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Interviste, Unknown Italian Pleasures: una breve chiacchierata con gli In Her Eye.

Da Sonofmarketing @SonOfMarketing

Avete avuto modo di conoscerli tramite Pleasures of Unknown. Gli In Her Eye Hanno vinto il secondo appuntamento del nostro contest per Band Emergenti. Li abbiamo intervistati per farveli conoscere meglio. Prima dell'intervista, ecco qualche cenno biografico.

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Gli In Her Eye nascono ufficialmente nell'inverno del 2007 quando Aldo Bernuzzi, Giuseppe Galotti e Stefano Schiavella, dopo diverse esperienze maturate durante dieci lunghi anni di musica in vari ambiti, decidono finalmente di dare forma ad un progetto che racchiuda in sé le radici del sound che li ha sempre affascinati: un caleidoscopio di suggestioni ed echi della New Wave Anni '80, unite ad un grande amore per la scena Indie/Noise/Shoegaze degli anni '90 e ad una genuina attitudine rock. Il primo full lenghth si intitola "Anywhere Out Of The World", uscito a fine luglio per la label Nomadism Records. Anywhere Out Of The World è composto di 12 tracce in bilico tra influenze 80's (Duran Duran, New Order, The Cure su tutti) e soniche (Swervedriver, My Vitriol, Sonic Youth, Dinosaur Jr.).



1) Partiamo dalle caratteristiche del vostro suono. L'ispirazione è chiaramente la scena anni 80 della new wave e derivati. Negli ultimi anni c'è stata un'esplosione di band che percorreno la strada del revival. Premettendo che non mi sembra il vostro caso, in cosa vi sentite differenti rispetto alle migliaia di band che si rifanno a quell'epoca?

Veniamo tutti e tre dagli anni 80, quindi non possiamo negare che esista un’influenza del suono “new wave”, per quanto sporcato da distorsioni e da strutture più vicine allo shoegaze e al noise rock. Ma il termine revival ci crea qualche disturbo. Probabilmente quello che ci differenzia da molte altre band che stanno cavalcando questa via (alcune onestamente, altre un po’ meno) è la nostra “formazione”: il nostro sound è il risultato di diverse culture, influenze ed emozioni musicali, maturate nel corso degli anni ed in diverse situazioni della
nostra vita. Abbiamo avuto modo di sperimentare e percorrere diverse strade, e questo ci ha necessariamente portati ad incorporare influenze eterogenee, siano esse percepibili concretamente all’ascolto o meno. Ma fondamentalmente, la ricerca di suoni è il nostro scopo. E’ il punto principale del nostro concetto. Ed in ogni caso non amiamo fare sempre le stesse cose o sentirci troppo vincolati a un “genere”.


2) A luglio è uscito il primo album Anywhere Out of the World. Il titolo prende ispirazione dal racconto di Antonio Tabucchi che a sua volta cita Baudelaire. Questo da al disco una caratterizzazione introspettiva. Ero curioso di sapere se avesse anche un velato valore politico/sociale. Raccontateci la scelta del titolo e come è legato il tutto alla nascita dell'album.


Il disco è uscito in un momento morto, sia a livello discografico che a livello di promozione. Anche questo ha caratterizzato, e non poco, il suo significato. Questo però è dato dal caso, altre cose invece no, come per esempio il titolo che è nato proprio da una poesia di Charles Baudelaire, ma che è soprattutto la traccia numero
2 del disco. La canzone racchiude meglio di altre il nostro sound: psicotico, aggressivo, sonico, visionario e concettuale. Il testo racconta di tendenze negative, un riscoprirsi diversi da come si era immaginato di essere fino a quel momento. E nel paradosso di essere un normalissimo folle ovunque fuori dal mondo. Credo che anche la copertina esprima in pieno il “normale senso folle” di quel testo e di tutto il concept del disco.

Significati socio/politici nelle nostre canzoni ci sono, ma non sono espliciti bensì nascosti e subdoli, esattamente come la società impone i suoi criteri. Si possono leggere tra le righe, ma in ogni caso la ragion d’essere del gruppo non è socio politica. Siamo tutti e 3 persone molto diverse, qualcuno è più sensibile a certe
tematiche, altri meno, quindi un punto di vista univoco e condiviso su questi argomenti non è possibile. Ma quello che è comune a tutti è la percezione di un certo tipo di malessere, di disagio, di degrado e decadenza ma anche di gioia (pura o coperta da un velo di malinconia). Percezione che può essere applicata alla nostra società così come a qualsiasi altro tipo di società presente o futura. E credo che sia questo che in fin dei conti cerchiamo di trasformare in musica. Ma non siamo dei depressi per forza, e anche questo è certo!

