le mani si stringono e gli occhi si cercano…

Angie: – Una “fantasia erotico gastronomica”?

Insalata di Mare

Anna Maria: – Un’insalata di mare, una bottiglia di fresco prosecco che asciuga l’arsura estiva, il mare a due passi e la sabbia ancora calda del sole diurno, mentre la notte scende lentamente e le stelle sono là… ad aspettare che la passione chiuda il cerchio, per lasciare poi ricordi che frantumeranno il cuore di nostalgia e il corpo di desiderio.

Angie: – Hai mai conquistato qualcuno cucinando??
Anna Maria: – Sì, penso proprio di sì. Fin da ragazzina, quando mi dilettavo a friggere le “grispelle” (ciambelle salate natalizie) e conquistavo amici e parenti, e poi da grande, quando sono stata scelta anche per… le mie pietanze definite “buone, ma leggere da digerire”. E fantasiose. Ma soprattutto ho conquistato mio marito per la convivialità, per la mia voglia di cucinare anche per 50 persone, da accogliere a casa e nel giardino a godere del paesaggio e della musica che lui suonava assieme ad altri amici e parenti.

Angie: – Hai mai utilizzato l’ambiente cucina per scrivere e lavorare?
Anna Maria: – No, ma utilizzo spesso il soggiorno adiacente alla cucina, dove c’è il caminetto sempre scoppiettante d’inverno e il patio che manda il fresco della collina d’estate. E naturalmente a due passi il frigo, con bibite o spuntini e la credenza con la… cioccolata!

Angie: – La verve letteraria, lo stimolo per incominciare a raccontare, avviene a pancia piena o a digiuno?
Anna Maria: – Pancia piena, ma basta anche la colazione del mattino… o lo spuntino della sera. A digiuno l’insoddisfazione del corpo si proietta sulla vacuità della mente che fatica a carburare!

Angie: – Preferisci di più il dolce o il salato quando sei preso dal tuo lavoro?
Anna Maria: – Dipende. A volte sento il bisogno del salato, tipo un tarallo o un pezzetto di pane con formaggio, magari pecorino o anche prosciutto crudo. Ma spesso invece mi necessita il dolce, e se ci sono pasticcini freschi… le idee vengono benissimo. Se poi c’è anche la panna e il rhum, il gioco è fatto!

Angie: – Hai qualche episodio legato al cibo da raccontare? O una cosa carina e particolare che ti è successa?
Anna Maria: – Ne avrei tanti. Ne scelgo uno un po’ triste, ma che si colora di comico per necessità e per contingenza. Da bambina, all’età di nove anni, ebbi l’epatite A, che mi costrinse a letto per un mese e soprattutto con l’obbligo di mangiare solo carne ai ferri, patate lesse e riso in bianco. Non ne potevo più. Mio fratello, allora, giusto per rendermi il soggiorno a letto e tutto il resto più felice, entrava con grosse fette di pane e nutella, o

fichi crocetta calabresi

pane e mortadella o altre leccornie e me li portava a un millimetro dal naso, dicendo: UHMMM che buoni! Inutile dire che io urlavo e lo cacciavo fuori e allora veniva mamma e poi papà e si arrabbiavano, ma alla fine noi due facevamo pace e progettavamo di “rubare” le crocette, appena io fossi guarita, cercandole perché mamma le nascondeva (le crocette sono un preparato calabro che si fa con fichi, miele e noci, il tutto in modo da formare come delle croci).

Angie: – Vai spesso a pranzo/cena fuori, se si’ che tipo di locale prediligi?
Anna Maria: – Non spesso, perché come detto adoro organizzare a casa mia, ma quando succede scelgo sempre locali del centro storico e possibilmente accoglienti, stile rustico, e cibi tipici. Quando sono in giro per l’Italia, mi piace cercare locali che abbiano sapore di passato. Ad esempio, a Genova cerco locali nei pressi del porto, e Torino mi avventuro nelle stradelle di Porta Palazzo, a Roma Trastevere…

Angie: – Che fai dopo cena?
Anna Maria: – Scrivo. Alterno facebook, dove curo amicizie e rapporti – sociali e intellettuali -, e scrittura. Qualche volta un bel film in DVD. Il telegiornale su Rai tre se ho voglia di sapere cosa succede in questo pazzo mondo. Ed sms quando sono a letto con amiche e alunni che soffrono d’insonnia.

