Magazine Diario personale

§ Intoccabile §

Creato il 03 agosto 2010 da Faith

Ci sono delle volte che i mal di testa sono così forti che vorrei trovare il modo di infilarmi le dita nel cervello e allentare la pressione nel cranio. Sono quei momenti in cui la frase "mi scoppia la testa" ha un significato perfettamente letterale e l'unico desiderio sarebbe allargare lo spazio tra le ossa per diminuire la tensione.

Non si può, naturalmente, e il dolore si fa così forte che sembra non finire mai, tutto il sistema nervoso autonomo si agita, il cuore comincia a battere all'impazzata, lo stomaco si contrae tanto è il dolore, ci sono delle volte che penso - ecco, stavolta non la supero - .

Per fortuna non è mai così, è solo un'altra maledetta cefalea, solo un altro giorno perso a letto.

Quando sto così, non posso stare davanti agli altri, non sopporto il rumore della voce, dei respiri, non sopporto che si inquietino per la mia agitazione, per il mio girarmi e rigirarmi nel letto.

Sul Faito sono stata talmente male che mentre una mia compagna mi parlava non riuscivo più a comprendere il senso delle sue parole. Mi sono allontanata in solitudine, mi sono aggrappata a una ringhiera e ho vomitato quel po' che avevo nello stomaco (quell'intensivo sul Faito non passerà di certo alla storia per il cibo

:zott:
 ).

Mi sono trascinata o sono stata più o meno trascinata, in quella fase i ricordi sono lievemente confusi, fino a una poltrona. Respiravo a fatica, perchè in quelle fasi tutto mi costa di più. E mentre tutti gli altri erano a tavola a spartirsi il mio pranzo (sciacalli 

:asd:
 ), lei stava lì. Seduta a terra, con le gambe incrociate, l'espressione dolce, forse un po' preoccupata o dispiaciuta, ma dolcissima, e mi teneva la mano. Non faceva niente, non diceva niente, non si affannava e non mi affannava, soprattutto. Ma era lì e io la sentivo, in quel momento in cui tutto è più allucinante, come una presenza fortissima. E doveva trasparire limpidamente e inconsapevolmente dalla mia espressione, perchè quando le dissi di andare a mangiare qualcosa e restò con me un'altra ragazza, dopo pochi secondi mi si rivolse dicendomi - Lo so che vuoi lei -

Ed era vero.

Quest'estate, questa ennesima estate che mi pesa, che sto impegnando in studio e preparativi lavorativi, se vogliamo definirli così 

:rolleyes:
 , la sto impegnando andando a giocare a tennis, cercando di farmi venire un infarto salendo in bicicletta con un cambio pesantissimo fin sotto la cascata della reggia. Cerco di scaricare la tensione. Ma questo significa anche un'altra cosa: significa prendere sole, significa che la pelle si scurisce. Ma non tutta la pelle è la stessa addosso a me. Ci sono tratti di pelle che non cambiano colore, che restano bianchi e che nel contrasto mi sembrano così evidenti.

Provo odio, per me, fondamentalmente. E temo. Temo, perchè se provo odio per me, voglio assolutamente distruggere tutte le cose buone che l'odio non mi consente di avere. E prima ancora che su di me, so già dove potrebbe indirizzarsi.

Contemporaneamente, però, è bastata la notizia che non sia stata bene, è bastata quella, che mi ha sconvolta, mi ha riempito come di una rabbia, anche se non era esattamente rabbia. Non volevo, non volevo assolutamente esserle mancata in quel momento. La sola idea mi ha dato un dolore inaspettato, che non so spiegare, mi ha colto di sorpresa, spiazzata.

Non credo che avesse bisogno di me, naturalmente. Sono io, che non voglio assentarmi, che non voglio che i pensieri mi portino via, lontano.


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