Iper-inferno [12]: “Gomory”

Da Ludovicopolidattilo

La sedia, menzionata nel testo, della quale lui non poteva fare a meno. Oggi è conservata presso la Biblioteca Nazionale canadese.

Nelle legioni di Kroghios Asthart venni inizialmente inquadrato come primo capofante al comando di una settina veloce equipaggiata con armi leggere: maglio, sagitta e lamastorta. Nell’attaccare un’esercito nemico schierato in campo aperto la mia unità veniva impiegata per chiudere lateralmente le vie di fuga in caso di vantaggio o per difendere il quadrato di comando con arretramento perimetrale in caso di predominanza delle forze avversarie. Quando invece si assalivano bastioni e fortificazioni, i nostri compiti ricorrenti consistevano nell’interrompere i corridoi di approvvigionamento dei nemici e nello scovare accessi segreti o camuffati nei pressi della loro cittadella.

Avendo dimostrato notevole attitudine ad agire rapidamente, senza dare nell’occhio e massimizzando il risultato ottimizzando le risorse, venni incaricato di coordinare un drappello di esperti e capaci demoni in grado di cavare le castagne dal fuoco nel più breve tempo possibile in codizioni difficili e delicate. In una parola: commando.

Delle undici campagne alle quali partecipai ben nove furono vittoriose senza che se ne possa questionare. Una venne chiusa dal trattato di Rennotitr con relativo armistizio e matrimonio combinato tra i figli degli Arconti Schodror e Juggenatr che diede origine alla seconda dinastia dei Tullissatitr Averni destinata ad assicurare la pace agli Inferi per sei stagioni acherontiche complete. Diciamo che finì pari. Di una sola campagna, l’undicesima, non posso andare fiero se guardiamo al suo esito in ottica strettamente numerica, poiché terminò con il massacro di Jond Sobrandr. A questo sopravvissero, oltre a me, undici alfieri, quattro sagittiferi e un lamastortiere. Rimasero invece sul campo, del nostro schieramento, ottantamila fanti, quattromila tra arcieri, artiglieri e alabardieri e ottocento sarpedontieri con relative cavalcature rettilee. Escludiamo dal computo moribondi e mutilati. Definire l’evento conclusivo della campagna menzionata “massacro”, come la storia è determinata a fare, non appare evidentemente esagerato.

Sebbene delle legioni di Kroghios Asthart non oltrepassarono la gola di Jond Sobrandr che i trascurabili e malconci residui menzionati, il mio nome fu da allora pronunciato con la deferenza e l’ammirazione che si tributano solo ai fondatori del sesto regno di Dite e a pochi eroi leggendari, poiché riportai al mio Signore, Satan Itteromantis VII, l’oggetto che gli fu sottratto, al quale teneva più di ogni altra cosa e il cui furto, in definitiva, diede origine alla guerra stessa.

Paradossalmente il massacro di Jond Sobrandr fu l’atto conclusivo di una campagna che, per l’esercitò che il massacro stesso subì, non può non essere definita “vittoriosa”. Sempre che il conseguire nei fatti un obiettivo si giustifichi a qualsiasi prezzo.

Quale oggetto può essere così prezioso da indurre due regni infernali a scatenare una cruenta guerra per il suo possesso? Quale oggetto può essere così ambito da imporre un tributo di molte migliaia di guerrieri a chi intenda disputarlo? Quale oggetto riportai al nostro signore Satan Itteromantis VII  ricompensato dal governatorato di una provincia, da un vitalizio in uova piriche di Aracnomantide e da quaranta concubine scelte tra le più avvenenti della sua corte?

Per comprendere origine, sviluppi ed esito della vicenda, occorre si menzioni la passione del mio sovrano per la musica.

Satan Itteromantis VII ascoltava senza soluzione di continuità, nello stato di veglia, le composizioni per clavicembalo di un umano morto di nome Bach. Lo stato di veglia di Satan Itteromantis VII, inoltre, perdurava incessantemente non soggiacendo questi all’esigenza di dormire. Mai. La faccenda assume connotati grotteschi e smisurati se consideriamo che, dopo una selezione delle opere di Bach scrupolosa e capillare, egli giunse a individuare le tre sonate per clavicembalo che più di ogni altra opera del dannato (sia in senso letterale che figurato) musicista tedesco rappresentavano l’espressione più pura della ferocia ancestrale che al nostro sovrano importava fosse espressa dal suono: Arte della fuga 9, 16 e 18. Di musica non posso dire di capirne in quanto, piuttosto che note, scale, accordi, preludi e fughe sono avvezzo produrre schianti, fratture, gridi, gemiti e rantoli cogli strumenti miei affilati e puntuti, e alle sale da concerto e agli auditori prediligo la terra battuta dei campi di battaglia o l’oscurità di una segreta quando richiesto.