Angie: – L’ultimo libro che hai letto?
Anna Maria: – “Il tempo tagliato” di Silvia Longo. Un romanzo la cui genesi ho seguito passo passo. Una scrittura che colpisce per la sua precisione, per l’accuratezza del ritmo, per i rimandi alla musica e al mistero del tempo, colto in tutte le sue sfumature e varianti. Un romanzo che consiglio a tutti, senza distinzione di sesso o di acculturazione o di età, anche perché il senso del libro può arrivare a chiunque, naturalmente variamente differenziato per simboli e per interiorizzazione di significati. A me ha lasciato un senso precario e però solido della ‘fuga’, dell’apparente asservimento all’amore di un uomo che è allo stesso tempo generosità, amore e obbedienza, ma anche scelta consapevole, dolorosa accettazione di un destino che man mano si tramuta in ribellione e in presa di coscienza. Un romanzo scorrevole, che può anche apparire freddo, controllato emotivamente, addirittura ferreo, nella sua precisione lessicale e semantica. Ma proprio per questo invece fragilissimo, da toccare con molta attenzione, come un bicchiere di cristallo, come un cristallo di Boemia. Incantevole e prezioso, in un momento di grande sciatteria linguistica spesso spacciata per roba bella.

Angie: – Il pezzo musicale che mette in moto i succhi gastrici…
Anna Maria: – Guarda che luna. Da cantare, ascoltare o suonare al pianoforte. Da pensare alle cose che sono state e che non torneranno, se non nei sogni. Da berci su un bicchierino di rhum delle Antille, e chiudere gli occhi, e poi desiderare un gelato alla panna, che ammorbidisca la precarietà del presente e si accompagni al rumore delle onde, che di notte si riposano e lambiscono la sabbia…

Angie: – Hobby?
Anna Maria: – Teatro con i ragazzi. Progetti di scrittura collettiva al femminile. Piacevoli conversazioni con mio figlio…Lettura. E ovviamente scrittura. La mia ragione di vita, dopo gli affetti. Quella passione che è nata assieme a me, che mi ha portato a scrivere minuziosamente diari e diari e lettere e poesie, che mi ha salvato dall’abisso tante volte. Che mi ha lega alla terra, alle persone che amo, ai ricordi, al mare, al cielo, alla morte.

Angie: – Se fossi un personaggio mitologico chi saresti?
Anna Maria: – Diana, forse. Perché amo i boschi, gli animali, i torrenti… Adoro la natura e sono sempre affascinata dalla sua potenza, dalla sua insensatezza, dalla sua ragionevolezza, dalle mille sfaccettature della sua essenza. Ma forse ancora di più l’araba fenice, quella che rinasce dalle proprie ceneri. Quella che costruisce il suo nido sulla cima di una quercia e aspetta la ‘fine’, per preparare ancora una volta un ‘inizio’.

Diana

Angie: – Qual è il sogno più grande?
Anna Maria: -Vedere mio figlio crescere e poterlo aiutare a realizzare i suoi sogni, almeno una bella parte. Ha avuto troppo dolore nella sua breve vita.

Angie: – Cosa ti dicono più spesso?
Anna Maria: -Che faccio sentire amato chi mi sta vicino. E che sentono di poter contare su di me! Questo mi induce a impegnarmi ancora di più, perché la luce che brilla negli occhi degli altri illumina anche i miei.

Angie: – Ti fidanzeresti con una cuoco/a?
Anna Maria: – No. Non amo avere “rivali” in cucina, e soprattutto uomini. Poi, tutto può succedere! La vita è imprevedibile.

Angie: – Un piatto della tua infanzia
Anna Maria: – Riso e patate al sugo, con olio crudo e parmigiano. Era il primo piatto del venerdì. Mamma era cattolica e il venerdì non si mangiava carne in modo assoluto. Per me quindi una festa!

Angie: – Oggi si parla di federalismo. Secondo te, esiste anche in cucina?
Anna Maria: -: – Beh, nel senso positivo sì. Perché ogni regione, anzi, ogni angolo d’Italia ha le sue caratteristiche. Però in questo caso è una forma di bellezza e di diversità che ci caratterizza in positivo, una ricchezza insomma. O meglio, quello che dovrebbe essere il vero volto del federalismo nella sua accezione più pura. Unione nella diversità, non divisione all’insegna del razzismo.

