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Io preferivo il Terzani prima maniera

Creato il 05 aprile 2011 da Pulfabio
Io preferivo il Terzani prima manieraSempre più spesso appaiono nei giornali e in TV servizi su Tiziano Terzani, il famoso giornalista, esperto d'oriente, scomparso alcuni anni orsono. Un regista di recente ha pure girato un film sulla sua vita. Un personaggio famoso dunque, celebrato, strumentalizzato anche, ma da quando in realtà?Quasi dieci anni fa - nel settembre 2001, quando arrivai in Asia - Terzani era pressoché sconosciuto al grande pubblico italiano. Certo, c'era chi aveva letto qualche suo contributo sul Corriere della Sera o la Repubblica, ma a causa forse del fatto che aveva quasi sempre lavorato come inviato di un giornale straniero (Der Spiegel) non figurava tra le firme più famose in patria. Persino il bestseller che lo avrebbe reso finalmente e definitivamente celebre (Un indovino mi disse), pur essendo in circolazione già dalla metà degli anni novanta, non era ancora tra i titoli più venduti nelle librerie italiane al principio del nuovo millennio. Nella sezione "viaggi in oriente" di solito i volumi che andavano per la maggiore erano quelli di Bettinelli e Ruggeri, reportage tutto sommato di livello inferiore.Io Terzani lo scoprii nel sud est asiatico, dove godeva di una piccola fama tra gli italiani che bazzicavano da quelle parti, fama che crebbe anche grazie allo storico scambio di articoli con la Fallaci sugli attentati dell'11 settembre. Questi italiani in Asia, tra l'altro, erano davvero pochi a quei tempi, in confronto al gran numero di turisti che volano oggigiorno da Milano o Roma verso Bangkok, Kuala Lumpur, Hong Kong o Singapore: la maggior parte degli stranieri che battevano la zona proveniva infatti dai paesi anglofoni, dal nord Europa o dal Giappone.All'inizio, colpito dalla sua originalità e da quel suo modo accattivante di raccontare gli aspetti più curiosi delle società orientali, avevo pensato di essere rimasto uno degli ultimi sprovveduti a non averlo ancora sentito nominare. Poi, via via che proponevo i suoi titoli a chi mi chiedeva un consiglio su qualche libro sull'Asia, mi rendevo conto che questo autore era rimasto misteriosamente sconosciuto ai più. Non sono stato di certo né il primo né l'unico, ma credo che Terzani debba anche all'opera di "propaganda" portata avanti da gente come me se il suo indice di popolarità è andato crescendo in maniera esponenziale durante gli anni '00.Da allora ho fatto in tempo a scoprirlo, incuriosirmene, infatuarmene, distaccarmene e infine a disinnamorarmene. Leggevo nel 2001 e 2002 quel che aveva scritto negli anni '70, '80 e '90, e nutrivo una naturale quanto ingenua convinzione che il pensiero di quel Terzani fosse quello del periodo in cui sfogliavo i suoi libri. Quando cominciai a confrontarmi con ciò che stava effettivamente scrivendo a quel tempo lo trovai invece eccessivamente moralista, un po' pedante e anche piuttosto scontato. Una versione raffinata di un frequentatore medio di certi circoli radical chic, o centri sociali un po' troppo alla moda, per intendersi. Per carità, posizioni rispettabilissime, ma certo non arricchite da quella capacità di ficcare il naso negli angoli in cui la maggioranza non osa e di osservare le scene che vi trovava da un'angolazione speciale, originale, condita di umorismo, propria di chi si imbatte in un mondo diverso dal suo, lo rispetta, cerca di capirlo ma al contempo sa anche criticarlo e riderci su, quando serve; capacità che lo aveva invece caratterizzato anni prima. Mi sembrava quasi che volesse far prevalere la conclusione soggettiva sull'osservazione oggettiva, cercando a volte di astrarre un po' forzatamente. Che mirasse spesso a indottrinare il lettore, a combattere crociate piuttosto che informare e raccontare. Ma soprattutto che si fosse in un certo modo schierato - proprio lui - dando l'impressione di essere stato investito da quella ventata di sensi di colpa che aveva già soffiato sulle coscienze di molti altri, di voler a tutti costi presentare ciò che era estraneo al mondo occidentale come qualcosa di sempre e comunque eticamente superiore, anche quei particolari che anni prima lo avrebbero insospettito o magari fatto sorridere. In poche parole non mi stuzzicava più.
Ma forse, pensandoci bene, considerando a posteriori la sua opera integrale, risulta che lo spartiacque tra il Terzani che mi piace e quello che mi piace meno non è tanto temporale quanto di argomenti. Resto convinto del fatto che si sapesse esprimere al meglio quando affrontava temi di costume e società, mentre diventava più ordinario, se non addirittura banale, quando si occupava di politica e morale.Oltre che per le numerose ore di piacevole lettura e i notevoli spunti di viaggio sono grato a Terzani per una risposta che diede a una mia lettera con cui gli chiedevo consigli di vario genere, in cui mi incoraggiava così:"Non bussi timidamente alle porte. Ci metta un piede per tenerle aperte...e scriva, fotografi, CAPISCA. La prova del dolce è nel mangiarlo." (Novembre 2002)Lo ringrazierò sempre anche solo per avermi risposto - a differenza della maggior parte dei suoi colleghi a cui mi sono rivolto. Pur non essendo riuscito a seguire appieno i suoi consigli rimango dell'opinione che il miglior Terzani si ispirasse proprio a quei principi, anche se forse in età avanzata se ne era un po' allontanato.
E poi bisogna ammetterlo: "La prova del dolce è nel mangiarlo" è un aforisma letteralmente de-li-zio-so.

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