Il film è uscito la settimana scorsa (26 ottobre 2012), è ha la regia di Bertolucci. Il libro è uscito più tempo fa, è di Niccolò Ammaniti e costa 10 euro (Einaudi). Bertolucci ha letto la storia e ne ha detto “ne faccio un film”. L’ha fatto.
Non saprei dire che cosa è meglio fare, se prima leggere il film o guardarsi il libro. So che fra i due, quello a cui darei la priorità, in assenza di tempo, è guardarsi il film. Perché? perché nel film c’è veramente tutto, e per la verità di più. Il libro aiuta a interpretare alcuni dettagli.
La storia (tra film e libro)
(I linea di massima a me piacciono i film che si svolgono in un solo posto, o meglio, che godono dell’unità di luogo. E anche quelli che godono dell’unità di tempo, un po’ come Carnage, che infatti è molto teatrale. Sì, ho corsivato me stessa)
La storia è quella di un adolescente un tantino disadattato, con le sue paure e le sue voglie di farsi accettare. Uno di quelli che in verità siamo stati tutti – anche i più bulli.
I genitori lo percepiscono asociale, lo psichiatra un narcisista, lui stesso (forse) si vede solo, e si parla allo specchio, guardando il suo corpo in evoluzione.
Un giorno sente dei compagni di classe che partono per Cortina e si mente alla madre, sostenendo di essere stato invitato in settimana bianca dai compagni di classe (il gruppo più integrato) – ecco questo è un punto della trama che è reso diversamente – diversamente da che? eh, appunto.
La madre è felice, piange di gioia “lo psycho funziona” si dice, finalmente nostro figlio ha una vita sociale – yuppie!. Lorenzo Cuni (il ragazzino in questione) non sa come ritrattare la balla. E così ci sguazza dentro, decidendo di soggiornare nella cantina (abitabile) della sua stessa casa durante la settimana bianca.
Si compra le provvigioni per una settimana, in maniera ordinata e compulsiva, freak control: 7 coca cola, 7 scatolette di tonno, 7 carciofini, nutella e pane. La dieta di un campione. (grande mancanza nella dieta di un adolescente: le m&m’s). Organizza la messinscena e si prepara a passare il suo tempo tra playstation e letture fantascientifiche.
A vacanza inoltrata bussa alla porta della cantina Olivia: la sorellastra. Una fotografa, eroinomane, sulla ventina, in cerca di soldi per comperarsi la dose. Cerca nella scatola delle sue cose, che il padre (in comune con Lorenzo) ha messo in cantina. Non trova niente. Se ne va.
Ritorna, e decide di “pulirsi” (disintossicarsi) nella cantina, perché ha in mente di ricongiungersi con il suo amore (che sta con un’altra e che non si metterà mai con lei, perché lei è una drogata).
La fine
La fine nel libro e nel film sono diverse, ma solo apparentemente. Nel libro Olivia muore per overdose, alla stazione di Cividale di Friuli, e a distanza di dieci anni il fratello ne riconoscerà il corpo. Nel film i due si lasciano con una promessa: Lorenzo non si nasconde più, Olivia non si droga più. Nel film non si capisce quale sarà la fine dei due, io posso dire di aver intuito che nessuno dei due mantiene la promessa, e questo perché poco prima di andarsene Olivia compra una dose e la mette in un pacchetto di sigarette. Il fratello prima di andare le dice “non dimenticarti le sigarette”. Invece nel libro è chiaro che chi avrà la meglio, sulla vita, sarà Lorenzo; è un racconto di formazione, con tutti i topos dell’hippy ending – per uno dei due. Ma la promessa fatta è un’altra: lei gli chiede di rivedersi, lui di non drogarsi. E di fatto, loro si rivedono quando lei è cadavere, morta per overdose.
Il film è pieno di piccole differenze, e di parole rese con immagini o con sequenze o con trame diverse. Motivo per cui io li considero insieme una sola opera. Mi piacerebbe descriverle tutte, ma mi sembra più una cosa da critico compulsivo che blogger simpatica.
Vi dico solo che una cosa che mi piace molto è questa. Nel libro Lorenzo dice di non amare la fine delle storie, ché non hanno poi così tanta importanza. E il film si conclude proprio così, senza una vera fine. Specularmente, Olivia nel libro se ne va senza salutarlo, perché a lei non piacciono gli addii, ma lasciando a Lorenzo un biglietto.
Montale diceva che nella sua poesia (pre Occasioni) non si trattava di ermetismo, ma di chiavi nascoste, di occasioni non svelate. Il libro svela una serie di chiavi di lettura, è un po’ più esegetico, rispetto al libro. Non azzerdei a parlare di simboli. Ma magari di metafore multimediali. Qualcosa del genere.
L’attrice, e Olivia
Di tutte le attrici di Bertolucci, e delle sue personagge, è Olivia quella che mi piace di più: sia esteticamente, sia proprio come donna. Da un punto di vista narrativo è il contrario di Lorenzo, una parabola negativa della formazione. Un’antiformazione che finisce nella morte. Ma se consideriamo che tutti moriremo, non si tratta proprio di un’antiformazione, quanto piuttosto di quelle morti precoci con qualcosa di intangibile e superiore. Lei è esistenzialista(nel film), parla di muro. E fotografa.
E’ bella, e forte e debole. Mi piace la resa cinematografica. Una grande simbiosi tra Ammaniti e Bertolucci. O di un’interpretazione ben riuscita (come nella musica, sì).
Le parti più belle
Dunque, senza troppo starne qui a discutere e a spiegare perché, ecco la parte più bella del libro:
“Poi, un giorno, mentre stavo in camera con gli scarponi nuovi ai piedi, lo sguardo mi è finito sullo specchio attaccato all’anta dell’ armadio e ho visto riflesso un ragazzino in mutande, bianchiccio come un verme, con le gambe che sembravano ramoscelli, con quattro peli addosso, con un toracetto e quei ridicoli così rossi ai piedi, e dopo mezzo minuto in cui lo osservavo con la bocca semiaperta gli ho detto: – Ma dove vai?
E il ragazzino nello specchio mi ha risposto con una voce stranamente adulta: – Da nessuna parte.”
E la scena del film, questa, e comunque si vede male: http://www.youtube.com/watch?v=UB-OW6uVZWY&feature=related.