Oggi esce il nuovo iPhone 5S, ma io ho già il 100S, modello del 2020. Ha funzioni che voi umani non potete immaginare: ha la chiamata mentale (appena penso a qualcuno lui, nel dubbio, compone il numero), la batteria manuale (nel senso che più lo tengo in mano, più lui si ricarica), la condivisione olfattiva (si possono trasmettere o infliggere via messaggio gli odori e profumi respirati) e il radar per i rompiscatole (mi tiene alla larga da conoscenti indesiderati). In pratica non siamo più proprietario e strumento, nossignori: ormai siamo amici. Anzi, il più delle volte comanda lui. Non l’ho comprato: è lui che mi possiede.
Battute a parte, c’è da chiedersi se davvero alla crescita delle funzioni dei telefonini non coincida la decrescita della libertà degli utenti: più applicazioni sulla tastiera digitale, meno attenzioni alla vita reale. Un tempo c’era la possibilità della distrazione, oggi siamo sempre connessi: dal diritto di farsi gli affari propri al dovere di conoscere quelli altrui, dal non sapere programmare le vacanze alla certezza di conoscere quelle di tutti. E poi c’è l’amore on line: coppie che nascono su Twitter, condividono le foto su WhatsApp, ufficializzano la loro unione su Facebook ma poi, purtroppo, si lasciano per davvero. Perché pure il virtuale, prima o poi, deve fare i conti col reale.
A meno che non si scelga l’isolamento perenne. Della serie: da oggi scrivetemi sempre, non voglio più incontrare nessuno. Voi siete nei miei pensieri ed io nelle vostre mani, nel senso che potete contattarmi in quasiasi momento. Esisto nella misura in cui sono contattato e contatto: Digito ergo sum. Sono sempre in attesa del modello nuovo con cui chiamare, non sapendo più il modo giusto in cui vivere. Invio e ricevo tutto il possibile, anche se poi – alla fine – mi rimane poco. Non ho un progetto di vita, ma un eccellente piano telefonico. Tempo fa mi regalarono un telefono, oggi sono io a regalarmi a lui. Gli concedo minuti illimitati, ventiquattro ore su ventiquattro. Gratis, ovviamente.