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Io e Ayrton

Creato il 05 maggio 2014 da Simo785

a cura di Marius

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L’era di Senna ha coinciso, incidentalmente, con le mie scuole medie e superiori e, così come si cerca di rifuggire dallo studio dei classici quando ci viene imposto, così rifuggivo il mito di Senna quando dominava in pista, dovevo essere necessariamente “contro”, era troppo facile tifare per Piquet, Prost o, appunto, Senna. Questi però, a differenza dei primi due, era (ed è ancor di più ora) una religione, Ayrton divideva il mondo tra chi stava con lui e chi stava contro di lui, per i tifosi così come per gli addetti ai lavori o per i piloti. E io volevo essere contro, non potevo tifare per Senna.

Il tifo contro era direttamente proporzionale alla classe e alla grandezza del pilota e Senna era il più forte, senza dubbi e il tifo contro non poteva che crescere di anno in anno. Senna era cattivo ma la cattiveria è necessaria per vincere, se non ce l’hai non puoi diventare tre volte campione del mondo, era cinico e andava oltre ogni limite per primeggiare ma sapeva gestire il suo atteggiamento.

Pur cercando di convincermi che vincesse solo ed esclusivamente perché aveva tra le mani il volante migliore dentro di me sapevo che non era così.

Poi, il primo giorno di maggio di venti anni fa mi sono ritrovato orfano di Senna, orfano del “nemico”.

Il tempo che passa crea la distanza e, a distanza, si è in grado di mettere a fuoco meglio le cose; anche quell’era è stata messa a fuoco da lontano, dopo dieci, quindici anni restano le immagini dei capolavori di Ayrton e le interviste.

La profondità dei suoi pensieri, mai banali, lasciano il segno, fanno pensare. Capita raramente nel mondo sportivo.

Dai suoi occhi e dalle sue parole trasparivano la voglia, anzi la necessità di eccellere e la conseguente sofferenza viatico per raggiungere l’obiettivo, per raggiungere il destino. La vittoria non era solo un’opportunità o una possibilità, doveva essere il suo destino.

Senna era, è un eroe romantico, nell’accezione letteraria, la sua vita è stata degna di un romanzo, con una sottile tristezza che ne ha caratterizzato lo stile e l’esistenza in pista e fuori e la consapevolezza di essere diverso dagli altri.

Forse anche con la consapevolezza che non avrebbe avuto una vita oltre le corse, che il destino lo avrebbe santificato sul muretto di un circuito italiano, un giorno di maggio.

Pro o contro Senna, tertium non datur.

Non si poteva restarne indifferenti e non è possibile dimenticarlo.

La morte rende immortali i santi e gli eroi.

 


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