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Invincibili o comuni mortali?

Creato il 09 novembre 2010 da Basketcaffe @basketcaffe

wade-jamesQuanti di noi dopo l’opening night ha pensato tra se e se “…lo sapevo!“grande attesa nel vedere quei tre giocare insieme per la prima gara ufficiale della stagione e poi la lezione presa dai per i Three Kings (mi pare giusto che meritino un appellativo diverso da quello che ha fatto storia a Boston), Wade, James (che tuttavia il suo lo fece) e Bosh dai Celtics dei Big Three“. Diversi dubbi, e aspettative finite nella perplessità ha gettato la prima stagionale, su quella squadra che alcuni considerano destinata a dominare e che altri invece giudicano essere “troppo bella per… funzionare”. Lebron e Wade saranno fatti soltanto per il solito “palla a lui … e arrangiati” ed avere un team al proprio servizio, o possono anche mettersi a giocare di squadra ed essere inquadrati in un ruolo preciso? Inoltre, per tutto quel talento, basterà un “semplice” Spoelstra o ci vorrebbe più esperienza e carattere?


Domande che in realtà si avviavano ad avere in apparenza facile risposta, visto quanto accaduto nelle successive quattro gare, e costringere così i più a fare pubblica ammenda per quanto dubitato dopo il debutto. Sembrava che quei tre ci avessero tirato un bello scherzetto al loro esordio e si siano poi strizzati l’occhio a vicenda cominciando a fare sul serio, frantumando le difese avversarie, vedi il +26, +23 e +32 di scarto finale imposto ai malcapitati Magic, Nets e Timberwolves. Veniva quasi da temere che la maggior parte degli avversari della lega avrebbero dovuto recitare di volta in volta il ruolo di vittime sacrificali.

Dalla gara contro Phila a quella con Minnesota, tutto è sembrato perfetto e come da molti temuto.Wade e James che si alternano nella conduzione delle azioni d’attacco, con l’altro puntualmente nel ruolo di terminale conclusivo e che si mantengono rispettivamente sui 22 e 20 punti a partita, mentre Bosh nel pitturato a fare la voce grossa a catturare rimbalzi e mettere tiri dalla media distanza o in avvicinamento, viaggiando sui 13 punti e 7 rimbalzi, se poi ci mettiamo pure che il resto del team ha dato il suo contributo allora si capisce come gli Heat tornino a candidarsi come una delle squadre più dominanti squadre della lega degli ultimi anni. Praticamente, nel gioco, per quei tre sembrava non fosse cambiato nulla rispetto alla precedente stagione, solo il fatto di indossare la stessa canotta e di avere di fianco due che avevano in squadra solo all’All Star Game e l’intesa sognata dalla gente di South Beach sembrava essere arrivata. Stan Van Gundy ha detto di loro dopo la pesante sconfitta dei suoi Magic:

Nessuno ha più di una vaga idea di come sono gli Heat una volta che trovano una coesione nel gioco.

E poi, cosa ti accade? Che i supereroi tornano comuni mortali, e andando a far visita agli Hornets, credendo di imporre anche lì la propria legge, trovano una sconfitta inaspettata (fino ad un certo punto, di fronte a degli Hornets tuttora imbattuti). I padroni di casa non ci stanno a soccombere, e per buona parte della partita sono avanti e contengono la potenza e la classe delle tre stelle, che giocano comunque sui propri standard, chiudendo la gara rispettivamente con  63 dei punti 93 finali degli Heat, ma attorno a loro il vuoto: gli altri sei che sono scesi in campo hanno totalizzato solo 30 punti complessivamente. Problematica soprattutto la fase difensiva che concede punti facili agli avversari, soprattutto al solito ispiratissimo Chris Paul da 13 punti e ben 19 assist, un devastante Okafor da 26 punti ed altri cinque giocatori in doppia cifra portando ad una sconfitta dunque meritata frutto del migliore gioco di squadra di New Orleans invece del gioco individuale di Miami.
103890191MS033_ORLANDO_MAGIQuei tre da soli non possono vincere le partite…” si pensa, e per tutta risposta, due sere dopo eccoti il facile +12 finale contro i Nets in cui proprio quello che non è bastato nella gara precedente, e cioè i soli punti di James, Bosh e Wade (23, 21 e 29 per loro, 28 per il resto della squadra), stavolta è stato sufficiente a controllare la partita, anche se nettamente diversa è stata la consistenza dell’avversario.

Su questa squadra stellare si ritorna ad avere dubbi, se non altro su quel ruolo di dominanza che si era ipotizzato per questi Heat, che forse non hanno quel cast di supporto adatto per garantire il minimo sindacale di punti da affiancare a quelli di Bosh, Wade e James. Ci si chiede se forse i soli punti dei tre All Star bastino a battere le squadre di minore livello tecnico ma non quelle più solide e di spessore. Miami è una squadra in cui il gioco di gruppo si vede ancora raramente (sono una delle squadre con il minor numero di passaggi complessivi a partita della lega), e spesso si vedono “i tre” rispondersi a vicenda con giocate ad effetto che spesso vanno a segno ma portano anche a forzature al tiro, trascurando i compagni costantemente liberi e forse anche in grado di segnare. Problema di chimica di squadra ancora da creare o forte carenza in un roster incompleto e complessivamente non di valore adeguato alle aspirazioni della franchigia? Riuscirà Spoelstra a disciplinare tatticamente tanto talento, ammesso che si possa e debba farlo? Il bello della NBA è che non bisogna aspettare una settimana per darsi una risposta.


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