Sia come sia arrivò un dannato (nelle medesima duplice accezione del caso precedente) canadese in grado di suonare come si deve Bach stesso al punto che nessuno pareva tenergli testa (curiosamente neppure l’autore medesimo, che a causa di un glaucoma vedeva poco e male i tasti del clavicembalo, per tacere dello spartito). Allora Satan se lo mise accanto con la consegna di ripetere Contrapunctus IX, XVI e XVIII della BWV 1080 a ciclo continuo. Dovette rinunciare al clavicembalo poiché il canadese preferiva il pianoforte ma vi rinunciò. Gli fornì pure uno Steinway CD 318 e il suo accordatore preferito, un altro canadese, cieco ma dall’udito eccezionalmente sensibile, di nome Edquist (purtroppo ai tempi ancora in vita ma appositamente “coinvolto” nell’operazione ponendo fine ai suoi giorni senza perdersi in dettagli). Il sovrano del nostro Regno provvedette a procurare quanto richiesto. Il virtuoso pianista non doveva essere particolarmente equilibrato da un punto di vista psicologico in quanto fece esattamente quello che gli si chiedeva come si trattasse del più favoloso dono che la vita ultraterrena potesse riservare. Non solo. Ci prese talmente gusto che a ogni nuova esecuzione sembrava divertirsi di più e darci dentro come si trattasse della prima volta. Come fosse, in definitiva, alla ricerca di una perfezione cui approssimarsi di un’inezia a ogni nuova esecuzione senza mai raggiungere definitivamente la meta. La circostanza rese pertanto lieti sovrano e pianista canadese ma fece saltare i nervi a tutti gli altri: mogli, concubine, generali, scribi, sacerdoti, cancellieri, nobili, cortigiani, vassalli. Persino servi. Tutti.

In cielo, sulla terra o agli Inferi, le cose vanno così. I re possono permettersi qualunque bizzarria. Tutti gli altri possono permettersi di definire un atto del re “bizzarria” solo nell’ombra e sottovoce.

Tutto bene sin qui. Poi, improvvisamente, il silenzio. La prima reazione fu di perplessità, poi di sollievo, quindi di gioia. Ma il SUO urlo, appena udito il silenzio, comportò l’istantaneo mutamento del nostro sentimento di gioia in terrore solido e compatto. Il canadese aveva smesso di suonare e stava immobile, in piedi, davanti allo Steinway, guardando la porzione di aria e suolo collocata immediatamente innanzi le sette ottave intoccate. Sembrava catatonico. Era tale. Inamovibile senza eccezioni. Mentalmente e fisicamente ligneo. Fu l’indagine condotta simultaneamente dal nostro sovrano (urlante) e dall’accordatore (impegnato a tradurre le urla del primo in sussurri da porgere con cautela all’udito del pianista catatonico) a venire a capo dell’impasse. La sedia non c’era più. Sembrò ai più questione marginale ma tale non era affatto. Senza quel pianoforte, quell’accordatore e in ultimo senza quella erroneamente sottovalutata sedia, egli non poteva suonare. Non ci riusciva proprio. Doveva per forza sedersi sulla sedia che suo padre aveva costruito appositamente, rendendo regolabile, indipendentemente dalle altre, ciascuna delle quattro gambe. Sorvolando sulle implicazioni psicoanalitiche della faccenda limitiamoci a dire che la sedia costituiva il terzo indispensabile elemento del matrimonio alchemico che sino ad allora aveva permesso di mutare l’atmosfera statica del salone imperiale in vibrazione sublime, in musica. Ora essa, tuttavia, si negava. Evidentemente trafugata da mani abili, silenziose e mosse da audacia di cui solo un altro sovrano ctonio avrebbe potuto disporre. E solo Re Mrtradatr Chorod II aveva l’audacia e la determinazione richieste dall’impresa.

Occorreva riunire il Gabinetto di Crisi nell’ambito del quale il Collegio dei Giureconsulti avrebbe chiarito come occorreva procedere in base ai criteri di legittimità che la Legge sancisce. I suoi membri, unici deputati a farlo, avrebbero aperto, sfogliato, letto e interpretato l’Hypertartaros, ove la legge stessa era stata scritta all’origine del tempo senza limite.

Si procedette come illustrato. Il giureconsulto incaricato concretamente dell’operazione si rivolse al capitolo intitolato “Furto di arredi”. Fu subito chiaro che tale crimine, pur giudicato riprovevole e suscettibile di biasimo incondizionato dal testo di riferimento, non avrebbe giustificato una guerra totale tra regni infernali. Occorreva agire in modo subdolo e indiretto per aggirare la Legge. Occorreva soprattutto agire velocemente e senza dare nell’occhio. A questo punto chiamarono me. Il mio compito fu descritto in modo inequivocabile: fornire un pretesto.

Iniziai a uccidere capi di stato maggiore e ufficiali di rango superiore del nostro esercito, lasciando ogni volta tracce che lasciassero pensare a un agguato di sicari inviati da Mrtradatr. Feci un buon lavoro e non posso dire di non essermi divertito a farlo.

Venne di conseguenza approntato un esercito destinato ad assediare il regno di re Mrtradatr per il tempo necessario alla restituzione del manufatto. I giureconsulti non poterono negare il sussistere delle condizioni necessarie e sufficienti. Appena pronto esso partì verso i confini del regno nemico. Ma l’assedio si protrasse oltre il tempo tollerabile dalla sensibilità musicofila del nostro sovrano. Mi infiltrai allora oltre i bastioni del nemico e approfttando della situazione precaria degli assediati, nonché impiegando diffusamente tecniche di tortura innovative e fantasiose, mi impadronii della sedia agognata.

Riportandola al mio re fui naturalmente inseguito dall’intero esercito nemico. Una volta giunto presso la gola di Jond Sobrandr fu chiara la necessità di tutelare la sedia a discapito dell’integrità e della sopravvivenza della nostra compagine. Mentre riportavo il prezioso oggetto entro le nostre mura, i valorosi soldati di Kroghios Asthatr si sacrificavano più o meno consapevolmente per garantire al proprio re la possibilità di un intrattenimento musicale all’altezza del suo rango.

Continua…



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