AFFINITA’. Inzaghi e Ibrahimovic in allenamento (ph. Epicfootball.org)
Personaggi (Milano). Filippo Inzaghi ha parlato in esclusiva ai microfoni di Mediaset, per la rubrica La tribù del pallone, in un’intervista in cui l’attuale allenatore della Primavera del Milan ripercorre i momenti cruciali della sua carriera, a partire dal trasferimento in rossonero: “Venni al Milan per il corteggiamento pressante che Galliani e Berlusconi non smisero mai di farmi. Ricordo che un giorno mi chiamò al telefono Umberto Agnelli: mi disse che non aveva mai conosciuto un giocatore che voleva andare via dalla Juve. Avevo 28 anni, la voglia di mettermi in discussione non mi mancava e poi c’era San Siro, uno stadio veramente speciale. Mi sentii di farlo: e mai scelta fu più azzeccata”.
A proposito dei trionfi con il Milan, Filippo Inzaghi dichiara: “Quello che posso dire è che eravamo un gruppo di assatanati. Vincevamo la Champions? Subito ci dicevamo che dovevamo vincere la Supercoppa. Vincevamo la Supercoppa? Subito il pensiero andava all’Intercontinentale. Magari non riuscivamo a goderci i trionfi: ma adesso che alleno i ragazzi, quel che cerco di trasmettere loro è quella fame di vittorie che avevamo noi, quell’ambizione infinita. Ambizione che non fa rima con presunzione. Col Milan ho vinto due Champions e tutti associano il mio nome soprattutto alla seconda, quella di Atene 2007, per la doppietta firmata in finale con il Liverpool. Ma in realtà io sento forse più mia la Champions 2003, quella che vincemmo a Manchester ai rigori contro la Juventus. Feci qualcosa come 12 o 13 gol, cominciai nel preliminare contro lo Slovan e non mi fermai più. Nel 2007, invece, fu tutto più difficile: prima la lunga inattività dopo l’operazione alla caviglia subita ad Anversa, poi il ritorno sui campi, naturalmente non al meglio. Tant’è che alla vigilia della finale di Atene Ancelotti era incerto se far giocare me o Gilardino. Giocai e segnai 2 gol, poi ne segnai uno al Siviglia nella finale di Supercoppa e 2 al Boca Juniors nella finale Intercontinentale. Cinque gol in tre finali, le tre finali più importanti, tutte vinte: non c’è riuscito nessuno, nemmeno Messi o Cristiano Ronaldo. È un record che mi tengo stretto”.
Infine, quando gli viene chiesto se ha qualche rimpianto, Inzaghi dichiara: “Forse uno: quello di non aver giocato di più a fianco di Ibrahimovic nel mio ultimo periodo al Milan. Tra di noi c’era un feeling incredibile, lui aveva gioia quando io segnavo: credo fossimo fatti per giocare assieme e fare coppia in attacco. In realtà non fu possibile: sapete tutti com’è andata (Inzaghi si riferisce all’ostracismo datogli da Allegri, n.d.r.). Ma certo fu un peccato. Avessi potuto fare coppia stabile con Ibra forse adesso starei ancora giocando. Ma va bene lo stesso. Il mio sogno oggi? Restare al Milan per tutta la carriera. E se non sarà possibile, me ne farò una ragione”.
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