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Circola infatti sul web la notiziola secondo la quale il celeberrimo Istituto per le Opere di Religione, ossia il braccio secolare economico del Vaticano, sarebbe uno dei maggiori azionisti della storica fabbrica di armi Beretta, secondo solo ai membri della stessa famiglia Beretta che ne detengono la quota maggiore.
I cardinali con la pistola in mano, in realtà, ormai non scandalizzano più nessuno. Dopo l’affare Enimont e i vari spostamenti di denaro, che non è lecito immaginare molto pulito, da banche italiane a istituti di credito in Svizzera e in Germania, dove evidentemente l’igiene monetaria viene curata con più affidabilità, dopo il fallimento del Banco Ambrosiano con il suo seguito di strane dipartite come il misterioso suicidio di Calvi, dopo le connivenze tra Marcinkus, il simpatico arcivescovo autore della lapidaria sentenza secondo la quale «non si può governare la Chiesa con le Ave Marie» e quelle amabili dinastie, altrove dette clan, che nel film 9 settimane e mezzo frequentano i cosiddetti «ristoranti per famiglie», dopo tutto ciò lo IOR che investe in pistole, quantunque non giocattolo, è una notizia che strappa un sorriso.
D’altra parte cosa ci si può aspettare dal presidente dello IOR, quell’Ettore Gotti Tedeschi fautore della «superiorità di un capitalismo» che manco a dirlo dev’essere «ispirato alla morale cristiana», personaggio che arriva ad affermare che il capitalismo sia nato «ad esaltazione della dignità dell’uomo» e che la crisi economica che sta fiaccando mezza Europa origini «dal non aver seguito le indicazioni della Humanae Vitae, cioè dalla negazione della vita e dal blocco delle nascite»?
Un revolver non è dunque che la ciliegina sulla torta: d’altra parte un moderno braccio secolare non può affidarsi, come direbbe Marcinkus, alle Ave Marie.
Lo sapeva bene il belligerante papa Pacelli quando decise, in un sospettissimo anno ventunesimo dell’era fascista o, per chi preferisce il più consono calendario gregoriano nel lontano 1942, di istituire proprio lo IOR. Cosa fatta capo ha, purtroppo, ma per il futuro suggeriamo altri passatempi. Ad esempio gli immortali Monòpoli o Risiko: quei divertimenti seri, innocui e conviviali che a ragion veduta possono essere reputati assolutamente consoni ai piccoli e grandi capitalisti del ventunesimo anno. Pardon, secolo.
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COMMENTI (1)
Inviato il 20 febbraio a 13:21
Mettiamo un po’ di ordine. Beretta holding SPA è controllata al 97,11% dalla UPIFRA SA, holding lussemburghese il cui acronimo sta per Ugo-Piero-Franco, i nomi cioè di Gussalli Beretta e dei figli. Lo IOR non figura tra gli azionisti. Il cardinale nella foto è Jozef Glemp, Polonia. L'arma che impugna non è una Beretta, bensì è il nuovo fucile Dragunov SVD, chiamato negli ambienti militari russi "balalaika", che si ispira all’americano ESR XM2010 (Enhanced Sniper Rifle), conosciuto prima come M24. I volti nella foto, non sembrano quelli dei tipici italiani, ma piuttosto polacchi/russi. La presenza dell’ex Primate di Polonia, e di un’arma russa, farebbe presupporre che la foto non sia stata scattata in Italia. Si ignora cosa ci facesse il cardinale con un’arma in mano (una foto fuori dal suo contesto è di difficile interpretazione). Non risulta che, prima di essere messo a riposo, il card. Glemp abbia mai fatto parte della commissione cardinalizia di vigilanza dello IOR. In conclusione, ho motivo di ritenere che la notizia sia un fake!
Ps: Già che ci sono, preciso che tutti noi italiani (evidentemente) siamo grati alla Beretta di esistere, dal momento che il nostro Presidente della Repubblica ha ritenuto pure di premiare l’azienda: http://www.beretta.it/A-BERETTA-IL-PREMIO-LEONARDO-QUALITA-2011/index.aspx?m=219&f=1&idn=170