Intervista semi-seria al bambino che ha educato il suo Mammut da compagnia.

Da Jessi
Nella fase dell’autonomia i bambini inziano a costruire la fiducia in se stessi. Se dicono sempre di no, significa solo: “Io sono autonomo”. Non è meraviglioso? Se la si prende da questo lato, non capita nulla. Ma se la si butta sul personale, la cosa diventa ardua. A quel punto inizia la lotta. (Jesper Juul)

Per tanti genitori non è facile trovare un’alternativa allo sculaccione o alla punizione fisica perché questo è il modo in cui tanti di noi sono stati educati. Ed è ancora il modo prevalente di punire o educare, in molte culture. Però, secondo molti, si può trovare un modo diverso. Forse un po’ più difficile, appunto perché diverso e meno conosciuto, però più utile se vogliamo che i bambini crescano rispettosi ma anche rispettati.

Noi allora abbiamo pensato di rispondere alle tante domande pratiche dei genitori che cercano un’alternativa, intervistando un esperto, il bambino che ha educato il suo Mammut da compagnia. L’impresa forse più difficile che possiamo immaginare!

Come Educare il Proprio Mammuth (da Compagnia)

- Ciao! Un mammut da compagnia, una scelta insolita! Chi te l’ha fatto fare?
- Mi faceva tanta tenerezza!
- Mi sembra un’ottima ragione, in effetti. Sarà contento quindi e grato… e quindi buono…
- Diciamo che a volte mi chiedo chi me l’ha fatto fare, soprattutto quando si mette a piangere di notte e sveglia i vicini e loro poi mi guardano male…
- Li fa i capricci?
- Eccome!!! Soprattutto se ha sonno ma non vuol cedere…
- E tu… Lo sculacci?
- No di certo!!
- La tua è una scelta o una necessità?
- Una scelta ovvio. Ho pensato: se poi lui sculaccia qualcuno? E’ la fine!! Lui non può permettersi di fare come fanno tutti. Quindi dobbiamo fare qualcosa di diverso. E siccome dicono che l’esempio sia il modo più efficace per insegnare ai bamb… ai mammut… e forse anche ai bambini direi.
- Raccontaci qualche esempio!
- Quando non vuole fare la nanna. E anch’io sono stanco e un po’ sfinito… Allora ci stanchiamo ridendo, gli faccio il solletico o le facce! Leggiamo i nostri libri preferiti, ci raccontiamo delle storie. Alla fine, mi dà un bacio e crolla! E anch’io!
- Geniale! Ancora!
- Quando vuole i giochi degli altri. Se li prende li distrugge in un attimo. Allora gli dico: ti capisco, ma non possiamo! Quando troveremo il gioco adatto a te te lo compro. Oppure gli dico che andiamo a casa dove ci sono tutti i suoi amici ad aspettarlo…. Lui a volte piange che la stanza si allaga e mi stringe con la proboscide triste triste… Mi mette una malinconia! Vedessi che faccetta fa! Nonostante sia enormissimo, sembra così indifeso… lo abbraccio, gli dico che lo capisco che succede a tutti essere un po’ delusi! Io lo so bene che mica si impara in due ore a non prendere i giochi degli altri e ad accettare le delusioni! Io sono tre anni che vado all’asilo, ormai sono grande e lo so… Ma lui deve ancora capirlo … allora lo consolo e gli racconto le sue storie preferite e lui non ci pensa più! Oppure forse ci pensa ma pensa di più alle nostre storie.
- Se sta facendo bagnetto e non vuole uscire dalla vasca?
- Ah, in questo caso funziona uno speciale conto alla rovescia. Prima cosa: inizio ad asciugare uno ad uno i suoi amici. Lui sa che alla fine tocca a lui. Ed è pure un po’ contento anche se non l’ammette: a quel punto lo so che vuole uscire per giocare con loro!
- E se non vuole mangiare?
- Nel vocabolario mammuttiano questi verbi non si possono mettere all’imperativo: dormi, impara, ama e … mangia. Non funzionano e’ un fatto certissimo! C’ho provato sai?!?!
- E allora?
- Funzionano invece: gioca, ridi, comprendi e coinvolgi. Questo è un parolone, lo so, ce lo ha insegnato la maestra. Dice che se ci sentiamo compresi siamo più felici. La maestra dice anche che quando siamo coinvolti e attratti da qualcosa impariamo di più e siamo più concentrati e più soddisfatti. E lui…. c’avrà pure una memoria da elefante ma quando gioca e ride e fa qualcosa che lo interessa si dimentica tutto il resto! E gli viene pure fame!
- Se si comporta da maleducato?
- A volte ripete le parolacce perché le sente sull’autobus e si diverte. Se vede che mi arrabbio, si diverte ancora di più a volte… Un po’ di competizione tra noi ci sta pure… Allora faccio finta di niente, non cedo alla provocazione e di solito passa. Faccio anche la faccia un po’ disgustata come a dire “Ah, tu parli così, io no davvero!”
- Il momento più difficile?
- Quando non vuole uscire da casa o da un negozio… E chi lo smuove??? Non gli dico certo “Ora ti lascio lì” perché gli metterei troppa paura e certo non lo posso nemmeno prender di peso…
- E allora??
- Aspetto un pochino. Mi preparo mi metto la giacca. Gioco d’anticipo: gli faccio capire che è l’ora di andare ma gli lascio un margine di scelta. Sono il suo bambino da compagnia mica il suo capo!!!
- E’ un mammut fortunato…
- Tutti i mammut lo sono. Pensa che ne restano pochi esemplari, gli altri sono tutti estinti o ibernati o incattiviti! Solo le coccole possono farli sopravvivere in un ambiente ostile e inadatto ai piccoli mammut come il nostro mondo. E più sono felici più diventano forti, più sono forti più ci vogliono bene. E così anche per noi che gli facciamo da mamma o papà e’ più facile superare i momenti difficili!! Le coccole di un mammut sono le più calde e dolci e tenere del mondo (anche per non stritolarci e’ ovvio!!)

*Intervista liberamente ispirata al libro: COME EDUCARE IL PROPRIO MAMMUT (DA COMPAGNIA), A cura di QUENTIN GREBAN, Collana White Star ragazzi

**ringrazio Elisa di Non Togliermi il Sorriso per avermi aiutata con questa intervista

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