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Ipotesi di trattativa Stato-mafia in due lettere scomode. L’ex Guardasigilli Conso sapeva ?

Creato il 18 novembre 2011 da Yourpluscommunication

di Alessandro Ambrosini

Ipotesi di trattativa Stato-mafia in due lettere scomode. L’ex Guardasigilli Conso sapeva ?
Due lettere caratterizzano l’udienza di ieri per il processo al generale Mori e al colonnello Obinu, che gira intorno al mancato arresto di Bernardo Provenzano.

I Pm della Dda di Palermo Antonio di Matteo e Antonio Ingroia hanno presentato due interessanti scritti che certificano, una volta di più, la trattativa Stato-mafia che si è aperta, nei primi anni ’90, per evitare atti terroristici nella penisola.

Nel Giugno 1993 il direttore del Dap, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria , Adalberto Capriotti mandò una lettera all’allora Ministro della Giustizia Giovanni Conso per informarlo che da Novembre di quell’anno per oltre 300 mafiosi sarebbe finito il periodo di “carcere duro”.

Fece notare, che questa situazione poteva rappresentare un segnale di distensione con la mafia stessa , che si potevano ridurre i periodi di proroga del 41 bis e che si potevano ridurre del 10% i detenuti a questo regime carcerario.

Verità che stridono fortemente con le dichiarazioni dell’ex Guardasigilli Giovanni Conso che ha sempre affermato di non essere a conoscenza di alcuna trattativa sul 41 bis.

La seconda lettera, presentata ieri dai Pubblici Ministeri, è una forma di pressione nei confronti dell’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.

Ipotesi di trattativa Stato-mafia in due lettere scomode. L’ex Guardasigilli Conso sapeva ?
Marzo 1993. I parenti dei mafiosi in galera, fanno pervenire una sollecitazione scritta per sottolineare le “angherie” a cui sono sottoposti i detenuti in regime di carcere duro.

La lettera, non era firmata nello specifico, elencava soprusi e disagi e indicava nel Presidente stesso “il più alto responsabile dell’Italia civile” che , scrivevano “ ha a cuore i problemi degli animali, i problemi del terzo mondo, del razzismo e dimentica questi problemi insignificanti, perché si tratta di detenuti, ovvero carne da macello “.

Continuava :” Noi ci permettiamo di farle notare che, continuando di questo passo, di detenuti ne moriranno, ma lei non si curi di loro, tanto si tratta di carne da macello. Per noi e per loro resta solo la consolazione che un giorno Dio, che ha più potere di lei, sarà giusto nel suo giudizi”.

Tutto il contenuto della missiva è stato messo in relazione con la trattativa Stato-mafia nel periodo successivo al 23 maggio 1992 (in cui vennero uccisi Falcone, la moglie, gli agenti di scorta), e quella di via D’Amelio (in cui vennero trucidati Borsellino e gli agenti della sua scorta), del 19 luglio 1992.

Questo papello arrivò non solo all’ex Presidente Scalfari ma anche all’allora Presidente del Consiglio, Sgarbi, Maurizio Costanzo (sfuggito a un attentato a Roma) e anche al Papa.

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