Angie: – Quale piatto eleggeresti come simbolo dei 150 anni dell’Unità d’Italia?
Anna Maria: – LA PIZZA MARGHERITA. So di essere poco originale, ma non riesco a vedere altro. Piace a tutti, ha i colori della bandiera italiana ed è stata inventata a Napoli, proprio in onore della regina Margherita. Vero?

Angie: – Dopo la cucina italiana, c’e’ ne qualcuna internazionale che preferisci? Se si’, quale?
Anna Maria: -Quella colombiana. Riso, panetti di granturco, uova, patate… La Colombia è parte essenziale della mia vita. La mia gestazione. Come scrivo nei miei appunti di viaggio, intitolati “La fiaba fra le Ande”. Penso che il cibo in qualche modo sia legato anche

cucina colombiana

all’amore verso la terra cui appartiene. Per me d esempio, conta molto la cucina piemontese, avendo trascorso l’infanzia a Caluso, nel canavese. In Colombia ho trascorso 40 giorni meravigliosi, nell’attesa che venisse perfezionata la burocrazia adottiva, grazie alla quale sono diventata la mamma di Josè. Ecco. Io ricordo quei sapori, quegli odori, quel latte bianco e profumato che bevevamo con gusto.

Angie: – A quali altri progetti ti stai dedicando in questo periodo?
Anna Maria: -Alla creazione di un’associazione teatrale no profit con ex alunni ormai laureati o ancora studenti di scuola. E naturalmente alla scrittura: sto terminando contemporaneamente più romanzi. E curo anche l’editing di romanzi per le collane di cui sono curatrice (Ferrari editore). Epoi mi sto dedicando alla promozione del mio ultimo, già citato, “Immagina una piazza”. Un romanzo che ho impiegato molto tempo a terminare, perché complesso, surreale. A volte intimistico, a volte folle. Un insieme di elementi che in un certo senso uniscono la narrativa al teatro. Infatti molti passi possono essere tranquillamente recitati, cosa che spesso avviene alle presentazioni, proprio perché il tutto è un lungo monologo a tinte multiple, dove il sogno si mescola con il ricordo, il ricordo si riflette sul presente, il passato e il presente si confondono… fino allo scioglimento finale. Alla catarsi, mia grande e adorata amica nei moti dell’anima.

Angie: – Come definiresti il tuo carattere, da un punto di vista prettamente gastronomico?
Anna Maria: – Antico di dentro e moderno di fuori. Perché amo nuove ricette, ma adoro le vecchie legate al passato. Ma io sono così in genere. Perché in me convivono ormai benissimo, dopo anni e anni di lotta, una donna nostalgica, antica, con lo sguardo volto ai tanti ieri che popolano la mia mente e la mia Idea, e una donna moderna, a suo modo spregiudicata, che ama la tecnologia, che è curiosa del presente e che si getta nella mischia, sempre amando anche un probabile futuro.

Angie: – Se tu dovessi abbinare una pietanza a ogni personaggio del tuo romanzo, quali sceglieresti?
Anna Maria: – Madame è un tiramisu: gustoso e ottimista, ma anche semplice e lineare nella forma e nella preparazione. Patrizia è una deliziosa zuppa inglese, ricca di liquore, dolce e un po’ scontata, senza pretese; Livio è un piatto di pasta stracotta, ormai quasi indigesta; zia Vanna, un vasetto di marmellata di fragole di bosco; lo zio uno sformato di spinaci e ricotta, con molti altri ingredienti. E la Ciarlatana, lei… un antipasto mare/monti, con l’azzurro della profondità marina e la maestosità della montagna.

Angie: – Quale personaggio o situazione narrativa del tuo libro potrebbe essere “la mela proibita”?
Anna Maria: – Apparentemente è la “roba”, ma sarebbe troppo riduttivo. In realtà è la ricerca affannosa della diversità come possibile trasformazione in luogo comune. Paradossale, certo, ma la Ciarlatana insegue l’ideale di un mondo in cui ci sia un totale ribaltamento di prospettiva.

Angie: – Prova a descrivere il tuo romanzo – o parti di esso – con metafore culinarie
Anna Maria: – La città metropolitana, occhio del Ciclope. Il viaggio con Madame, un’arsura placata dall’acqua. Il parco che circonda la casa, stella del mattino. Il rapporto fra Madame e la Ciarlatana, il lamento dell’agnello.

