“Mangiamo del pollo per cena?”
“No”, ha risposto la nostra guida. “Corrono troppo veloce.”
Dopo queste sagge parole ho pensato che la nostra permanenza nel villaggio sarebbe stata indimenticabile.
Luang Prabang, Laos, è un’ottima base di partenza per delle escursioni nei remoti villaggi della regione. Questo almeno è quello che diceva ogni brochure, guida o blog che avevamo consultato. Dal momento che eravamo proprio a Luang Prabang e che fare un’escursione in verso un posto remoto (e non solamente “lontano”) suonava come un’impresa da veri viaggiatori, abbiamo deciso di fare un tentativo.
Il mattino successivo ci siamo alzati presto per incontrare la nostra guida. Un camion ci ha portati all’inizio del nostro percorso di dodici chilometri. Pochi minuti dopo eravamo in cammino tra villaggi sperduti e panorami spettacolari che si succedevano più rapidamente di quanto non fossi in grado di fotografare. Improvvisamente i campi di riso si sono interrotti abbiamo proseguito per gli impervi passi di montagna. La densa vegetazione premeva sulla nostra pelle sudata, per poi aprirsi in una vallata incorniciata da formazioni carsiche.
Dopo nove ore siamo finalmente arrivati alla nostra dimora tra le montagne, un villaggio posto in una splendida vallata, circondato da montagne e palme. C’era un solo rubinetto da cui trarre l’acqua corrente per lavarsi tutti insieme ed elettricità per due ore al giorno.
Ho provato un misto di stupore e curiosità. Non sapevo come comportarmi, visto che non potevamo farci capire dagli abitanti, così per un po’ siamo rimasti a fissarli, impalati nelle nostre scarpe da tennis a cappellini da baseball.
Siamo passati davanti a una famiglia seduta a un tavolo che intrecciava braccialetti. Ci siamo avvicinati timidamente alla porta e abbiamo sorriso. Una donna ci ha invitati a entrare con un gesto del capo e a quel punto abbiamo visto un anziano cantilenare e una candela infilata in una grossa coppa piena di riso e soldi, e le ossa di una gallina. Hmm… forse non stavano semplicemente intrecciando braccialetti.
Più tardi abbiamo scoperto che eravamo piombati in casa nel bel mezzo di una cerimonia sciamanica. Il rito comprendeva legare dei lacci bianchi al polso di un neonato e di una donna anziana, per poi spezzare le ossa della gallina. Lo sciamano ha cantato ancora per qualche minuto chinato su una candela, e poi tutto è finito. La gallina è stata servita per cena con il riso.
Con molta discrezione, siamo usciti dalla casa mezzi emozionati e mezzi imbarazzati. Non trovando atre situazioni in cui sarebbe stato del tutto sconveniente infilarci, siamo andati alla nostra capanna, dove ci aspettava la nostra cena.
Alle otto di sera eravamo già completamente esausti e ci siamo addormentati al suono dell’unica televisione di questo villaggio di 600 abitanti.
Otto ore e mezza dozzina di sveglie cantate dal gallo più tardi, siamo riemersi dalle nostre stanze per fare colazione con uova, caffè e riso appiccicaticcio. Dopo aver visitato l’edificio di due stanze in cui i bambini del villaggio vanno a scuola, siamo tornati di malavoglia sulla strada per Luang Prabang.
Avei preferito trascorrere al villaggio più tempo, magari in un modo che non facesse sembrare me una spettatrice e loro uno spettacolo. Non so proprio immaginare cosa penserei se un gruppo armato di macchine fotografiche piombassi improvvisamente nel mio quartiere per scattare foto della mia vita privata…
Dove si trova Luang Prabang?
Ashley vonClausburg
Dopo quattro anni di lavoro nelle relazioni internazionali a Washington, DC, ho deciso che volevo vedere il mondo invece di sentirlo raccontare dagli altri. Armata di un biglietto di sola andata, dei brutti sandali da trekking e una discutibile combinazione di pantaloncini e magliette, ho mollato casa e lavoro e ho cominciato a viaggiare da sola in Asia.
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