S’io lascio indietreggiare la memoria
rammento i giorni lieti dell’Averno
e caro m’è narrare quella storia.
Rimpianti e nostalgia del fuoco eterno
non fanno la sostanza del patire
piuttosto quei discorsi che discerno
tra l’ospiti dell’Ade a non finire.
Cessarono una volta che evocato
fui da stregone ch’è meglio non dire
nel mondo degli umani imprigionato
vagare rimpiangendo fu il destino
quel dissertare a lungo praticato.
Divenni quindi demon peregrino
ma nel ricordo trovo quei dannati
cui condivisi dì, notte e mattino.
Rammento loro volti illuminati
d’estro, saggezza e genio senza pari.
Morti cotali foste incatenati
un dì all’Averno presso i vostri Lari
con essi aveste a erigere convitto
d’artisti eccelsi, vati e luminari.
Nullo ch’avesse uguale nel tragitto
ch’al Paradiso l’anime conduce,
nullo che per decreto o per editto
il nume abbia sottratto all’empia luce.
Dal negromante mio poi richiamato
con un rituale a dire poco truce
trovammi tosto e bene vincolato
a maglie di catena rugginenti.
Con scrupolosa lena torturato
strappommi uno ad uno l’unghie e i denti
per farmi rivelar ove si celi
il plesso dei più vili aborrimenti
quel libro ch’a nomarlo s’ergon peli
su braccia, gambe e ovunque siamo irsuti.
Dell’Hypertartaròs non sanno i cieli
ma lor che stanno in basso e son cornuti
e aspettano che ‘l rito in esso ascoso
li faccia emancipar da decaduti
destituendo l’essere borioso
che suol pisciar e defecar nel mondo
gridando sono l’uomo e tutto oso.
A torturarmi mi fe’ iracondo
così divelsi lesto la catena
dicendo vieni qui che or ti sondo
al negromante imposi una gran pena
non camminò per tanto tempo dritto
dopo ‘l mio trattamento al fondoschiena.
Per indole tenace e mai sconfitto
vagai per lande e terre desolate
fottendo a destra e manca a buon diritto
compenso alle tenaglie arroventate
cui sottoposto fui dal buontempone
che per desìo del regno già d’Ecate
mi vincolò al suo termosifone
e a ricompensa ebbe quanto spetta
appena ch’io ne ebbi l’occasione.
Poi di vagare mi risolsi in fretta
che ignavia m’arrivò come siluro
percorse lesta traiettoria retta
nel petto si arrestò trovando duro
così dello svagato mio vagare
sancì lo compimento vi assicuro.
Fu galeotto dunque l’incontrare
sulla mia strada un vate fiorentino
desioso colla sbarba copulare
trovandola di bel personalino
ma mortalmente stufa dei sonetti
dal vate recitati da vicino
cingendo la fanciulla stretti stretti
sfornati giornalmente assai copiosi
presso divani ed accoglienti letti
ma giunti ormai a risultar noiosi.
Rammento come s’appellasse Dante
in testa copricapi assai curiosi
non emulò di certo Sacripante
fuggendo innanzi a me come levriere
ma quando egli s’arrestò ansimante
la forza ritrovò per non cadere
e prima di soccombere del tutto
propose con successo andiamo a bere.
Espose anche dettagli del suo lutto
innanzi ad un bicchiere di buon Chianti
mi disse di passare tempo brutto
gli dissi versa ancora e vai avanti.
La sua Beatrice cara s’era rotta
di stilnovisti eterei e cuori infranti
prima un sonetto e poi mi dai ‘na botta
voleva qualche testo dirompente
col Cielo e l’Ade in perenne lotta
ove per l’alma l’uomo immantinente
sarebbe disputato dalle schiere
che scinde dello Stige la corrente
e ‘l mondo visto dalle sue frontiere
sarebbe parso quasi grande imbuto.
Ste fanciullette colte ed anco fiere
ci menano e ci fanno stare muto
ma posso sistemare la questione
poiche sono dimonio assai arguto
dissi allo vate vinto d’afflizione.
Ti detterò commedia molto strana
piena di santi, demoni e persone
esplorerà la tua natura umana
saran distinti dalle genti buone
lor che peccaron ed ebber dubbia fama.
Sarai l’eroe nel mezzo dell’agone
con un compagno parimenti figo
v’aggirerete estranei alla passione
che subiranno i rei nel lor castigo.
Per il compenso mio comincia ora
a rabboccare il gotto che dirigo
verso la bocca mia che l’assapora.
Pure le amiche della tua fanciulla
dovranno esser prodighe a ogni ora
che siano bionde o brune non fa nulla
covo un ardore infero e immorale
contengo nelle brache una betulla
il patto nostro appare assai leale.
Magazine Talenti
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