3) In che modo la letteratura e il cinema influenzano il vostro modo di fare musica? E chi sono i vostri punti di riferimento in questi campi?

Farti esempi o darti dei nomi non ci entusiasma, anche se ce ne sono moltissimi. In realtà, tranne casi sporadici, il peso della musica stessa è molto più forte delle altre arti nell’ispirare le nostre canzoni. In generale in ogni caso ci è comune l’attrazione per tutto quello che è diverso, soprattutto in chiave visionaria. Quindi potremmo citarti David Lynch per esempio (che è una passione per noi tutti, e per qualcuno un’ossessione) o Arthur Rimbaud e il Decadentismo. Ma sinceramente l’ispirazione può nascere da qualunque cosa esista o meno in natura. I punti di riferimento sono molteplici, di svariata natura e sconfinano dalle sole arti visive e narrative. A volte può derivare dalle situazioni più inaspettate: una volta è capitato che derivasse da alcuni cani che latravano pesantemente. Sono entrati con un tempo, a dir poco perfetto, durante l’arrangiamento di una canzone. Ci stavano talmente bene che abbiamo ricreato l’esperimento in studio di registrazione. E possiamo dire che è davvero riuscito. Ma non vi diciamo dove.. scopritelo voi!

4) Se doveste collocare la vostra musica come colonna sonora di alcuni film, quali sceglieresti per descrivere meglio voi e la vostra arte?

L’atmosfera è sicuramente eterea e decadente, quindi ci vengono in mente film come Il Giardino delle Vergini Suicide, American Beauty, Buffalo 66 di Vincent Gallo. Ma anche Lynch o il senso di malattia/guasto che lascia Cronenberg. Probabilmente per la trama sarebbe adeguato qualche vecchio film di Tarantino. In realtà ci verrebbe da chiedere a qualche regista: in quale film vorreste che ci fosse una canzone degli In Her Eye? Noi siamo qui, e attendiamo sfide.

5) Parliamo dei Live. Come vi approcciate nelle esibizioni dal vivo e qual'è il valore aggiunto che apportate rispetto alle registrazioni in studio? (mi riferisco a cambi strutturali dei pezzi, utilizzazioni di arti visive e figurative, ecc.)?

Dal vivo cerchiamo di esaltare il suono con un groove più noise. Questo perché vogliamo che dal vivo ci si possa esprimere più liberamente possibile. Via metronomo, via barriere. L’importanza del suono è un elemento chiave in tutte le nostre canzoni in studio come dal vivo, ma siamo molto più diretti e rumorosi, ed è quello che ci piace, amiamo essere avvolti dal suono ed amiamo che anche il pubblico lo sia (cosa che su disco non sempre è così facile, per un motivo o per un altro). Amiamo le arti visive ma non abbiamo ancora avuto modo di avere un’adeguata strumentazione a riguardo, anche se qualche idea ci ronza in testa…chissà…

6) Avete già cominciato a pensare ad un secondo album? Se si, qual'è la possibile direzione che potrebbe prendere la vostra musica? Quali sono i vostri prossimo appuntamenti dal vivo?


Risponde Giuseppe Galotti: Siamo in fase compositiva, ma per ora ad un secondo album non ci stiamo ancora
pensando. Troppo presto. Per quanto riguarda i live, purtroppo siamo stati molto fermi per vari problemi. L’ultimo problema è stata la paralisi totale di un nervo del braccio destro del nostro batterista. Paralisi totale!! Solo ora sta cominciando a svegliarsi e a rispondere alla fisioterapia. Quindi l’unico modo per andare avanti
è stato quello di lavorare sulle basi di nuove canzoni. Fortunatamente la vena compositiva è davvero forte e creativa, stiamo arrangiando velocemente pezzi nuovi che ci soddisfano molto. Il sound è sempre il nostro, ma lo manifestiamo in modi sempre un po' diversi.
Comunque sia, molto presto saremo finalmente pronti per sostenere il contatto diretto con il pubblico, anzi, a dirti la verità, stiamo bruciando dalla voglia e non vediamo l’ora

7) Come ben sapete il nostro blog si occupa soprattutto di diffondere musica meno conosciuta. Quali band/artisti meno noti, ma che meriterebbero più visibilità, consigliereste ai nostri lettori?


La lista sarebbe davvero infinita… Negli ultimi anni la musica ha avuto un’evoluzione davvero particolare. Ci sono tantissimi gruppi in gamba che non hanno spazio e opportunità per essere visibili quanto meritano. Ti posso citare i Retrolove e le Agatha di Milano. Ma anche i Sea Dweller di Roma.


 


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