Il pueblo cileno è davvero unido agli Inti-Illimani. Popolo, band e Storia recente del Paese sudamericano sono una cosa sola. E’ questo il messaggio che, forte e chiaro, emerge dal documentario realizzato dall’accoppiata Francesco Cordio e Paolo Pagnoncelli sulla storica band andina. Un escursus dagli anni Settanta ad oggi, passando per l’esilio (1973-1988) in Italia durante la dittatura di Pinochet e il ritorno trionfale in patria, l’avvicendarsi di vecchi e nuovi membri del gruppo e l’immutabile legame affettivo (e non solo) col popolo latino. Storia di una band che, come una fenice, si rinnova e rinasce, che fa tesoro del passato e guarda al futuro, scavalcando l’immagine stereotipata e leggendaria tutta poncho e pugni alzati.
Inti-Illimani – Dove cantano le nuvole pone esplicitamente e volontariamente l’accento, o forse sarebbe meglio dire la tònica, sulla dimensione musicale della band, e molto meno sulla componente politica. Ci si concentra su Jorge Coulon&Co. con piani ravvicinati, visivi e narrativi, tramite interviste e presentazioni genuine, quasi improvvisate. I volti del popolo cileno rimangono sullo sfondo, visibili solo in brevi e radi spezzoni di repertorio e riprese live di concerti di piazza. Nonostante questo, la loro anima e il loro sentire nazionale sfondano verso il primo piano emozionale dello spettatore. Commoventi e coinvolgenti le fuggevoli sequenze in cui giovani fan della band, cantando con trasporto quasi romantico la loro canzone del cuore, dimostrano davvero di godere e incarnare quei ritmi di flauti e maracas, quei suoni dolci e sinuosi. E questo, verace e innamorato, è quel popolo che “negli anni proibiti” comprava i loro dischi clandestinamente chiedendo di “altro genere di musica” ai mercatini delle pulci e che ama gli Inti-Illimani più dei Pink Floyd. Un legame così a doppio filo che gli stessi membri della band, trovatisi di fronte ad un possibile scioglimento, hanno optato per continuare a suonare e cantare insieme, perché gli Inti-Illimani sono del popolo, sono patrimonio del popolo.
Un film a tesi dunque, una sorta di saggio breve cinematografico che si concentra e circoscrive intorno alla portata di unidad popular della band. Una tematica delimitata, forse anche troppo, ma certamente sintomo di una scelta forte, che esprime personalità e coraggio da parte dei due registi. Una scelta scivolosa, che espone a critiche di parzialità, ma allo stesso tempo sfugge alle accuse di generalismo. Detto questo, la pellicola ha le sue smagliature, lentezze e lunghezze (qualche minuto in meno non sarebbe certo guastato). La struttura intervista-concerto-intervista –concerto alla lunga stanca, si fa ripetitiva, e si sente la mancanza di qualche colpo di coda o cambio di respiro. Peccati tecnici veniali in fin dei conti. E quindi perdonabili. Perché Inti-Illimani – Dove cantano le nuvole è un documentario sentito, di cuore e di pancia, che ci ricorda come la musica sia portatrice di cultura e libertà, chioccia di radici e Memoria, spina nel fianco del Potere e fonte d’identità nazionale.
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