Angie: – Se tu dovessi scegliere uno scaffale di supermercato (o altro negozio simile), dove lo immagineresti collocato? E perché?
Anna Maria: – Vedo ‘Immagina una piazza’ in uno scaffale enologico, fra vini color rosso rubino, forti, densi e ad alta densità alcolica.

Angie: – Stai pensando alla trama da mettere su carta, sei preso dal vortice dell’ispirazione: dove ti percepisci? (es. in un agrumeto, in un campo di pomodori, in una distesa di mais, in un vigneto ecc.)
Anna Maria: – In un campo di granturco, con le spighe che biondeggiano al sole, mentre il vento porta profumo di salsedine e scompiglia i capelli…

Campo di grano

Angie: – “Panem et circenses”. Sostituisci ai giochi da circo i libri. Cosa ti evoca a livello sensitivo e immaginifico?
Anna Maria: – I libri come nutrimento dell’anima, e sapori svariati, che vanno da quello delicato a quello forte e deciso. I giochi di parole, le metafore, le sinestesie galoppanti. Incroci e bivi imprescindibili. Il mare della grandiosa onnipotenza.

Angie: – A che piatto paragoneresti Berlusconi, Di Pietro, Mario Monti, Renzi e Bersani?
Anna Maria: – Bella domanda! Aspetta un po’… vediamo. Berlusconi a una polenta riciclata: in fondo ci sta anche territorialmente, dai. Di Pietro a un cocktail di gamberi: lo percepisco un po’ di qua e un po’ di là. Mannaggia, non prende pace e non ne fa prendere. Monti a un sufflè (da seguire con molta attenzione nella cottura, per non rischiare scottature). Renzi alla ribollita, (che a volte ti resta sullo stomaco, ma sa di buono, attrae!). Bersani… a un panino con la mortadella! Beh, più o meno, sperando che si salvino quei valori nei quali abbiamo creduto, almeno quelli come me, che scelgono sempre il rosso!

Angie: – La cucina ti ha mai tradito?
Anna Maria: -Beh, diciamo che mi ha regalato qualche chilo di troppo, ma è un tradimento meritato! Per il resto, penso proprio di no. A parte rarissimi episodi di indigestione, ma soprattutto legati all’infanzia, quando ero decisamente inappetente con una mamma fissata con il cibo da farmi ingurgitare.

Angie: – Se dovessi riassumere la tua filosofia di vita?
Anna Maria: – Amare sempre, anche quando proprio non se ne avrebbe la forza. La memoria. Ecco, ricordare. Il passato che ci appartiene, anche quando fa tanto male. Senza evitare però progetti e senza negarsi al futuro, anche se non si è più giovani. Il teatro, come possibilità di recitare quei ruoli che altrimenti ci sarebbero preclusi. Per vivere mille vite. Per godere di tanta fantasia. E tuffarsi nella mischia, anche a costo a volte di restare schiacciati. Osare. Provare. Credere. A tutti i costi.

Angie: – in conclusione, una tua ricetta per i miei lettori
Anna Maria: – Pasta con la mollica e le alici (natalizia)
Mettete in un tegame olio extra vergine d’oliva e uno spicchio d’aglio; aspettate che si riscaldi e gettatevi dentro abbondante mollica di pane non fresco, da rimestare fino a quando non si sarà ben bene abbrustolita. In un tegamino sciogliete un paio di alici con un cucchiaio d’olio, fino a quando non sarà diventato liquido. Lessate vermicelli in abbondante acqua salata e, dopo averli scolati lasciandoli non troppo asciutti, conditeli con le alici sciolte e la mollica abbrustolita, aggiungendo un bel po’ di prezzemolo finemente tritato. A piacere aggiungete pecorino fresco grattugiato.

Pasta mollica e alici

Angie: – classica domanda alla Marzullo: Fatti una domanda e datti una risposta.
Anna Maria: – “Anna, Anna, e ancora Anna…imparerai prima o poi che non ti conviene star lì a consumarti la mente nell’attesa di risposte che solo il tempo, e non sempre, può dare? A restare un po’ assente, distante dalle cose e dalle storie? A non prendertela per ogni cosa, come se fosse tua, anche quando proprio non lo è?”
“Non penso… Anna cara, sono troppo affezionata ai dilemmi e al non risolto! In fondo, la mia mente è come l’araba fenice e riesce sempre a ricrearsi da sé.”

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