Invecchiando si migliora: Ray Allen insegna

Creato il 19 febbraio 2012 da Basketcaffe @basketcaffe

Nell’assoluto delirio linsanity che sta caratterizzando l’ultima settimana della NBA e della Eastern Conference, vale la pena analizzare le cifre di Ray Allen che nonostante gli anni, si avvicinano i 37, continua a fornire prove balistiche importanti all’interno di un’edizione dei Celtics che fatica…
Il problema è che in questi giorni tutto si rimpicciolisce in confronto a Jeremy ‘the Wonder’, anche il back-to-back-to-back vincente degli Heat!

Le cifre di Allen sono migliorate per quel che riguarda la percentuale dal campo (dal 45,3% al 47.1%), quella da tre (48,3% dal 40%) e quella dei tiri liberi (dall’89,4% al 91,4%). Sono diminuiti i punti da 20 a 14.3 a partita, ma c’è stata una generale ri-distribuzione delle responsabilità offensive tra i Big Three Plus One con Rondo in chiara crescita anche se non sicuro del suo futuro.

In questa strana stagione post-lockout è difficile capire il vero valore delle squadre men che meno lo stato di forma dei singoli giocatori sempre più sollecitati da una programmazione estremamente compressa in cui qualsiasi infortunio o problema può far saltare 4 o 5 partite, influendo in maniera significativa sul record.
Il discorso si applica alla perfezione ai Celtics, squadra di veterani che potrebbero beneficiare della stagione più corta, piazzando la zampata decisiva durante i playoff, a cui devono arrivare però (ora sono 7°) possibilmente senza sprecare tutte le energie nel percorso.

Il lento inizio di Paul Pierce, l’ultimo infortunio di Kevin Garnett e l’influenza di Ray Allen certamente non hanno aiutato il record 15-14, appena sopra il 50%.
Questa volta però i Celtics sembrano più organizzati rispetto alla fine era degli ultimi Big Three che ha lasciato Boston in difficoltà e con una squadra tutta da ricostruire lentamente negli anni: Danny Ainge infatti ha spiegato molto tranquillamente che se si dovesse presentare l’occasione di uno scambio che aiutasse a costruire il futuro della squadra, non esiterebbe. Questo non significa che stia attivamente cercando di smembrare la squadra perchè come anche coach Doc Rivers sostiene ‘questo gruppo ha ancora del buon basket da giocare’.

Il problema per Allen è che nonostante i numeri, la sua squadra non sta andando meglio, ma a gennaio quando le cose erano veramente complesse (senza Pierce e Rondo) si è preso la squadra sulle spalle (13.5 punti, con il 54.9% da tre!); quando poi al leader vocale maximo, Garnett, si sono ri-aggiunti anche The Captain and the Truth e Rondo, He Got Game è tornato a farsi leggermente da parte diventando di nuovo quel leader oscuro, capace di guidare i compagni senza bisogno di alzare la voce.
Senza palla in mano Ray Allen rimane un poeta e le sue percentuali astronomiche da tre sono solo l’ennesima conferma del tipo di giocatore che è e della grande professionalità che lo contraddistingue.


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